lunedì 27 gennaio 2025
Il vice-direttore del Dipartimento della comunicazione della Chiesa greco-cattolica: preti nelle zone più rischiose, così la gente sente la presenza di Dio
Don Zheplinskyi: da comunicatori diamo voce all'Ucraina anche sotto le bombe
COMMENTA E CONDIVIDI

Tra le 138 nazioni che hanno aderito alle celebrazioni del Giubileo della comunicazione c’è anche «la martoriata Ucraina», rappresentata dal vice-direttore del Dipartimento della comunicazione della Chiesa greco-cattolica, don Taras Zheplinskyi. Il sacerdote di Kiev, dopo aver preso parte al seminario professionale sugli Uffici di Comunicazione della Chiesa organizzato dalla Pontificia Università della Santa Croce, sabato scorso si è recato in Aula Paolo VI per ascoltare le parole di papa Francesco. «Passando attraverso la Porta Santa, ho pregato per i giornalisti ucraini – racconta don Taras ad Avvenire –. Ho pregato per i colleghi che non solo portano la speranza, ma cercano di raccontarla per tutto il mondo. Loro vanno lì dove l’aggressore cerca di distruggere tutto, poi fanno le riprese, le fotografie e raccontano le storie della speranza che in Ucraina ha un volto concreto. Quando vediamo la distruzione, per esempio, le ferite della gente dopo gli attacchi e un medico cerca di curare le ferite, proprio nel medico noi vediamo il volto concreto della speranza».

Come comunicate in questo tempo e che importanza ha la comunicazione delle vostre diocesi durante questo conflitto?

Per poter comunicare la speranza devi essere un testimone di speranza. Per poter comunicare la verità devi essere un testimone della verità, devi vedere la verità con i tuoi occhi, con la tua stessa presenza. La prima cosa che fa la Chiesa ucraina in questo periodo di guerra è stare accanto al popolo. Poi cerca di essere la voce di questo popolo, poiché l’aggressore ha tentato di togliere la voce agli ucraini. Cerchiamo di portare la voce del popolo sofferente dell’Ucraina in tutto il mondo: abbiamo diversi mezzi di comunicazione digitali come il sito web, le reti sociali, ma promuoviamo anche incontri.

Anche la vostra pastorale è cambiata a causa del conflitto…

Si, adesso è prioritario stare accanto alle persone nelle zone più rischiose. Ci sono zone molto pericolose, ma anche lì ci sono dei sacerdoti. Proprio al fronte, e non lontano dal fronte, ci sono parrocchie col parroco ancora presente. Quando ci chiedono dove sta Dio in tutto questo contesto, la gente risponde che, quando vedono un sacerdote, vedono Dio che sta con loro. Quando un sacerdote celebra una Messa non lontano dal fronte, allora la gente percepisce la presenza del Signore.

Poi diamo tutto l’aiuto umanitario possibile, anche questo è un segno della vicinanza di Dio...

Inoltre, le parrocchie diventano uno spazio di resistenza per la gente; dunque, anche la preghiera organizzata dalla Chiesa è uno spazio dove possiamo curare le ferite della guerra.

In questo Anno Giubilare 2025, quale speranza lei porta nel cuore per la tua terra?

Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la Comunicazione, ha detto che la speranza è collegata alla comunicazione, alla relazione. Io sono venuto qui per rappresentare il popolo martoriato dell’Ucraina, così voi potete vedermi presente qui, venuto dall’Ucraina. Ma anche io voglio portare in Ucraina le relazioni che ho vissuto qui. Poi, in questo anno giubilare della speranza, voglio invitare i giornalisti a raccontare almeno una storia dell’Ucraina, una storia concreta di un ucraino o di una ucraina. Invito i giornalisti a venire nel mio Paese per poter raccontare la storia dall’Ucraina al mondo: solo così potremo creare relazioni concrete e scrivere pagine di speranza.


© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: