mercoledì 16 giugno 2021
L'arcivescovo di Lucca, Paolo Giulietti: dopo un anno difficile, i pellegrinaggi questa estate aiuteranno i nostri ragazzi a ritrovare il senso. I cammini, patrimonio ancora poco valorizzato
Giovani, camminando si ritrova la meta
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Mettersi fisicamente in cammino lungo i percorsi tracciati sul territorio nel segno della fede per ritrovare il senso del proprio «andare», ripensare la propria vita e ri-orientare la propria esistenza dopo l’ardua prova della pandemia. Per l’arcivescovo di Lucca, Paolo Giulietti (autore per l’editore Terre di Mezzo di alcune guide sul Cammino di San Francesco, sulla Via Lauretana e sui cammini in Terra Santa), proprio quella dei cammini quest’estate sarà una delle occasioni più preziose tra quelle che verranno offerte ai giovani da diocesi, parrocchie e associazioni.

Si va quindi verso una ripresa dei cammini?

Sì, anche se va detto che l’anno scorso questo tipo di esperienza in Italia ha sentito meno di altri la crisi, perché, nonostante le regole più stringenti e le complicazioni, è un tipo di attività che si è potuto fare in estate (ad esempio il Cammino di San Francesco non ha mai chiuso). Quest’anno, però, con regole un po’ meno rigide, si prevede una ripresa decisa. Anche perché ci sono alcuni giubilei in corso, come quelli legati a san Giacomo, in particolare a Santiago de Compostela e a Pistoia, o quello lauretano, che è stato prorogato per un anno. Insomma, ci sono alcune mete giubilari italiane lungo i cammini che sicuramente avranno un’aumento delle presenze. Ad esempio noi con i giovani faremo la Via Lauretana e so che anche l’arcidiocesi di Perugia la farà.

A Santiago, però, si è deciso di rinviare il Pellegrinaggio europeo dei giovani. Perché?

Si è scelto di rinviarlo al prossimo anno per prudenza, anche perché a livello continentale l’orizzonte è ancora incerto. Di sicuro però la voglia di vivere quell’esperienza è e rimarrà forte.

Ma per i ragazzi e i giovani che valore può avere partecipare a un cammino?

Intanto è un modo per vivere un’esperienza intensa di contatto e socializzazione con gli altri (non dimentichiamo che ci lasciamo alle spalle un anno durante il quale i ragazzi si sono trovati spesso chiusi in casa isolati). E poi è un’occasione per vivere nella natura, superando le chiacchiere sull’ambientalismo e imparando concretamente a prendersi cura dell’ambiente durante il cammino. E poi ovviamente è molto importante l’aspetto interiore: il pellegrinaggio è una grande esperienza spirituale che offre l’occasione di ritrovare il rapporto, che spesso nella vita quotidiana si perde, tra senso dell’andare e mistero. Si vive per una settimana andando verso una meta religiosa e questo mette in condizione di riorientare in qualche maniera la giornata, la vita, verso questa meta. La preghiera accompagna il cammino in maniera più "organica", aiutado con naturalezza ad andare oltre la superficialità delle cose. Di certo, poi, la fatica aiuta ad abbattere le resistenze e permette di andare più a fondo nella vita interiore e di vivere più intensamente i diversi momenti del pellegrinaggio: le relazioni, la stessa preghiera, la Messa ma anche, ad esempio, la visita ai luoghi d’arte. Ecco perché durante i cammini "succedono delle cose", le vite cambiano: abbiamo visto nascere o finire fidanzamenti, rivelarsi vocazioni alla vita ordinata o consacrata, giovani che riprendono gli studi o hanno fatto altre scelte importanti per il loro futuro.

Un aiuto a ritrovare il futuro dopo i mesi della pandemia che sembra aver sottratto proprio la voglia di guardare avanti?

Sì, secondo me, visto il periodo che ci lasciamo alle spalle, durante i pellegrinaggi quest’anno vedremo molti giovani ripensarsi, ripensare alla propria vita, alle difficoltà vissute: molti di loro hanno sofferto durante la pandemia per molti fattori. Questa esperienza per loro quest’anno sarà davvero un momento forte di rinascita, un aiuto a riprendere le trame del quotidiano con un senso e una speranza diversi. E penso che molti degli organizzatori dei pellegrinaggi con i giovani intendono offrire questo tipo di occasione.

In Italia i cammini sono tanti, qual è quello a cui si sente più legato?

In realtà il mio "cammino del cuore" è quello in Terra Santa. In Italia quello a cui mi sento particolarmente legato è la Via Lauretana sul quale cammino dal 1995. Però, se posso, ciò che mi preoccupa è che l’Italia ha politiche discutibili sui cammini, ad esempio non si distingue con chiarezza tra cammini religiosi e non religiosi. Sui cammini non c’è una visione politica da parte degli amministratori della vita pubblica e i tanti localismi e particolarismi regionali di certo non aiutano. Purtroppo anche in ambito ecclesiale manca alle volte una visione più ampia su questo patrimonio. Così però rischiamo di perdere l’occasione del 2025, anno del Giubileo, che potrebbe essere un momento forte di rilancio. I dati parlano chiaro: il cammino di Santiago tra l’80 e il 2000 è arrivato a 150mila presenze annue (pellegrini giunti alla meta), la Via Francigena dal 2000 al 2020 non è andato oltre i settemila arrivi annui a Roma. Se vogliamo davvero valorizzare questo enorme patrimonio dobbiamo cominciare a chiederci cosa abbiamo sbagliato finora.

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