giovedì 26 novembre 2020
Il messaggio del Papa all’apertura dell'appuntamento veronese: «Non trovate muri ma volti» Il presidente Mattarella: da qui idee e proposte utili per accrescere la partecipazione civile
Francesco: «Vivere da credenti immersi nella società»
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«Sembra un po’ strano ma è creativo: "Memoria del futuro". Ci invita a quell’atteggiamento creativo che possiamo dire è "frequentare il futuro". Per noi cristiani, il futuro ha un nome e questo nome è speranza».
Ecco l’incoraggiamento di papa Francesco, in momenti così bui.

Il suo video-messaggio ha aperto questa sera, a Verona, la decima edizione del Festival della Dottrina sociale a cui è seguito il saluto del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. «La speranza – ha spiegato il Papa – è la virtù di un cuore che non si chiude nel buio, non si ferma al passato, non vivacchia nel presente, ma sa vedere il domani». E per noi cristiani, cosa significa il domani? «È la vita redenta, la gioia del dono dell’incontro con l’Amore trinitario. In questo senso, essere Chiesa significa avere lo sguardo e il cuore creativi e orientati escatologicamente senza cedere alla tentazione della nostalgia, che è una vera e propria patologia spirituale».

Prima di approdare accanto all’Arena, il Festival era iniziato in 29 città che hanno collocato, in un luogo simbolico, un melograno, ed era proseguito con eventi e convegni in 24 città da nord a sud dell’Italia. Il tutto per far "Memoria del futuro". Che non è un gioco di parole.

Ricordando il pensatore russo, Ivanovic Ivanov, secondo il quale solo ciò che Dio ricorda esiste veramente, Francesco ha sottolineato con forza che «la dinamica dei cristiani non è quella del trattenere nostalgicamente il passato, quanto piuttosto di accedere alla memoria eterna del Padre; e questo è possibile vivendo una vita di carità».

Dunque – ha proseguito – non la nostalgia, che blocca la creatività e ci rende persone rigide e ideologiche anche nell’ambito sociale, politico ed ecclesiale; piuttosto, la memoria, così intrinsecamente legata all’amore e all’esperienza, che diventa una delle dimensioni più profonde della persona umana. Vivere la memoria del futuro significa impegnarsi a far sì che la Chiesa, il grande popolo di Dio – questo, secondo Francesco, il senso del Festival di quest’anno – possa costituire in terra l’inizio e il germe del regno di Dio. Per «vivere da credenti immersi nella società».

Un atteggiamento che ci aiuta a superare la tentazione dell’utopia, di ridurre l’annuncio del Vangelo nel semplice orizzonte sociologico o di farci ingaggiare nel "marketing" delle varie teorie economiche o fazioni politiche. Nelle parole di Bergoglio anche il ricordo del fondatore, monsignor Adriano Vincenzi; il tratto distintivo del suo servizio si intonava – ha evidenziato – con un passaggio dell’Enciclica Fratelli tutti: «È grande nobiltà essere capaci di avviare processi i cui frutti saranno raccolti da altri, con la speranza riposta nella forza segreta del bene che si semina».

Sotto il segno della creatività, dunque, come lo era stato, nei giorni scorsi, il patto mondiale tra Francesco e i giovani economisti e imprenditori riuniti idealmente ad Assisi per una nuova economia nella quale i poveri – attuale maggioranza dell’umanità – passino da assistiti a protagonisti paritari. «Coloro che qui si incontrano – ha concluso Francesco – non trovino muri ma volti».

Marco Tarquinio e suor Helen Alford al Festival della Dottrina sociale, a Verona

Marco Tarquinio e suor Helen Alford al Festival della Dottrina sociale, a Verona - Collaboratori

I lavori del Festival procederanno fino a domenica. Nel suo "caloroso saluto" il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha anch’egli ricordato monsignor Vincenzi, «ideatore ed animatore instancabile» e si è detto sicuro che anche questa edizione riuscirà, pur svolgendosi da remoto, «ad offrire alla discussione pubblica spunti, idee, proposte utili per accrescere la partecipazione civile, il senso di comunità e la coesione». La serata, moderata da Safiria Leccese, è continuata con Marco Tarquinio, direttore di "Avvenire" e suor Helen Alford della Pontificia Accademia delle Scienze sociali.

«La memoria è un esercizio – ha specificato Tarquinio –. La nostalgia che il Papa ha evocato nel suo messaggio è invece un sentimento». Per il direttore di Avvenire, «la memoria è la valigia delle cose che ci portiamo dietro, importanti, di quello che vale. Ancorarla al futuro vuol dire che il futuro non può essere un futuro purchessia. Deve essere un futuro nel quale si entra con qualcosa che vale nel cuore e nella testa. E questo è ciò che costruiamo nel presente. Questa è la nostra sfida e il nostro dovere adesso».

«Mi è piaciuto il fatto che il Papa abbia preso il tema della memoria e abbia cominciato a svilupparlo in modo biblico – ha sottolineato dal canto suo suor Helen –. La memoria è importante per l’oggi. Ed è pure importante per il futuro perché senza memoria non abbiamo identità e non sappiamo come andare avanti». Questo, dunque, per suor Helen è un tema che i aiuta ad entrare nella storia della salvezza, che siamo in sintonia con i Santi, con la comunione di tutti i fedeli. Ed ogni cambiamento – ha ricordato Tarquinio – parte dal cuore. Ed esige, soprattutto in momenti così difficili come quelli che stiamo attraversando, che siamo capaci di esercitare una virtù molto cara a Papa Francesco: l’ascolto. Certo è – ha poi aggiunto suor Helen – che per essere più aperti all’ascolto degli altri, fino magari ad apprezzarli nella loro diversità, dovremmo essere più ancorati alle nostre radici, al territorio, all’identità valoriale che il territorio esprime. Ecco, dunque, come si coniuga memoria e futuro.

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