martedì 7 dicembre 2021
Nel discorso alla città per la festa del patrono, l’arcivescovo parla dello stile di servizio al bene comune. Chi esercita ruoli di responsabilità deve possedere lungimiranza, fierezza, resistenza
Nella Basilica di Sant'Ambrogio il discorso alla città dell'arcivescovo di Milano, Mario Delpini

Nella Basilica di Sant'Ambrogio il discorso alla città dell'arcivescovo di Milano, Mario Delpini - Fotogramma

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«Con gentilezza» e «seminando fiducia» è possibile uscire «da questi tempi travagliati a causa della pandemia e di tutti gli altri drammi». Perché, ha detto ieri l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, nella Basilica di Sant’Ambrogio nel tradizionale “Discorso alla città e alla diocesi” citando il poeta Franco Arminio, «abbiamo bisogno di contadini, di poeti, di gente che sa fare il pane, che ama gli alberi e riconosce il vento. Più che l’inno alla crescita ci vorrebbe l’inno all’attenzione». Attenzione, ha spiegato ancora il presule, «a chi cade, al sole che nasce e che muore, ai ragazzi che crescono, attenzione anche a un semplice lampione, a un muro scrostato. Oggi essere rivoluzionari significa togliere più che aggiungere, rallentare più che accelerare, significa dare valore al silenzio, alla luce, alla fragilità, alla dolcezza» e appunto «alla gentilezza».

«Papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti parlando della “rivoluzione della gentilezza” ci ha invitato a recuperarla con molta determinazione», ha detto con forza l’arcivescovo chiedendo poi «l’intercessione di sant’Ambrogio nostro patrono (della città di Milano, ndr) per imparare a praticare le virtù del buon governo e lo stile della gentilezza». Ma in questi tempi di resistenza, di insidie, dove - ha affermato ancora Delpini - «nella nostra società sono presenti persone e organizzazioni che disprezzano la vita umana, cercano in ogni modo il potere e il denaro», come si fa a praticare la virtù del buon governo e lo stile della gentilezza? Diventando, è la risposta del presule, «artigiani del bene comune».

Perché «questi resistono nella fatica quotidiana, nelle prove della salute e del lavoro, nelle complicazioni della burocrazia», in una società in cui per Delpini «c’è chi si approfitta dei deboli, che fa soldi sulla rovina degli altri, distruggendo famiglie e aziende con l’usura, che induce alla resa prima della lotta e alla rassegnazione invece che alla reazione onesta».

«La nostra società ha bisogno di abitare i territori dell’umano, ha bisogno di presidiare le relazioni interpersonali, a fronte di una deriva delle stesse nelle interminabili connessioni virtuali (relazioni tascabili e liquide), di lasciarsi interpellare dagli ultimi della fila, dai vuoti a perdere, dalle vite da scarto», ha detto ancora il presule.

Non bisogna quindi lasciar spazio alla sfiducia ma i milanesi devono riscoprire «fierezza» e «riconoscenza». «Lo scandalo della violenza, in particolare alle donne impone una reazione», così come va promossa nuovamente la «partecipazione» dei cittadini alla vita politica: «La scarsa affluenza al voto nelle elezioni amministrative è un segnale allarmante», ha ammonito ancora Delpini. Anche per questo famiglia, giovani e ambiente devono ritornare ad essere priorità.

«La Settimana sociale dei cattolici che si è svolta a Taranto in ottobre, "Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro. #tuttoèconnesso", ha messo in evidenza la tensione tra la difesa dei posti di lavoro e delle attività produttive e la salvaguardia dell’ambiente – ha spiegato Delpini –. La nostra terra è in grado di mostrare come i due beni da custodire e promuovere si possano conciliare» ma «i temi sono spesso affrontati con toni aspri e rivendicativi. La gentilezza fa immaginare percorsi più concordi, rispettosi, costruttivi. La gentilezza è il motore delle comunità “Laudato sì” che in modo spontaneo ed efficace nascono nella nostra diocesi».

«Il pericolo di una “catastrofe educativa”, come si esprime papa Francesco, in questo tempo tribolato mi fa pensare», ha affermato ancora Delpini. «Nelle scuole – ha aggiunto – è necessario che le famiglie e le istituzioni siano alleate per contrastare le forze che insidiano e rovinano i giovani con le sostanze che creano dipendenza, con la pornografia, con la tolleranza per forme di bullismo, di abusi, di trasgressione del convivere». È quindi essenziale, è stata la sintesi dell’arcivescovo, «quella gentilezza della conversazione che trasmette la persuasione che la vita è una vocazione, non un enigma incomprensibile, che il futuro è promessa e responsabilità, non una minaccia, che ciascuno, così com’è, è adatto alla vita, è all’altezza delle sfide, è degno di essere amato e capace di amare. Bisogna offrire ai giovani buone ragioni per diventare adulti».

«Noi, però, celebriamo sant’Ambrogio come patrono e dichiariamo che fa parte della nostra identità ambrosiana il trovarsi a proprio agio nella storia», ha detto ancora l’arcivescovo individuando poi nella famiglia e nella sua promozione quella costante che caratterizza da sempre la vita e la crescita dell’umanità.

«La famiglia è principio generativo della società – ha concluso Delpini –. L’alleanza nella famiglia tra l’uomo e la donna, nella stima e nella gentilezza reciproche, è una promessa di bene per i figli. La crisi demografica che minaccia di condannare all’estinzione la nostra popolazione non si risolve solo con l’investimento di risorse materiali in incentivi e forme di assistenza, ma certo se gli investimenti e i provvedimenti, la legislazione e le delibere sono orientati a favorire chi preferisce non farsi una famiglia, non avere figli, chi vorrebbe formarsi una famiglia e avere figli si sentirà più solo. È necessaria però una mentalità nuova, una proposta di ideali di vita che sia offerta con la gentilezza della testimonianza, con l’argomento persuasivo della gioia di famiglie che donino con i figli e le figlie un futuro alla città. Le famiglie chiedono che nelle istituzioni si riconosca il volto gentile dell’alleanza piuttosto che la complicazione e la freddezza della burocrazia».

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