domenica 11 dicembre 2011
COMMENTA E CONDIVIDI
«Quasi trentacinquemi­la euro di Ici pagati nel 2010 dalla sola arci­diocesi di Bologna (parrocchie escluse). Altro che pri­vilegi ». Al secondo piano della Cu­ria, dove lo incontriamo, il batta­gliero economo monsignor Gian Luigi Nuvoli sventola, con una cer­ta insofferenza al «dibattito ideolo­gico di questi giorni», la copia della denuncia dei redditi relativa allo scorso anno. «L’arcidiocesi – scandisce – paga l’imposta su tutti gli immobili com­merciali mentre sugli immobili e­senti per la loro finalità sociale o di culto non la paga perché lo afferma la legge». E aggiunge: «Chi attacca il mancato pagamento sbaglia a fare i conti. La Chiesa è la prima associa­zione in Italia che non solo paga per intero l’Ici, ma tra i suoi primi benefi­ciari ha lo Stato. So­no stato tra i primi a lanciare, in caso di cancellazione delle esenzioni, l’idea provocatoria di uno sciopero generale delle nostre opere. Chiudendo le opere di carità, le nostre scuole, le nostre ca­se di riposo come fa­rebbe lo Stato a far fronte a tutte le si­tuazioni alle quali noi diamo rispo­ste? ». Un esempio: «La casa del cle­ro, sebbene ospiti dei preti, non è un ente ecclesiastico, ma un ente pri­vato di assistenza che ospita in me­dia più di 20 sacerdoti anziani ed ammalati. In molti casi sono nulla­tenenti e dovrebbero quindi essere mantenuti dallo Stato. Vista questa finalità assistenziale, lo Stato non fa pagare l’Ici e il 50% dell’Ires. È inve­ce corrisposta l’Irap e la tassa sui ri­fiuti. Ripeto: da questo aiuto forni­to, lo Stato ricava un guadagno, in quanto mantenere tutte queste per­sone verrebbe a costare molto di più di quello che abbuona». Quanto pa­ga di Ici nel suo complesso la Chie­sa di Bologna? «Parlando del solo Comune di Bologna» osserva «è sta­ta fatta una dichiarazione da parte di esponenti del Comune stesso che parla di circa un milione di euro. Ma il conto tra dare e avere non è così automatico. Si deve tener conto del­le iniziative di assistenza e di istru­zione che la diocesi porta avanti. E non fare le solite lacrime di cocco­drillo quando alcune opere, per mancanza di personale e di forza e­conomica, sono costrette a chiude­re ». Monsignor Nuvoli è un fiume in piena. «Ci arrabbiamo» dice «quan­do sentiamo che dobbiamo pagare per la beneficenza che facciamo. Co­me i 60-70 mila pasti distribuiti dal nostro Centro San Petronio ai più bisognosi. Ancora un esempio: la mensa comunale chiude in agosto; noi non chiudiamo perché, diversa­mente dal Comune, siamo convin­ti che anche in agosto i senza fissa dimora mangino. Noi solleviamo da una spesa il Comune e dobbiamo sentirci dire che siamo degli sfrut­tatori dello Stato. Ma che si vergo­gnino ». Che dire poi, annota mon­signor Nuvoli, «di circoli, sindacati, partiti che non solo godono di e­senzioni ma ricevono anche consi­stenti sovvenzioni? Bisogna togliere le agevolazioni al sottobosco non a chi fa del bene». Intervenendo nel dibattito l’assessore alla casa Ric­cardo Malagoli (Sel) ha affermato «che sarebbe un grande gesto se la Chiesa a­derisse spontanea­mente al pagamen­to della nuova Imu anche per gli edifici che ne sono esenti per dare un concre­to segno di vicinan­za alle famiglie bolo­gnesi che sono in gravi difficoltà».Dichiarazioni che il vi­cario generale della diocesi monsignor Giovanni Silvagni boccia senza appello: «Mi pare un invito demagogico e dissennato. Che parte da una profonda igno­ranza su quello che la Chiesa di Bo­logna sta facendo. Considerazioni frutto di disinformazione o della ri­cerca di una facile popolarità». Al­l’assessore, prosegue monsignor Sil­vagni «è forse sfuggito che il grande gesto la Chiesa di Bologna lo sta fa­cendo da anni, tutti i giorni, nel cam­po dell’assistenza e dell’istruzione». L’assessore, conclude il vicario ge­nerale, «tenta di accreditare l’idea che la Chiesa è insensibile alla crisi. Mi chiedo dove vive. Vorrei solo ri­cordare che da tre anni la diocesi è scesa in campo per aiutare le fami­glie. E che anche la raccolta dell’o­dierno “Avvento di fraternità” sarà completamente destinata a chi non riesce a pagare le utenze o le spese di istruzione per i propri figli». Bologna si caratterizza anche per u­na forte presenza di circoli laici.Ste­fano Brugnara, presidente dell’Arci di Bologna, (oltre un centinaio di cir­coli affiliati che non avendo patri­moni immobiliari propri non paga­no l’Ici) definisce «deprecabili» le battaglie ideologiche. «Si tratta solo di rimarcare che se una struttura è commerciale deve pagare. Se è vero che non si può pensare di tassare la mensa della Caritas è altrettanto ve­ro che anche le case in cui si accol­gono gli immigrati devono avere a­gevolazioni ». Monsignor Nuvoli non nasconde che nella definizione di ciò che è commerciale e di ciò che non lo è ci sia qualche ambiguità. «Ma ai nostri preti diamo indicazio­ni precise. Se un bar parrocchiale o di un circolo è funzionale all’asso­ciazione, cioè serve solo i soci, ven­de a prezzi modici bibite e gelati, non ha accesso dalla pubblica stra­da non può certamente definirsi u­na struttura commerciale, in caso contrario evidentemente sì. Sulla materia abbiamo avuto molte cau­se, che ho seguito personalmente: e le abbiamo vinte tutte, “spese com­pensate”, purtroppo».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: