domenica 22 marzo 2020
Nelle omelie delle Messe celebrate senza popolo dai pastori delle nostre diocesi, in diretta tv e streaming, la riflessione sul senso della prova alla luce della fede.
Il cardinale Zuppi celebra in diretta tv e social dalla cripta della Cattedrale di Bologna

Il cardinale Zuppi celebra in diretta tv e social dalla cripta della Cattedrale di Bologna

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Bassetti: recuperiamo i rapporti familiari e la preghiera

«In questi giorni state prestando le vostre mani a Dio. La vostra scienza, il vostro cuore è al servizio del prossimo. Per questo non finirei mai di benedirvi e di pregare per quello che state facendo, rischiando la vita». Sono le parole del cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, rivolte a infermieri, medici, operatori sanitari, sacerdoti in trincea, all’omelia della Messa domenicale nella cappella di Sant’Onofrio della cattedrale, trasmessa in diretta tv, radio e sui social. «La cattedrale – ha ricordato – è la chiesa madre», da dove «l’abbraccio del pastore possa raggiungere innanzitutto i malati. Ci sentiamo tutti in una valle oscura, ma il Signore è con noi». Bassetti si è soffermato anche sulla “piccola chiesa domestica”, una «occasione, anche se forzata, di vivere le relazioni, di dialogare e di educarsi a vicenda. Nella vita di tutti i giorni non c’è più tempo in famiglia per un sorriso: è tutto un correre. Questo diventa il tempo di recuperare i rapporti familiari e ritrovare la centralità della preghiera e della Parola di Dio. La madre Chiesa viene a trovarvi a casa e vi esorta a cogliere questi giorni di “crisi” - in senso biblico, come “giudizio” -, come una prova che possa servirci. Solo cosi permetteremo alla nostra Chiesa di fare un ulteriore passo verso il Vangelo». (Riccardo Liguori)

Delpini: è il tempo delle domande, troviamo quella giusta

«Questo tempo, più di altri, è popolato di domande, si ripetono, si rivolgono a quelli che sanno rispondere e a quelli che rispondono senza sapere. Le domande ritornano come ossessioni, dicono lo smarrimento, la paura, il bisogno di rassicurazione, l’invocazione di una certezza in un marasma confuso». La riflessione dell’arcivescovo di Milano Mario Delpini durante la Messa celebrata nella chiesa della Fondazione Sacra Famiglia di Cesano Boscone (che accoglie centinai di anziani e disabili, le presone più fragili in questa crisi) si sviluppa attorno al tempo delle domande: «Perché questa epidemia? da dove viene? Come si diffonde? Potrò guarire? Ce la farà mia mamma? Che cosa ci dice questa situazione? Quando finirà? Che sarà di noi quando finirà? Domande e domande». Tra le varie domande possibili, c’è anche quella «inevitabile e sbagliata», «quella che tutti si fanno di fronte al soffrire: “di chi è la colpa?” Perché? Perché è nato cieco? Chi ha peccato? È la domanda inevitabile, ma Gesù dice che è la domanda sbagliata. Gesù dice: se il mondo è sbagliato non chiederti chi ha sbagliato; non cercare una causa, non cercare un colpevole. Non incolpare Dio non sapendo chi altro incolpare. Non domandarti perché sia sbagliato il mondo, domandati invece se ci sia una via di salvezza, se si possa aggiustare il mondo e l’umanità». La domanda «decisiva» è l’ultima della pagina del cieco nato: «Tu credi nel Figlio dell’uomo? Gesù ha consentito al cieco di vedere per potergli dire: lo hai visto, è colui che parla con te. Gesù agisce perché in lui siano manifestate le opere di Dio. L’opera di Dio non è di creare un mondo sbagliato, dove qualcuno nasce cieco, dove qualcuno muore giovane, dove incombe una disgrazia che spaventa i figli degli uomini, dove che è ricco diventa sempre più ricco e chi è povero sempre più povero, dove c’è chi può curarsi quando è malato e anche quando è sano e dove c’è che deve ammalarsi e non ha come curarsi. L’opera di Dio non è il mondo sbagliato, ma la missione di Gesù: credi nel Figlio dell’uomo? Hai fiducia che Gesù sia la via di salvezza?». (Francesco Ognibene)

Zuppi: superiamo la distanza della solitudine e dell’indiffenza

«Oggi ci ritroviamo tutti come quell’uomo del Vangelo, ciechi di futuro, persi in questa valle oscura nel quale facciamo fatica a vedere la direzione e a riconoscere il prossimo. Non vediamo la luce, ma non per questo la luce non c’è! Gesù apre gli occhi e ci fa vedere il suo volto buono, presente, amico, che cerca proprio ognuno di noi». È il pensiero fondamentale espresso dal cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale dell’Emilia-Romagna, nella Messa che ha celebrato ieri nella cripta della Cattedrale di Bologna, trasmessa in diretta da Rai3-Tgr, da alcune emittenti locali radio e tv e in streaming sul sito della diocesi. «Gesù – ha proseguito - ci apre gli occhi facendoci guardare con occhi nuovi il prossimo, che altrimenti nell’oscurità può diventare un nemico che mette paura. Ci dona la luce dell’amore per vedere i nostri cari, amarli e comprenderne sempre il dono che essi sono. Ci apre gli occhi per vedere i più fragili, quanti sono doppiamente isolati. Noi non dobbiamo vincere la distanza che protegge dal virus, ma possiamo annullare quella della solitudine e dell’indifferenza!». (Chiara Unguendoli)

Nosiglia: mostrate con coerenza la vostra fede

L’acqua impastata con la terra è il segno del nostro sacramento. «Il Battesimo ci ha fatto passare dal buio delle tenebre del peccato alla vita nuova di Gesù Risorto che ci rende figli amatissimi del Padre e membra vive del suo corpo che è la Chiesa. Oggi il Signore ci dice: vivete il vostro Battesimo e non siate invisibili negli ambienti della vostra esistenza quotidiana ma abbiate il coraggio di mostrare con coerenza la vostra fede». Monsignor Nosiglia ha celebrato in casa a Torino, nella cappella dell’Arcivescovado. A mezzogiorno, come già domenica scorsa, tutte le chiese delle diocesi di Torino e Susa hanno suonato le campane. (Marco Bonatti)

De Donatis: Crisro ha lacerato il nostro buio

«La santità "a modo mio", quella che accarezza il narcisismo, è una notte senza alba». Secondo il cardinale vicario di Roma, Angelo De Donatis, infatti, «può accadere che mettiamo Dio a servizio di quello che vorremmo essere: ci costruiamo, anche in buona fede, un’idea di perfezione che stuzzica l’ego e poi diciamo allo Spirito ‘non creare imprevisti’». Nella sera della quarta domenica di Quaresima, al Divino Amore, le parole del cardinale vicario per Roma durante l’omelia richiamano il senso vero della libertà per un cristiano e mettono in guardia dalla fede “fai da te”. «La più grande e difficile libertà del cristiano consiste proprio nel rinunciare a una santità decisa a tavolino, dall’ideologia devota che si rende impermeabile alla voce di un Dio che parla nella storia». E infatti, spesso, «quanto è facile scambiare la propria idea di esistenza riuscita con la volontà di Dio!». Quindi «non facciamo l’errore di tener chiusi gli occhi con le palpebre del “dovrebbe essere così”- Dio si incontra in momenti inaspettati. Apriamo gli occhi e ritroviamo la presenza di Dio lì dove non siamo più abituati a cercarla». Infine, l'esortazione del cardinale alla speranza: «Cristo ha lacerato il buio della tomba. Apriamo gli occhi e ritroviamo la presenza di Dio lì dove non siamno più abituati a cercarla». (Graziella Melina)

Lorefice: certi che rivivremo. Supplica a santa Rosalia

«Gesù vede un uomo cieco, non si sofferma sulla sua malattia, ma incontra l’immagine di Dio deturpata, sfigurata. Non lo lascerà più, andrà ancora a ricercarlo» sottolinea l’arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice, celebrando dalla cappella del Palazzo arcivescovile in diretta sui canali social. Si sofferma su quella che definisce la «grammatica umana» di Cristo. «Per Gesù l’uomo non coincide col suo peccato; l’oltre è la guarigione salvifica, lo sguardo rigenerativo non giudicante. Gesù assume tutta la persona segnata dalla sofferenza – aggiunge - Continuiamo il nostro percorso dietro a Gesù con fermezza e audacia, in questi giorni di Quaresima ma anche di quarantena, ci attendono rigenerazione e illuminazione. La Pasqua si avvicina, con fiducia andiamo avanti, ascoltiamo Gesù certi che con lui rivivremo». Nel pomeriggio monsignor Lorefice reciterà una supplica a Santa Rosalia, patrona della città che liberò dalla peste nel 1624. (Alessandra Turrisi)

Moraglia: saremo persone nuove. La preghiera a santa Lucia

«Chiediamo a santa Lucia di iniziare a vedere la luce alla fine del tunnel». Il patriarca Francesco Moraglia celebra nella chiesa veneziana che custodisce le spoglie della martire siracusana. Nell’omelia rivolge un pensiero a Bergamo (antica terra di san Marco) e ai tanti morti di questi giorni. Assicura i familiari costretti a salutare i loro cari in modo “anonimo”: «Ogni uomo, anche quando sembra solo e abbandonato, ha una presenza e un conforto particolare del Signore». Invoca benedizione e sostegno per chi si batte contro il coronavirus: «Ci dicono con la loro testimonianza che il bene è più forte del male e la solidarietà è più grande dell’individualismo e dell’egoismo». Ed osserva: «Il Covid 19 ci toccherà dentro e ci lascerà diversi da come ci ha trovati. Quando se ne andrà, l’uomo che si illudeva di avere risposte e soluzioni su tutto per un po’ resterà sepolto. Ce la faremo e saremo nuovi, come persone e discepoli del Signore. Essere uomini moderni significa riscoprire la creaturalità e i propri limiti, avere bisogno degli altri ed amare di più la comunità». (Alessandro Polet)

Mura: queste tenebre chiedono un nuovo orizzonte

Tutti stretti attorno al vescovo Antonello, i fedeli delle diocesi di Nuoro e di Lanusei, per la Messa in streaming su Telesardegna nella quarta domenica di Quaresima. Dalla cattedrale di Santa Maria della Neve, nel capoluogo barbaricino, il presule invita tutti a cogliere, come Gesù, il senso degli eventi: «Gesù sia luce per noi in questa stagione oscura, perché la luce è vita e sentiamo di aver bisogno di recuperare ragioni di vita e di speranza, ora che ognuno di noi sta facendo esperienza di essere nello stesso tempo vedente e non-vedente: forte e debole, fiducioso e disperato. Le tenebre in cui viviamo hanno bisogno di una nuova luce, di un nuovo orizzonte, e di persone luminose in ogni campo, perché la gloria di Dio è un uomo che torna a vedere, è l’uomo vivente!». (Claudia Carta)

Santoro: Cristo ci offre la vista e la salvezza

«Questa pandemia non è una punizione di Dio ma un’occasione, seppur nel dramma, perché si manifestino le sue opere». Monsignor Filippo Santoro, arcivescovo della diocesi di Taranto, lo ha detto nell’omelia della Messa celebrata in streaming nella cappella della Cattedrale di san Cataldo, la più antica di Puglia, dove trovano spazio marmi antichi e otto statue del Sammartino, autore del celebre Cristo velato di Napoli. «Il Signore -ha detto Santoro - è presente nei fatti, ci viene incontro scuotendoci. Il cieco obbedisce a Gesù: quindi ascoltiamo la Sua voce e stiamo attenti a tutte le indicazioni, anche se l’isolamento ci costa. Cristo infine chiede al cieco se crede in Lui. Questo è il punto a cui il Signore vuole arrivare: l’uomo ha guadagnato la vista e la salvezza». (Marina Luzzi)

Bagnasco: stiamo recuperando ciò che vale

Parlando nella Chiesa dell'ospedale San Martino «che in questo momento accoglie il numero più alto di ammalati di coronavirus nel nostro territorio» il cardinale Angelo Bagnasco si è rivolto primariamente ai ricoverati: «Vorrei che ciascuno mi sentisse vicino non è in mio potere restituirvi la salute, ma vi porto la parola consolatrice di Gesù, parola che genera speranza e fiducia: la fiducia è il farmaco più importante per resistere e lottare». Dopo aver pregato per i ricoverati, il personale sanitario, le istituzioni e tutti coloro che si prodigano in questa emergenza, ha espresso l'auspicio che «il virus non arrivi ai nostri cuori» con la speranza di rinascere «più uniti e più saggi» per accorgerci «che avremo riscoperto ciò che vale, e che smaschera l’apparenza». (Adriano Torti)

Lemmo (Napoli): Gesù con noi oltre le tempeste della vita

L’incontro con Gesù per passare dalla triste cecità del peccato alla luce liberante dell’amore: è il centro dell’omelia del vescovo ausiliare di Napoli monsignor Lucio Lemmo. «Gesù - dice il pastore - ci apre gli occhi e ci permette di scoprire la preziosità del rapporto in famiglia; di recuperare l’importanza educativa dell’ascolto attento, non più frettoloso. È Gesù che ci rende capaci di discernere saggiamente ciò che veramente conta nella vita». Ed è solo Lui - sottolinea Lemmo – «che rivelando l’amore del Padre, è con noi oltre le tempeste della vita, ripetendo: “Non temere”. Ed ora ci aspetta per ridarci la vista: non perdiamo questa occasione». (Rosanna Borzillo)

Betori: la supplica al Santissimo Crocifisso

«Tu, che più volte hai salvato il popolo del Mugello, ed ogni fedele che a te si è affidato, dal male della peste e da ogni altra sventura, effondi anche oggi su di noi l’abbondanza della tua misericordia». Con queste parole il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, si è rivolto al Santissimo Crocifisso di Borgo San Lorenzo. La preghiera è stata fatta nella chiesa di San Salvatore in arcivescovado, davanti a una immagine del Crocifisso; nel video (disponibile sui siti della diocesi, di Toscana Oggi e di Radio Toscana) sono state inserite anche immagini girate appositamente nel santuario del Santissimo Crocifisso dei Miracoli, uno dei luoghi del Mugello più cari alla devozione popolare. Continua così il percorso, iniziato nel santuario della Santissima Annunziata, che ogni sabato vede l'arcivescovo di Firenze pregare davanti alle immagini più care alla tradizione. «Si era pensato - ha spiegato Betori introducendo la preghiera - di andare nei luoghi in cui queste immagini si trovano, ma accogliendo il pressante invito delle autorità civili a restare nelle nostre case, anche il vescovo resta nella sua casa, qui nella chiesa di San Salvatore al Vescovo, a pregare, portando qui le immagini dei nostri santuari». Quindi è proseguita la supplica a Gesù Crocifisso, «perché ci protegga e ci accompagni in questi giorni di sofferenza». (Riccardo Bigi)

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