I giovani del Mediterraneo da Leone XIV. «La nostra offensiva di pace»

Storie e voci dei ragazzi di 20 Paesi e tre continenti che formano il Consiglio voluto dalla Cei. Venerdì l’udienza del Papa. Il sottosegretario Cei, Marchetti: così la Chiesa investe sulla frater
August 30, 2025
Di fronte a Leone XIV testimonieranno che l’«amicizia è una strada verso la pace». Proprio come il Papa aveva indicato al milione di pellegrini radunati a Tor Vergata per il Giubileo dei giovani. Giovani lo sono anche loro. Tutti con meno di 30 anni. E formano il Consiglio dei giovani del Mediterraneo che il Pontefice riceverà in udienza venerdì 5 settembre. È il laboratorio della fraternità voluto dalla Cei che unisce le sponde del grande mare. Trentaquattro ragazzi in rappresentanza delle comunità cattoliche di venti Paesi e di tre continenti: Europa, Asia e Africa. Protagonisti di un percorso cominciato due anni fa e condensato nell’intuizione di papa Leone. Fede, giustizia, educazione, riconciliazione, dialogo, attenzione alla politica e alla casa comune sono le sfide che i ragazzi hanno accettato, con i bagagli culturali che si portano con sé e con le sensibilità, le contraddizioni, le speranze che ciascun Paese vive.

Unire i giovani per unire le nazioni è la scommessa lanciata dalle Chiese del bacino del Mediterraneo. «È un investimento di fiducia, nel segno della corresponsabilità, su ragazzi che provengono anche da terre segnate da grandi sofferenze o fatiche ma che con il loro entusiasmo intendono essere semi di speranza», spiega il sottosegretario della Conferenza episcopale italiana, don Gianluca Marchetti. C’è chi arriva dalla Terra Santa sotto i missili o dal Libano che porta ancora i segni della guerra; chi dalla Siria dove il cambio di regime si è intrecciato con scontri e bombardamenti o dall’Algeria in cui si registrano nuove persecuzioni religiose. Tutti stanno giungendo in queste ore nella Penisola per l’appuntamento annuale della consulta che sarà anche l’occasione per vivere il Giubileo sulla tomba di Pietro e incontrare il Papa. «L’incontro cade in un momento storico particolarmente teso e complesso. Sulle sponde del Mediterraneo si sta combattendo una guerra cruenta che ci interpella», afferma Tina Hamalaya, libanese, segretaria del Consiglio.

Nella stessa giornata dell’udienza con Leone XIV il segretario generale della Cei, l’arcivescovo Giuseppe Baturi, guiderà i ragazzi nel pellegrinaggio alla Porta Santa della Basilica Vaticana. «Essere a Roma - chiarisce don Marchetti - vuole dire che non si è soli e che la speranza va alimentata anche con gesti concreti». Con altrettanta concretezza i giovani del bacino hanno tradotto l’Anno Santo in opere di carità. Lo mostra l’iniziativa “Prendersi cura: una famiglia per ogni comunità del Mediterraneo” con cui il Consiglio ha chiesto alle diocesi, alle parrocchie e alle realtà ecclesiali di “adottare” migranti, rifugiati, richiedenti asilo ma anche famiglie in condizioni di disagio, madri in difficoltà, donne vittime di tratta. «Insomma tutte quelle situazioni di fragilità e di vita drammatiche che, con numeri sempre più preoccupanti, caratterizzano il nostro tempo», sottolinea Tina. Inoltre in Libano, lo scorso luglio, si è svolta la “Photomarathon 2025” con venti giovani di fedi diverse a confronto sui temi della cittadinanza, del dialogo interreligioso, del cambiamento generazionale.

La Chiesa italiana ha voluto il piccolo “Sinodo” giovane come lascito dell’Incontro dei vescovi del Mediterraneo che si era tenuto a Firenze nel febbraio 2022 e che aveva visto in contemporanea il summit dei sindaci dell’area. Proprio nella città toscana i giovani trascorreranno la prima metà della settimana in Italia, ospitati nel Seminario di Fiesole dove ha sede l’organismo. E a Palazzo Vecchio, che accoglie il municipio cittadino, il Consiglio raccoglierà martedì pomeriggio il testimone della Carta di Firenze. È il manifesto firmato da vescovi e sindaci del Mediterraneo, ispirato all’azione di pace del sindaco Giorgio La Pira, che in un’alleanza nel nome dei popoli e del bene comune ha visto fianco a fianco Chiesa e amministrazioni locali. «Un’idea lungimirante - sostiene don Marchetti -. Mentre la politica è scandita da urla e slogan ideologici ma anche da guerre e conquiste, si parte dai bisogni della gente e dalle città per costruire il futuro. E si chiede ai giovani di impegnarsi nella più alta forma di carità». A fare gli onori di casa il sindaco Sara Funaro. Le giornate toscane vedranno il Consiglio dialogare con l’arcivescovo di Firenze, Gherardo Gambelli, confrontarsi con i vescovi libanesi Cesar Essayan e Jules Boutros, salire a San Miniato al Monte con l’abate Bernardo Gianni, affrontare il fattore culturale e ambientale assieme al monastero di Siloe, incontrare la figura di La Pira con Patrizia Giunti.

Ad accompagnare i giovani sono le quattro realtà fiorentine a cui la Cei ha affidato il progetto e che si richiamano al parlamentare Dc: la Fondazione Giorgio La Pira, l’Opera per la gioventù La Pira, il Centro internazionale studenti La Pira e la Fondazione Giovanni Paolo II, onlus per lo sviluppo e la cooperazione. «Il sindaco “santo” - osserva il sottosegretario della Cei - richiama all’accoglienza, al dialogo, alla riflessione, alla formazione. E soprattutto al Mediterraneo concepito come ponte, non come muro. Ponte fra il nord e il sud del mondo, fra l’Occidente e l’Oriente, fra le diverse fedi. La Chiesa italiana ci tiene a ricordarlo: non cimitero dove i migranti muoiono; non frontiera che respinge; non angolo di tensioni o guerre; ma crocevia dove si incontrano popoli, continenti, religioni. E profezia di un’umanità riconciliata che si fa carico delle ingiustizie e dei problemi di vicini e lontani e che fa delle differenze una ricchezza. Non serve chiudersi, ma allargarsi. E da credenti vediamo nell’altro che vive sulle varie sponde o bussa nelle nostre porte un fratello».

Il punto di partenza del Consiglio è la preghiera, “sorgente” di ogni proposta. «I giovani ci ricordano che la fede non divide - conclude don Marchetti -. Anzi, è proprio il Vangelo che apre al prossimo e spinge all’incontro. Se si ha il coraggio di essere credenti in modo onesto, chi è accanto lo percepisce chiaramente». E fra i ragazzi del Mediterraneo tornano le parole di Leone XIV a Tor Vergata: «Contagiate chiunque incontrate col vostro entusiasmo e con la testimonianza della vostra fede».

Il libanese Emile: «Dal Medio Oriente ferito la sfida del dialogo»


Aspetta di incontrare Leone XIV a Roma. E anche nel suo Paese, il Libano, dove il Papa potrebbe andare già nei prossimi mesi. «L’insistenza del Pontefice sull’urgenza della pace dice che Leone comprende il desiderio di noi giovani di un futuro senza ingiustizie e soprusi. Sono parole che ci spronano a una svolta fraterna», racconta Emile Fakhoury. Ha 26 anni ed è cattolico maronita. Nel Consiglio dei giovani del Mediterraneo è uno dei volti e dei testimoni del Medio Oriente ferito. «Il Libano sta attraversando una profonda crisi economica e sociale, ma rimane un mosaico di religioni e culture - spiega -. Una visita del Papa sarebbe un’iniezione di fiducia e ci aiuterebbe a riscoprire la nostra vocazione a essere terra di convivenza».
Il libanese Emile Fakhoury, 26 anni, che fa parte del Consiglio dei giovani del Mediterraneo - Avvenire
Il libanese Emile Fakhoury, 26 anni, che fa parte del Consiglio dei giovani del Mediterraneo - Avvenire
La regione da cui Emile proviene continua a fare i conti con attacchi e tensioni. «La guerra vista con gli occhi di un giovane è sinonimo di paura, orrore e incertezza, ma anche di resilienza - afferma -. Siamo coscienti di quanto valga la pace perché sappiamo che cosa significa perderla. Abbiamo molte cicatrici, ma anche la volontà di ricostruire e dialogare». Come credente si sente chiamato in causa. «Da cristiani dobbiamo essere testimoni di perdono e riconciliazione. La pace è, al tempo stesso, un atto politico e una sfida spirituale e quotidiana. Aprendo le case, costruendo ponti con chi ha un’altra fede, stando a fianco dei più vulnerabili, possiamo essere artigiani di fraternità».
Esperto di media, Emile ha studiato all’Università dello Spirito Santo di Kaslik, vicino a Beirut, dove si è laureato e ha lavorato per una serie di organismi ecclesiali come Missio Svizzera e YouCat Germania. «Il Vangelo ci chiede di non vivacchiare. Quando preghiamo, ci impegniamo anche ad agire. E la fede va tradotta in iniziative concrete: difesa della dignità, promozione della giustizia, salvaguardia del Creato, attenzione al dialogo. Da una ricca vita spirituale può scaturire una trasformazione della società». È l’esperienza di due anni del Consiglio dei giovani del Mediterraneo: la comune appartenenza alla Chiesa si fa progettualità civica. «Abbiamo creato uno spazio in cui ascoltarsi, lavorare insieme e imparare la responsabilità verso le nostre comunità e verso il Mediterraneo come casa comune». Poi aggiunge: «Il Consiglio dimostra che l’amicizia è via per la pace, come ha evidenziato il Papa. I legami che abbiamo costruito dicono che le differenze non sono una minaccia, ma una ricchezza». Fra i temi in agenda anche l’educazione e l’ambiente. «Senza proteggere la natura rischiamo di lasciare alle generazioni future solo distruzione - sostiene il giovane -. Senza educazione non possiamo avere menti critiche, cittadini maturi o incontro tra le culture. E tutto ciò è inseparabile dalla pace». A Roma i ragazzi del Mediterraneo vivranno il loro pellegrinaggio giubilare. «Nonostante le guerre, le disuguaglianze, le migrazioni forzate, siamo chiamati alla speranza che non è ingenuo ottimismo, ma audacia a credere che le nostre azioni, piccole o grandi, possano cambiare la realtà».

La spagnola Pilar: «Mai indifferenti di fronte alle ingiustizie»


«Il Consiglio ha messo al centro del suo cammino l’urgenza della pace. Ed è davvero bello vedere che siamo in linea con ciò che desidera Leone XIV: sia da noi ragazzi, sia da chi ha responsabilità di governo, sia da tutta la famiglia umana. Le sue parole rafforzano la nostra missione: contribuire a rendere il Mediterraneo un mare di pace». Pilar Shannon Pérez Brown ha 27 anni, è consulente risorse umane e rappresenta la sponda europea nel laboratorio “giovane” che unisce il Mediterraneo. Viene dalla Spagna e fa parte del direttivo dell’organismo che si è insediato nel 2023 per volontà della Cei.
La spagnola Pilar Shannon Pérez Brown, 27 anni, che fa parte del Consiglio dei giovani del Mediterraneo - Avvenire
La spagnola Pilar Shannon Pérez Brown, 27 anni, che fa parte del Consiglio dei giovani del Mediterraneo - Avvenire
«Sono stati due anni di crescita spirituale, di conoscenza reciproca e di impegno di fronte alle sfide che ci ha posto davanti ogni Paese da cui proveniamo - racconta Pilar che ieri è arrivata in Italia per l’incontro annuale del Consiglio -. La preghiera ci ha unito nei momenti difficili; i social media hanno messo in risalto la nostra testimonianza di fede nelle varie regioni affacciate sul mare; il dialogo interreligioso ci ha consentito di farci artigiani di fraternità; i progetti di scambio ci hanno aiutato a uscire da noi stessi per raggiungere gli altri. Tutto ciò rende il Consiglio un propulsore di bene, una fonte di speranza e uno spazio in cui dare voce ai giovani del Mediterraneo». La consulta è anzitutto un polmone spirituale che mostra come la comune appartenenza alla Chiesa sia volano di impegno. «Papa Leone, al termine della Messa di apertura del Giubileo dei giovani, ha ripetuto che siamo il sale della terra e la luce del mondo - prosegue Pilar -. Con il suo richiamo ci ha esortato a contagiare attraverso il Vangelo le realtà in cui viviamo». E subito aggiunge: «La preghiera è una delle armi che abbiamo a disposizione. Come Consiglio abbiamo promosso varie preghiere per la pace. Ciò significa pregare per i nemici, per le persone che causano sofferenza, per coloro che sono prigionieri dell’indifferenza. Ma vuol dire anche che tocca a ciascuno di noi farsi carico di ciò che accade e quindi lottare per la giustizia».
I ragazzi del Mediterraneo si preparano a vivere l’Anno Santo a Roma. «Il Giubileo della speranza - riflette la ragazza spagnola - ci ricorda che il credente confida in Dio indipendentemente dalle circostanze e che non siamo soli, che la Chiesa è un’unica, grande famiglia». Il Consiglio ha voluto il progetto giubilare “Prendersi cura: una famiglia per ogni comunità del Mediterraneo”. «Sta coinvolgendo diversi Paesi e ci sono iniziative significative a Trieste e Beirut», fa sapere Pilar. Fra i punti che la consulta ha inserito nella sua agenda ci sono l’educazione e la salvaguardia del Creato. «L’istruzione è la chiave per il cambiamento, per costruire un mondo migliore. E crediamo sia importante prendersi cura della nostra casa comune». Poi c’è l’apertura alle altre fedi. «Vogliamo implementare il campo estivo interreligioso che abbiamo iniziato a realizzare le scorse settimane con l’Opera per la gioventù Giorgio La Pira nel villaggio “La Vela” lungo la costa toscana».

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