venerdì 27 maggio 2022
L'arcivescovo di Bologna e nuovo presidente della Cei illustra le misure adottate dai vescovi. Report sugli ultimi due anni e ricerca sugli archivi della Dottrina della fede dal 2000.
Il cardinale Zuppi in conferenza stampa

Il cardinale Zuppi in conferenza stampa - Reuters

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Il modo in cui la Chiesa italiana intende rafforzare la tutela dei minori dagli abusi è "una strada nuova". Una strada fatta di "serietà, chiarezza e giustizia" nell'accertamento dei casi e di vicinanza al dolore delle vittime ("la Chiesa è dalla loro parte"). Senza sfuggire alle responsabilità o nascondere alcunché. Così si è espresso il cardinale Matteo Zuppi nella sua prima conferenza stampa da presidente della Cei, al termine dei lavori dell'assemblea generale dei vescovi. L'incontro con i giornalisti è servito per illustrare il comunicato finale dei lavori e per soffermarsi su alcuni temi dell'attualità. Oltre a quello della tutela contro gli abusi, anche la guerra in Ucraina e le guerre dimenticate, la messa al bando delle armi nucleari, la situazione e le emergenze italiane, la complessa questione del fine vita. E naturalmente il Cammino sinodale.

Molta parte delle domande dei giornalisti, però, hanno riguardato la piaga della pedofilia. Zuppi ha ricordato le decisioni dei vescovi, in assemblea: rafforzamento della rete dei servizi e delle equipe diocesane, rafforzamento dei centri di ascolto presenti nel 70 per cento delle Chiese locali della Penisola. E poi le due novità: un report nazionale sulle attività di prevenzione e formazione e sui casi di abuso segnalati o denunciati alla rete dei Servizi diocesani e interdiocesani negli ultimi due anni (2020-2021), report che sarà effettuato da due istituti universitari di criminologia e vittimologia e che si spera di poter presentare entro il 18 novembre prossimo (poi diverrà annuale). E un'altra ricerca, questa volta condotta su un periodo temporale più ampio, dal 2000 al 2021, in collaborazione con la Congregazione per la Dottrina della Fede. In quest'ultimo caso sarà possibile poi conoscere e analizzare, in modo quantitativo e qualitativo, i dati custoditi presso la medesima Congregazione, garantendo la dovuta riservatezza.

L’analisi, ha spiegato Zuppi, facendo riferimento al comunicato finale, verrà condotta in collaborazione con Istituti di ricerca indipendenti, che garantiranno profili scientifici e morali di alto livello, e consentirà di pervenire a una conoscenza più approfondita e oggettiva del fenomeno. La scelta dei ricercatori che effettueranno materialmente le indagini, ha precisato il cardinale, sarà fatta dagli istituti di ricerca coinvolti. Inoltre, rispondendo a una domanda, ha ricordato anche che ci sarà una ricerca contestuale sugli archivi diocesani ogni volta che questo si renderà necessario. E su eventuali risarcimenti ha detto che è "un discorso molto aperto". Certamente "c'è già un accompagnamento psicologico gratuito nei nostri centri. Staremo attenti ad aiutare e a stare vicini alla sofferenza delle persone".

Più in generale, ha ribadito più volte il cardinale anche in riferimento ad iniziative di altri episcopati, "ci interessa la giusta chiarezza. Certi dati possono essere davvero discutibili. Ci prendiamo le nostre responsabilità e non vogliamo assolutamente scantonare". Al rappresentante della Rete L'Abuso, Francesco Zanardi, intervenuto un po' polemicamente notando che far partire le ricerche dal 2000 è discriminatorio nei confronti delle vittime abusate precedentemente, il presidente della Cei ha risposto pacatamente: "Incontriamoci e se avete casi da segnalare fatelo". Quanto all'arco temporale che verrà preso in considerazione, Zuppi ha spiegato: "Sono i casi che ci riguardano da vicino e ci coinvolgono. Partire dal 1945 non avrebbe senso perché non si può giudicare con i criteri di oggi fatti di 80 anni fa". Tra l'altro, è stato fatto notare, il 2000 è proprio il momento in cui la Chiesa si è data a livello universale regole molto severe per combattere questa piaga. "Per noi, ha detto il cardinale, certi comportamenti non vanno in prescrizione morale".

Per quanto riguarda i vescovi eventualmente colpevoli di aver insabbiato dei casi, il porporato ha ripetuto che ci sono regole precise e che vengono osservate. E ha poi sottolineato che nell'opera di contrasto agli abusi la Chiesa italiana prevede anche "l'accompagnamento degli abusatori. Siamo una madre, un figlio è sempre un figlio".

Alla domanda sulla guerra in Ucraina, il cardinale ha risposto: "Spero crei consenso il piano di pace dell'Italia, che diventi europeo". Non bisogna ragionare "solo con la logica delle armi ma trovare una composizione diplomatica e questo richiede la collaborazione di tutti". È "auspicabile tutto ciò che va verso il dialogo", "il più grande diritto è quello alla pace". "Non possiamo abituarci alla guerra perché sarebbe una tragedia. È uno scandalo per i cristiani. E nel caso dell'Ucraina è uno scandalo in più perché la guerra è tra Paesi cristiani". E sempre a proposito di armamenti, il porporato ha aggiunto: "Faremo tutto quello che serve per continuare a insistere sulla ratifica dell'Italia al trattato Onu per la messa al bando delle armi nucleari. Nessuno si può abituare all'idea che si riparli di guerra nucleare". Allo stesso modo non bisogna dimenticarsi delle altre guerre. "L'Afghanistan, ad esempio, è come se non esistesse più".

Una domanda ha riguardato anche le questioni legate al fine vita. Si era già al termine della conferenza stampa e Zuppi ha notato: "Problema troppo complesso per affrontarlo in pochi minuti. La dottrina della Chiesa è nota. Siamo vicini a chi soffre".

Infine il cammino sinodale: "È una scelta importante della Chiesa e non è solo un cammino interno. Sono incontri con i tanti compagni di viaggio, la Chiesa ascolta si sente compagna di viaggio", con l'"ascolto" la Chiesa vuole essere "madre che vuole ripartire dal camminare insieme", per "trovare risposte a tanta sofferenza e tante domande di senso e di futuro". E tra i temi che stanno venendo fuori dall'ascolto, Zuppi ha ricordato l'abbandono degli anziani, il disagio abitativo, le fragilità giovanili, i morti sul lavoro e la violenza sulle donne, senza dimenticare le migrazioni e la tragedia delle morti in mare. "Su tutto questo - ha concluso - non dobbiamo spegnare i riflettori".




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