sabato 4 ottobre 2014
​Alle 18 la veglia di preghiera promossa dalla Cei in piazza San Pietro alla vigilia dell'apertura del Sinodo. Il cardinale: è una sfida globale, genitori e figli sono il salvagente della nazione.
LA VEGLIA Tutti dal Papa alle 18, ma si può pregare anche sui social | Il libretto della celebrazione | La preghiera in famiglia
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Stasera in piazza San Pietro con la veglia di preghiera per il Sinodo la Chiesa italiana - che l’ha convocata e la anima - indica il vero cuore del "dossier famiglia", al di là delle molte parole della vigilia. Non a caso, diocesi e parrocchie hanno aderito al segno moltiplicandolo localmente in tutto il Paese. Da Roma, dove si prepara a entrare nel Sinodo, il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco ci aiuta a mettere ordine nella vera agenda di un’assemblea mai tanto attesa.Può spiegarci, eminenza, il senso del gesto di questa sera?Pregando per il Sinodo, il popolo di Dio mostra di capire che la famiglia è il fondamento. E si impegna in un atto di fede, perché il modo migliore per aiutare qualcuno è parlarne prima con Dio e poi con gli uomini. La preghiera è un atto di vicinanza ai padri sinodali che si raduneranno attorno al Santo Padre per riflettere in modo globale sulle sfide a tutto campo che riguardano la famiglia.Quali sono i temi più urgenti che deve affrontare il Sinodo?Sono tutti urgenti: gioie e fecondità, fragilità affettive e ferite. Ma anche le difficoltà economiche e sociali, l’educazione affettiva dei figli a volte insidiata anche nelle scuole, il sostegno anche economico alla coppia...Come spiega un interesse così diffuso per questo Sinodo, anche al di fuori della Chiesa?È la prova che la famiglia è percepita da tutti - credenti e non, in qualunque area geografica - come la realtà più importante.Eppure mai come in questo periodo la famiglia è travisata da cultura, politica, mass media...Il Papa l’ha detto chiaramente: matrimonio famiglia sono realtà troppo disprezzate e maltrattate. Aggiungo che sono disprezzate sul piano culturale e maltrattate su quello sociale e politico.Colpisce la distanza tra la realtà del Paese - rete di famiglie che garantiscono vita, educazione, welfare, accoglienza... - e l’interesse dello Stato per la famiglia come soggetto di diritto. Perché continua questa radicale incomprensione?C’è qualcosa di indecifrabile: sembra che noi italiani siamo convinti che la famiglia va avanti da sola, con le sue sole forze. che, comunque, c’è la farà. Ma non è così. In questa crisi terribile la famiglia s’è mostrata come il salvagente della nazione, ma non si può pensare che se le sue riserve economiche, psicologiche e morali siano senza fine. I giovani spesso rinunciano a sposarsi per la difficoltà di avere una casa e un lavoro, per costruire un vero progetto di vita. Qui lo Stato dov’è?.Intanto, mentre si lamenta un grave deficit demografico, maturano progetti per rendere sempre più facile il divorzio, cioè lo smantellamento della famiglia...Siamo di fronte a una specie di cecità culturale. Il clima che respiriamo è quello di un assoluto individualismo libertario, per cui esisto solo io, e gli altri sono in funzione di ciò che desiderano. Questa idea finisce col rendere insopportabile ogni legame, percepito solo come un peso di cui disfarsi al più presto e il più agevolmente possibile.Come arriva all’appuntamento sinodale la Chiesa italiana?Il suo lavoro sulla famiglia è stato vasto e profondo, soprattutto dopo il Direttorio di pastorale familiare che ha ormai più di vent’anni: corsi di preparazione al matrimonio, catechesi, formazione di base su cosa significano l’amore, la coppia, la fedeltà, la fecondità... Tutto questo fa ora i conti con profondi mutamenti culturali e con un vero cambio d’epoca, che mette alla prova tutto l’impegno della comunità cristiana. La Chiesa italiana non arriva dal deserto ma da un’attenzione pastorale ricca e consolidata. Questo impegno va ora confrontato sinodalmente alla luce delle nuove spinte culturali, tenendo però conto di un aspetto che viene quasi del tutto trascurato: l’Occidente non esaurisce il mondo, le problematiche e le pressioni che lo attraversano non attanagliano allo stesso modo altre aree, dove gli stessi fenomeni sono avvertiti in modo diverso.Le nostre comunità le sembrano all’altezza dei cambiamenti che investono la famiglia?Vi è una crescente consapevolezza tra pastori, associazioni, laici. Occorre mettere a punto soluzioni sempre più efficaci. La pressione culturale sulla famiglia, con l’insistenza su forme alternative di unione, non mi sembrano un fenomeno casuale: è una strategia che mira a destabilizzare e a snaturare la famiglia - grembo della vita, prima palestra di umanità - per disgregare il primo punto di riferimento della società. Lo scopo è di rendere le persone, in primis i giovani, più sole, deboli, angosciate, smarrite, per manovrarle con comodo.Una pulsione nichilista...Si agita una bandiera che nasconde i veri intendimenti: la bandiera dell’assoluta autonomiae individuale, che slega l’individuo da ogni vincolo, consegnandolo alla solitudine. In nome dell’autonomia individuale, la società scarica chi e’ in difficoltà e lo abbandona a se stesso.Cosa può fare la Chiesa per far sentire ascoltate e accolte tutte le persone ferite, senza annacquare il messaggio cristiano sulla famiglia?Non dobbiamo dimenticare che lo stile di accoglienza e sostegno non è affatto inedito per la Chiesa, anche di quella italiana. Basti pensare al gran numero di parrocchie che articolano la presenza della Chiesa sul nostro territorio, rendendola vicina in modo capillare alle famiglie con una prossimità vera in ogni situazione della vita. Questo stile di disponibilità, in particolare nelle situazioni di crisi, fa sì che l’attenzione alle ferite sia sempre autentica.Cosa rivela secondo lei l’attenzione quasi esclusiva in questa vigilia sinodale su una questione specifica come i divorziati risposati?Da un lato si prende atto di sofferenze e del desiderio di una partecipazione attiva alla vita della comunità.Dall’altra, pesano il pregiudizio e il timore di essere discriminati tanto che le regole e le norme appaiono come qualcosa che crea diseguaglianza.Infine, c’è il solito gioco di far apparire una Chiesa divisa in fazioni, un’operazione questa realmente diabolica.Mi permetta una domanda paradossale: ma il Sinodo si occuperà anche di famiglie "normali"?Non dobbiamo dimenticare che accanto a divisioni e ferite, accolte nel grembo della Chiesa con affetto, c’è una moltitudine di famiglie unite, che sperimentano una quotidianità ordinaria, però mai priva di salite e di fatiche, perché l’amore va sempre costruito, giorno dopo giorno. Una famiglia che, con la grazia di Dio, è unita e vive i suoi anni nella fedeltà, non è mai frutto del caso, o di un colpo di fortuna: è sempre una conquista.L’assemblea che si apre è la prima tappa di un percorso biennale che prevede un secondo Sinodo sullo stesso tema, l’anno prossimo. Che messaggio legge in questa scelta del Papa?Un segno molto bello, che dice tutta la sensibilità del Santo Padre verso l’umanità in generale e la famiglia in particolare. È una chiamata a lavorare, riflettere, pregare per un tempo singolarmente lungo su una realtà che con tutta evidenza il Papa considera decisiva.Eminenza, lei vivrà il Sinodo da protagonista: cosa si attende?Ho la grazia di essere tra i padri sinodali, al pari di tutti i presidenti delle conferenze episcopali del mondo. Sarà ancora una volta un’esperienza di grazia e di cattolicità che ci metterà davanti al mondo. Un frutto sarà sicuramente una rinnovata consapevolezza dell’importanza, la bellezza e la gioia della famiglia e del matrimonio. Fare famiglia è possibile e bello con la grazia di Dio che non manca mai.
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