martedì 10 gennaio 2017
In visita a Bruxelles il presidente del Ccee ha fornito un’analisi dell'Europa, con alcune osservazioni relative al ruolo della Chiesa e dei cristiani. «Cristiani più presenti nel dibattito pubblico».
Il presidente della Cei e arcivescovo di Genova, il cardinale Angelo Bagnasco, è in questi giorni a Bruxelles, in veste di presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee).

Il presidente della Cei e arcivescovo di Genova, il cardinale Angelo Bagnasco, è in questi giorni a Bruxelles, in veste di presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee).

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L’Europa riscopra la centralità della persona umana, la politica non abbia paura della sfera religiosa, che cresce. E i cristiani siano più presenti, sappiano argomentare a favore dei valori in cui credono. L’arcivescovo di Genova e presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, lancia messaggi chiari arrivando a Bruxelles per un visita che durerà fino a venerdì, in veste anche di presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee), carica cui è stato eletto in ottobre.

«È per me la prima visita a Bruxelles. Vi trovo un’attività fervente, impegnativa e delicata. Un lavoro intenso» racconta il cardinale che domani vedrà alcuni parlamentari europei e sarà in visita anche alla sede della Commissione Europea. Serve, avverte il porporato, «un’Europa più leggera, che non vuol dire meno efficiente, ma che faccia innamorare i cittadini». Si tratta di arrivare a una «riconciliazione tra le istituzioni dell’Unione e le singole nazioni e i singoli popoli», facendo capire che «l’Europa non vuol esser matrigna, ma madre », valorizzando le singole storie ed evitando omologazioni. Soprattutto, per ripartire «l’Europa deve amare se stessa. E questo vuol dire conoscere la propria ricchezza interna. E cioè molteplicità nell’armonia, per la quale serve un principio unificante: l’Europa se l’è trovato in casa, è la centralità della persona umana che deriva dal cristianesimo. Bisognerebbe che ritornasse a questa fonte».

Soprattutto, in Europa «vi è la consapevolezza che la dimensione religiosa si allarga, si amplifica nel contesto continentale », evidenzia il cardinale. Questo «rende il fenomeno religioso sempre più meritevole di intelligenza e attenzione, anche da parte di tutte le politiche, e quindi anche dell’Ue. Per cui vorremmo aiutare e contribuire a una coscienza europea che non abbia paura di una dimensione religiosa, che non vi veda un ostacolo da guardare con sospetto, ma al contrario un’opportunità, una risorsa, per la costruzione di quello che è l’auspicio di tutti, l’Europa come casa di tutti». Certo, «è un dato di fatto» la crescente laicizzazione delle istituzioni Ue. «Nonostante questo – aggiunge Bagnasco – ho fiducia, perché l’accresciuta presenza della dimensione religiosa non può non interpellare il mondo politico. Perché se la politica ha come obiettivo la giustizia, questo comporta il bene integrale della persona e dei popoli, e questi vivono anche una dimensione religiosa. Dimensione che deve esser assunta come un dato di fatto da considerare se si vuole raggiungere l’obiettivo della giustizia».

Cruciale è il ruolo dei cristiani in Europa. Tra loro, dice il presidente del Ccee, «mi pare stia pian piano crescendo la consapevolezza di un impegno non soltanto verso l’Europa ma anche verso le rispettive società e i rispettivi paesi». Invece in precedenza, spiega il cardinale arcivescovo, vi è stata una «estraniazione » dei cristiani, ritenendo sufficiente una coerente ma silenziosa testimonianza personale. «Ciò invece non basta. È necessario portare anche un contributo di valori precisi», ribadisce. Bisogna fare di più, «soprattutto nel dibattito pubblico dovremmo essere molto più presenti. Dobbiamo abituarci a portare le ragioni dei valori che si propugnano».

Bisogna combattere «un pregiudizio», e cioè che se un cristiano parla lo faccia sempre «appellandosi al principio di autorità, di Dio», che non tutti in un pubblico agone accettano. Soprattutto, i cristiani devono saper perorare in modo razionale la validità universale dei valori in cui credono, mostrando «una capacità di approfondimento e di argomentazione che è nuova». Questo perché l’«alfabeto umano che fino a trent’anni fa era pacifico per tutti oggi non lo è più», il cardinale parla di «un cambiamento in atto» su parole chiave come vita, persona, morte, sessualità, è decaduto quello che era un consenso trasversale. «I cristiani – è il monito – hanno il compito delicato ma anche affascinante di partecipare al dibattito pubblico portando le ragioni di questi valori basici in modo da farli comprendere da chiunque. Per dirla con Habermas, conclude Bagnasco, «bisogna che il linguaggio religioso venga tradotto in termini laici».

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