mercoledì 1 settembre 2021
Nel documento che conclude la due giorni di Benevento i vescovi sollecitano «un nuovo modello di sviluppo equo e condiviso». Servono risorse per costruire una prospettiva di riscatto per il territorio
Nell'immagine tratta da google street view il tratto della statale 106 sul un ponte della fiumara Allaro nei pressi di Caulonia Marina (Reggio Calabria)

Nell'immagine tratta da google street view il tratto della statale 106 sul un ponte della fiumara Allaro nei pressi di Caulonia Marina (Reggio Calabria) - Ansa/Google Street View

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Citano don Lorenzo Milani, per lanciare un messaggio conclusivo alle loro comunità e alle istituzioni, i vescovi delle aree interne del paese, nel documento che conclude la “due giorni” di Benevento. «Non c’è nulla che sia più ingiusto quanto fare parti eguali tra diseguali», scrivono sull’esempio del priore di Barbiana, al termine dell’incontro voluto dell’arcivescovo Felice Accrocca, a cui hanno partecipato venti pastori di dieci regioni italiane, dal Piemonte alla Sicilia.

Lo intitolano “Sentinella, quanto resta della notte?”, che riprende il libro di Isaia, già citato nella prima lettera del 2019 (intitolata “Mezzanotte del Mezzogiorno?”) nella quale i vescovi della metropolia beneventana avevano sottolineato ritardi e squilibri nelle politiche economiche e sociali che si sono succedute in Campania.

Nel documento conclusivo i vescovi spiegano che hanno «ascoltato la sofferenza e le attese del popolo, dovuta al progressivo spopolamento di molti centri e all’assenza dei servizi fondamentali e condiviso il senso di frustrazione delle popolazioni e l’abbandono da parte delle istituzioni». Dopo aver «evidenziato i problemi che maggiormente accomunano le aree interne e cioè i diritti progressivamente negati: la salute, l’istruzione, il lavoro, la viabilità, l’ambiente salubre» ed essersi ritrovati come comunità cristiane, «spesso unico presidio e riferimento dei territori marginalizzati», hanno sentito «l’urgenza di contribuire al riscatto umano e sociale delle popolazioni di queste aree». Mettendo sempre al centro il Vangelo e declinandolo in modi sempre adeguati con la concretezza della realtà, così come il Papa ha suggerito nel messaggio inviato all’apertura dei lavori.

I vescovi analizzano lucidamente i problemi che li accomunano, ma non cedono il passo allo scoraggiamento. Invitano le comunità a «fare rete, uscendo dalla logica dei campanili, vivendo la fraternità e la solidarietà», perché soltanto diventando «protagonisti di una nuova stagione di sviluppo» sarà possibile un vero riscatto.

I vescovi delle aree interne riunite a Benevento

I vescovi delle aree interne riunite a Benevento - Ufficio stampa dell'incontro di Benevento

Alle istituzioni sollecitano, compatti, impegni precisi: «disegnare un nuovo modello di sviluppo, equo e condiviso, in cui le aree interne possono diventare concretamente “il polmone del Paese”», così come aveva auspicato monsignor Stefano Russo, segretario generale della Cei, nel suo intervento di apertura. E, ancora, chiedono di «offrire risorse e disponibilità per costruire intorno alle potenzialità di carattere naturale, paesaggistico, storico, religioso e culturale una vera prospettiva di riscatto».
Poi, reclamano per le loro comunità: «risorse finanziarie che contribuiscano alla realizzazione di opere fondamentali, facendo in modo che partano dalle zone più remote e raggiungano il centro». E ancora: «che i fondi europei in arrivo non vengano assaltati scompostamente, ma possano arrivare a destinazione con una distribuzione equa e trasparente». Ribadiscono la necessaria attenzione a far prevalere «la cultura delle competenze sulla prassi del ricatto elettorale e del clientelismo». Infine, la tutela dell’ambiente «spesso lasciato a se stesso nelle aree meno antropizzate» mentre occorrerebbe «ridurre i rischi di calamità naturali e produrre uno sviluppo sostenibile».

Si rivolgono, poi, direttamente alle Chiese locali che invitano a «vivere il prossimo cammino sinodale come una opportunità preziosa per ascoltare i fratelli afflitti da storiche e incalzanti difficoltà, avviando così processi che portino a una pastorale specifica con uno sguardo attento alle realtà rurali». In questo «recuperato slancio missionario ci impegniamo – affermano i vescovi – a costruire un volto di Chiesa battesimale, partecipativa, coinvolgente e coraggiosa, in cui il contributo dei laici, e delle donne in particolare, venga adeguatamente valorizzato; a costruire ponti con le istituzioni nazionali e periferiche; a collaborare con gli attori istituzionali nella Sperimentazione nazionale delle aree interne (Snai) e nella applicazione delle Zone economiche speciali (Zes)».
Ciò che preme ai pastori è instaurare una «solidarietà circolare» dove le aree interne possano «adottare soluzioni pastorali capaci di formare le coscienze a vivere questo tempo di semina, soprattutto per la drammatica pandemia in atto».

I pastori sono fiduciosi che il lavoro di questi giorni «non resterà lettera morta» e lo affidano «a quanti hanno a cuore e a quanti hanno in mano le sorti del Paese, nella consapevolezza che – concludono i vescovi – come ci ha indicato il Papa, “la carità, animata dalla speranza, sa guardare con tenerezza l’oggi e, con umiltà, rendere nuove tutte le cose”».

Da sapere - "Area interna": venti minuti dal polo più vicino

A definire un’area interna è la distanza da un Polo urbano. Cioé, come ha spiegato il sociologo dell’Università del Sannio,Francesco Vespasiano, «un comune che abbia un’offerta scolastica di livello superiore completa; n ospedale sede di D.E.A. di primo livello; una stazione ferroviaria almeno di tipo silver». Rientrano nelle aree interne i comuni che distano oltre venti minuti dal polo più vicino.

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