domenica 12 ottobre 2014
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«Uno stile pastorale segnato dall’accoglienza, capace di andare incontro alle famiglie in difficoltà, di abbracciare le situazioni più complesse, disponibile a trasformare le ferite in feritoie di luce». Imelda e Gianfelice Demarie, diocesi di Torino, responsabili nazionali di 'Incontro matrimoniale', guardano con speranza alle tante note incoraggianti in arrivo dal Sinodo. Tante le sollecitazioni in questa prima settimana di dibattito ad aprire la strada a nuove prassi pastorali. È auspicabile che – pur senza intaccare il principio dell’indissolubilità – prevalga questo atteggiamento? Sì, sarebbe davvero auspicabile. Accoglienza e misericordia dovrebbero essere lo stile di ogni cristiano. Ed è giusto che si guardi alla Chiesa come a un luogo di incontro. Nei nostri impegni pastorali noi incontriamo spesso coppie in difficoltà. E vediamo tanta sofferenza e tanto desiderio di accoglienza. Come offrire nuove occasioni di speranza alle famiglie disorientate in un clima culturale che parla di provvisorietà e di effimero? Questa è la vera battaglia del ventunesimo secolo. Ridire cioè la verità del matrimonio e della famiglia in una società che sembra pensata apposta per rendere la vita più difficile a genitori e figli. Dobbiamo confrontarci con una cultura che ti induce a non fare mai scelte definitive, dove tutto può essere prorogato ma dove, allo stesso tempo, si pretende tutto e subito. Anche nel campo degli affetti. Cosa c’è da rivedere nel nostro modo di annunciare la bellezza del matrimonio e famiglia? Il linguaggio, sicuramente. Dobbiamo puntare sulla semplicità e sull’immediatezza. Una comunicazione cuore a cuore, più che costruita su ragionamenti complessi e richiami teologicamente impegnativi. Spesso, quando nei nostri incontri pastorali con le coppie, leggiamo brani del magistero, ci guardano con un’espressione interrogativa. Qualcuno sostiene che semplificare vuol dire banalizzare Ma no, dobbiamo renderci conto che certa teologia coniugale rimane lontanissima dalla sensibilità dei nostri giovani. E questa è una distanza che va colmata. Certi discorsi proposti in modo difficile, creano distanza. Questo non vuol dire accontentarsi, ma cercare l’equilibrio giusto. Insomma, un problema di ri-evangelizzazione che è, allo stesso tempo, un problema educativo. C’è spazio per far breccia in questa spessa coltre di laicismo che sembra tanto lontana dai valori evangelici? I giovani hanno fame di valori forti. Riconoscono che la fedeltà, la stabilità, la responsabilità sono principi che fanno bene alla coppia. Ma dobbiamo imparare a spiegarlo loro in modo efficace. Nell’epoca dei tweet e di whatsapp una pastorale elitaria, almeno per quanto riguarda le modalità espressive, è destinata a non raggiungere gli scopi che ci proponiamo. Qual è la ricetta di Incontro matrimoniale per contrastare il virus dell’individualismo che rende più difficile la vita per tante famiglie? Semplicità, chiarezza, capacità di lavorare in team. Accanto alle coppie che guidano i nostri incontri c’è sempre anche un sacerdote. Matrimonio e ordine sacro sono complementari e rappresentano in reciproco arricchimento. Come responsabili nazionali siamo affiancati da don Antonio Del Mastro, parroco di San Damiano d’Asti. Insieme si cresce in umiltà a sapienza. Si impara reciprocamente il significato dello spezzare il pane, ciascuno nella propria condizione di vita. Avete accennato alla chiarezza. In questa prospettiva come conciliare la verità sui principi e l’accoglienza delle situazioni più difficili? Noi ci proponiamo di andare incontro a tutti. E sui principi mai stare sulla difensiva. Il primo momento è quello dell’ascolto, poi c’è il confronto, lo sforzo di dialogare, di comprendere le diversità in una prospettiva di crescita. Dobbiamo essere in grado di lanciare ponti tra le persone, tra le generazioni, tra le famiglie. Ma come fare nel concreto? Ci sono tante strade. Perché come famiglie non rivalutiamo la pastorale di condominio? Perché non andiamo a cercare le famiglie nei centri commerciali, al supermercato, negli altri luoghi 'laici' di aggregazione? Crediamo che in futuro la pastorale familiare si giocherà sempre più spesso fuori dagli spazi tradizionali.

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