lunedì 20 gennaio 2025
L'indagine indipendente commissionata a uno studio legale tedesco. In 60 anni sono 41 i preti accusati e 75 le vittime, molte minorenni. I dubbi su alcuni dati. Le parole di Muser
La presentazione del dossier indipendente sui casi di abusi nella diocesi di Bolzano-Bressanone

La presentazione del dossier indipendente sui casi di abusi nella diocesi di Bolzano-Bressanone - Avvenire

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Si è preso quattro giorni di tempo il vescovo di Bolzano-Bressanone, Ivo Muser, per rispondere al dossier indipendente sugli abusi dei minori avvenuti nella sua diocesi. Perché, come lui stesso ammette, ha ricevuto l’indagine di oltre 600 pagine stamani mentre si svolgeva la conferenza stampa di presentazione del documento che la diocesi ha commissionato allo studio legale Westpfahl-Spilker-Wastl di Monaco di Baviera. Una «perizia», secondo la definizione della Curia, che chiama in causa anche gli anni di Muser per presunte inadempienze in alcuni dei 24 casi passati al vaglio, cui il vescovo già replica punto per punto nel documento riconoscendo comunque «gli errori». E sono 41 i sacerdoti indicati come autori di abusi nella Chiesa altoatesina tra il 1963 e il 2023. Gli episodi inseriti nell’analisi che copre sessant’anni di vita ecclesiale sono 67, ma non significa che siano accertati. Anzi, spiega il report che «la fondatezza dell’accusa è da considerarsi dimostrata in 9 di essi, è plausibile in 44 di essi, e non è definitivamente giudicabile sulla base degli elementi disponibili in 14».


Gran parte dei fatti risale al periodo fra il 1964 e il 1979, mentre il 52% delle segnalazioni è arrivato dopo il 2010. Questo fa dire gli autori dello studio: «Prima del 2010, nel contesto della diocesi di Bolzano-Bressanone, non era individuabile un trattamento strutturato e ordinato dei casi di abuso. Solo con l’istituzione, nel 2010, del centro diocesano di ascolto fu introdotta una forma di gestione organizzata. Da quel momento in poi, e in particolare a partire dal 2018, il trattamento è andato acquisendo crescenti livelli di professionalità». Secondo l’incartamento, sono 75 le vittime di cui 16 «non ancora chiarite»: 59 erano minorenni all’epoca degli abusi; e nel 68% dei casi sono di sesso femminile. Metà dei preti accusati aveva dai 28 ai 45 anni. I casi presentati sono tutti anonimi per proteggere chi è stato al centro di violenze o molestie. Il “caso 5” riguarda un sacerdote che nei primi anni Sessanta ha compiuto un primo abuso ed è stato trasferito, poi un altro abuso ed è stato ancora trasferito. Il “caso 15” è dedicato a un presbitero che, nonostante le proteste dei fedeli, ha celebrato i funerali di un suicida che era stata una sua presunta vittima. «L’accusa più grave rivolta ai responsabili della diocesi - scrivono i curatori dell’indagine - riguarda l’ininterrotto impiego nella pastorale, talvolta senza restrizione alcuna, dei sacerdoti sospettati di abusi. Un totale di 15 sacerdoti ha continuato a prestare servizio. Per decenni pare che la direzione diocesana sia stata guidata dall’idea che il semplice trasferimento di un sacerdote fosse una risposta sufficiente alla condotta abusante».


Il dossier critica l’operato di vicari generali e vescovi, con i relativi nomi. «Negli ultimi anni attraverso il centro di ascolto diocesano e i colloqui personali con le persone colpite - afferma Muser in una prima dichiarazione - ho imparato quanto sconvolgente e distruttivo possa essere l’abuso sessuale. Penso alle molte persone che ne sono state vittime da parte di sacerdoti o altri soggetti che lavorano nella Chiesa. La loro sofferenza ci deve riempire di vergogna e ci sfida ad andare fino in fondo. Perché vogliamo che la Chiesa sia un luogo sicuro, soprattutto per i bambini, i giovani e le persone vulnerabili». Il vescovo commenterà venerdì incontrando i media l’indagine che rientra nel progetto diocesano “Il coraggio di guardare” lanciato nel novembre 2023 per fare luce sui casi del passato, rafforzare le misure di prevenzione e offrire aiuto alle persone coinvolte. Per condurre lo studio, gli avvocati di Westpfahl-Spilker-Wastl hanno sentito testimoni ed «esaminato i nostri archivi», fa sapere Muser. Sono i legali che nel 2022 avevano compiuto una ricerca analoga sull’arcidiocesi di Monaco e Frisinga in cui si segnalavano 497 vittime di abusi dal 1945 al 2019. Era la ricerca che all’allora arcivescovo Joseph Ratzinger, alla guida dell’arcidiocesi dal 1977 al 1981, imputava comportamenti da biasimare in cinque casi: episodi che Benedetto XVI “smontava” in una risposta di 82 pagine sostenendo «un notevole grado di parzialità» ma chiedendo perdono per la «grandissima colpa» degli abusi nella Chiesa. A distanza di un anno dalla pubblicazione del report, Vatican News rendeva noto che la procura bavarese aveva archiviato le indagini partite dal rapporto nelle quali rientrava pure il “periodo Ratzinger”.


Anche l’indagine di Bolzano-Bressanone non è priva di dubbi. Come mostra il “caso 16”. Si tratta di un sacerdote che il dossier annovera come colpevole, dopo essere stato arrestato con l’accusa di aver «abusato per cinque anni alla fine degli anni Ottanta» di una ragazzina. Però la Corte di Cassazione ha annullato la sua condanna per prescrizione del reato e la Congregazione per la dottrina della fede ha ritenuto che «non sia possibile individuare con certezza morale elementi che ne definiscano la colpevolezza», mentre è stato pagato un «risarcimento a sei zeri» con una procedura di conciliazione dopo la sentenza dei giudici.


La diocesi di Bolzano-Bressanone è la prima in Italia a volere un’indagine indipendente. Ma la Cei è al lavoro su un percorso simile. Si tratta di una ricerca multidisciplinare su casi accertati o presunti di abusi sessuali su minori commessi da chierici, segnalati e trattati nelle singole diocesi tra il 2001 e il 2021, come annunciato lo scorso maggio da Chiara Griffini, neo-presidente del Servizio per la tutela minori della Conferenza episcopale italiana. Lo studio pilota è svolto da due istituzioni di livello internazionale: l’Istituto degli Innocenti di Firenze e il Centro interdisciplinare di ricerca sulla vittimologia e sulla sicurezza dell’Università di Bologna. La prima fase riguarda la raccolta dei dati su un campione significativo e quella successiva la lettura di quanto emerso per «migliorare le misure di prevenzione e contrasto». Inoltre il Servizio nazionale tutela minori ha già pubblicato due rilevazioni annuali “dal basso”, in base a quanto scaturito dalle attività dei Servizi territoriali di tutela minori e adulti vulnerabili presenti nelle diocesi della Penisola: la terza rilevazione è in via di ultimazione e sarà pronta a breve.

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