mercoledì 22 gennaio 2014
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Emmaus, il movimento internazionale fondato dall’abbé Pierre, ricorda i 60 anni del famoso appello del 1° febbraio 1954, che scatenò in Francia "l’insurrezione della bontà". Nel suo Manifesto universale, Emmaus si impegna ad «agire affinché ogni persona, ogni società, ogni nazione possa vivere, affermarsi e realizzarsi nello scambio reciproco, nella reciproca partecipazione e condivisione, così come in reale pari dignità».In questo inizio di XXI secolo, viviamo tutti una crisi politica, economica, sociale e ambientale, che segna la fine di un sistema e la perdita di valori morali fondanti la nostra società. I suoi effetti sulle popolazioni più fragili sono insopportabili e intollerabili. Il 1° febbraio 1954, mentre la Francia si stava riprendendo faticosamente dalla guerra, l’abbé Pierre ha lanciato un appello per mettere al riparo dal freddo glaciale le persone costrette a dormire per strada:  «Amici miei, aiuto… Una donna è morta questa notte alle 3, di freddo, sul marciapiede di Boulevard Sébastopol, stringendo tra le mani il documento di sfratto con cui, due giorni prima, era stata messa fuori casa. Ogni notte, sono più di 2000, le persone che dormono nel freddo, in strada, senza tetto, senza cibo…»Dopo la scomparsa del fondatore del Movimento, a Emmaus è stata ribadita da tutti, insieme, la volontà di proseguire la lotta che l’abbé ha intrapreso per tutta la vita, con coraggio e tenacia. E, insieme, anche le 18 Comunità Emmaus italiane, sono impegnate da tempo a vivere con nessun’altra ambizione che essere la voce dei senza voce, nell’accoglienza e nella fraternità. La sfida dell’abbé Pierre, era e resta forte e chiara: «piuttosto che gli uomini, i miserabili in particolare, siano costretti a morire legalmente, preferiamo che vivano illegalmente!»Oggi comunitari, amici, volontari di Emmaus, continuano a condividere con l’abbé la sua indignazione riguardo alle ingiustizie e alla miseria. Dalla parte di Abele, quale che sia Caino! L’abbé Pierre non si è mai sottratto dal prendere iniziative e proteste, anche di fronte a critiche di ogni tipo. Accoglieva ogni persona come se fosse l’unica. Egli è stato sempre, soprattutto nei confronti delle persone più deboli e dimenticate, l’uomo della fedeltà. Una fedeltà che gli ha procurato dei momenti di abbandono, di isolamento, anche da parte di molti amici e che gli ha creato una grande, comprensibile, sofferenza. Una fedeltà che lo ha reso capace di mantenere e testimoniare in ambienti diversi della politica e della società, lo sguardo dei poveri. I poveri lo avevano allevato a guardare il mondo con gli occhi di Dio, che sono molto più umani dei nostri, riuscendo a orientare ogni suo incarico, anche prestigioso, alla cultura verso gli ultimi della terra, per fare della responsabilità un servizio. Di qui una nuova richiesta, un nuovo invito: «Noi, comunitari, amici, volontari di Emmaus, formati dai suoi princìpi di "Aiutare ad aiutarsi", e domandandoci sempre "E gli altri? ", lanciamo un nuovo appello! Ciò che alcuni vedono come un’utopia ha tuttavia dimostrato il suo valore in tutto il mondo.Noi, a Emmaus, siamo convinti che una società vivibile è una società che accoglie; una società in cui ognuno ha il suo posto! Da 60 anni, noi accogliamo incondizionatamente, nel pieno rispetto della libertà e della dignità dell’altro, ogni persona che si presenta.A Emmaus, "l’aiutato" diventa "l’aiutante". Sono le persone rifiutate e stigmatizzate dalla società che dimostrano di avere tutto da donare.Da 60 anni, Emmaus propone ad ogni persona accolta un accompagnamento globale (vitto e alloggio, attività…) per ritrovare dignità, autonomia e fiducia in se stessa.E sono molti, nella lunga storia del Movimento, i "compagni di Emmaus" che confessano con fierezza: "Sono arrivato a Emmaus con molti problemi: sapevo rubare, ubriacarmi, uccidere, etc. Ora posso affermare che sono, anche, capace di amare!"Da 60 anni, ormai quasi in tutto il mondo, sviluppiamo alternative economiche e sociali con i più poveri, i più isolati, i più sprovvisti, grazie ad azioni, puntuali e diverse, che si adattano ai bisogni e alle capacità della persona, e non il contrario.E se avessimo ragione a rimettere la persona umana al centro del sistema?E se avessimo ragione a dichiarare che la miseria non è una fatalità?E se avessimo ragione a voler costruire una società più solidale dove l’economia non è che un mezzo al servizio della persona umana?Resta tuttavia ancora molto da fare…Ecco perché Emmaus lancia un nuovo appello:Più saremo numerosi ad inventare insieme delle soluzioni alternative, più noi potremo continuare a fare indietreggiare non solo le conseguenze , ma anche le cause della miseria.E se, oggi, avessimo ragione ad interpellarvi affinché, a vostra volta, vi rivoltiate?E se, oggi, avessimo ragione a chiedervi di impegnarvi?Sì, insieme, per oggi e per domani, investiamo nell’umanità. Scegliamo la solidarietà, la fraternità; nessuno vuole l’elemosina! Solo se, insieme, continueremo ad inventare e ad agire, sarà possibile fare indietreggiare l’esclusione. Accettiamo, insieme, questa sfida!E se, come 60 anni fa, noi avessimo ragione a contare su di voi ?».
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