Chiese “divergenti” e giovani in calo: le sfide per la comunione anglicana
di Matteo Liut
Nuove leadership e calo nei fedeli delle nuove generazioni sono tra i fattori critici nello scenario che l'anglicanesimo sta affrontando, partendo da una storia e da una vitalità sociale che resta molto ricca

La Chiesa d’Inghilterra – il cui “supreme governor” ovvero “governatore supremo”, Carlo III, ieri ha fatto visita al Papa – appartiene alla Comunione anglicana, l’insieme delle 38 Chiese nazionali e regionali che condividono le origini nell’anglicanesimo. Oggi la Comunione – una realtà in crescita che mantiene una vitalità e una presenza sociale e culturale di rilievo in diverse nazioni – conta tra gli 85 e i 110 milioni di fedeli in tutto il mondo. In questi ultimi anni, però, si trova anche di fronte a sfide e criticità particolarmente complesse legate all’unità interna, oltre che a questioni di tipo demografico. A fare da guida spirituale, pastorale e teologica all’intera Comunione anglicana è l’arcivescovo di Canterbury, riconosciuto come “primo tra pari”.
Lo scorso 3 ottobre per la prima volta dalla separazione della Chiesa inglese da Roma nel 1534, a reggere la sede primaziale è stata chiamata una donna, Sarah Mullally. In seguito a questa nomina, lo scorso 16 ottobre è arrivata una dichiarazione da parte della Gafcon (Global Anglican Future Conference), firmata dal presidente Laurent Mbanda, primate della Chiesa anglicana del Ruanda, che rifiuta «i cosiddetti strumenti di comunione, vale a dire l’arcivescovo di Canterbury, la Conferenza di Lambeth, il Consiglio consultivo anglicano (Acc) e la Riunione dei primati, che hanno fallito nel sostenere la dottrina e la disciplina della Comunione anglicana». Una netta presa di distanza di fronte a quella che viene definita «un’agenda revisionista» indicata soprattutto nelle aperture su temi come le unioni omosessuali promosse da una parte della Comunione anglicana. In questo modo, afferma ancora la nota della Gafcon, nasce la Comunione anglicana globale i cui membri vengono invitati a non partecipare agli incontri organizzati dall’arcivescovo di Canterbury.
Essendo le comunità anglicane formate da Chiese autonome questa dichiarazione ha di fatto il valore di un invito, ma non si può non notare che alla Gafcon, organismo nato nel 2008 con la Dichiarazione di Gerusalemme, afferiscono molte delle Chiese anglicane del Sud del mondo, soprattutto dell’Africa e dell’America, ma anche dell’America del Nord e dell’Australia. Il numero di fedeli appartenenti a queste comunità rappresenterebbe, secondo le stime più prudenti, il 45% dell’intera Comunione anglicana. Ma le sfide per la Chiesa anglicana non finiscono qui: secondo un sondaggio commissionato dalla Bible Society, associazione di matrice anglicana per la diffusione della Bibbia nel mondo, realizzato in Inghilterra da YouGov e reso pubblico alcuni mesi fa, in sei anni, dal 2018 al 2024, tra i cristiani che si definiscono praticanti, gli anglicani sono passati dal 41% al 34%. E il dato più evidente è quello che riguarda i giovani praticanti dai 18 ai 34 anni: nel 2018 il 30% era anglicano, nel 2024 il dato degli anglicani si era ridotto al 20%.
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