Ma perché la Chiesa si occupa dello sviluppo dell'Intelligenza artificiale?
La domanda centrale rimane: «Come possiamo rimanere pienamente umani e orientare verso il bene il cambiamento culturale in atto?»

Mettersi nel solco del Pontefice della Rerum Novarum, di cui ieri ricorreva l’anniversario, «per rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro». Sono tra le primissime parole pronunciate da papa Leone XVI che ha così spiegato la scelta del nome e ricordato il patrimonio della dottrina sociale della Chiesa, a cui continuare ad attingere per affrontare le sfide del futuro. Su tutte le sviluppo della IA, con il «suo potenziale immenso» e la necessità di «responsabilità e discernimento per orientare gli strumenti al bene di tutti, così che possano produrre benefici per l’umanità» come sottolineato da papa Prevost nel suo primo incontro con i giornalisti di tutto il mondo.
L’esplosione dell’IA generativa negli ultimi anni, a causa anche di un concentrato sforzo di marketing globale per convincere tutti noi essa rappresenti il nostro futuro, ha spinto la Chiesa a enfatizzare il suo lavoro sull’etica come fondamento della ricerca tecnologica e le parole del nuovo Papa si inseriscono in una visione condivisa, ben racchiusa nell’ultima Nota sul rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza umana Antiqua et Nova, a firma dei dicasteri per la dottrina della fede e per la cultura e l’educazione.
La Chiesa può contribuire a tracciare la strada futura dell'intelligenza artificiale
Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale viene ancorato al primato dell’unicità e della dignità umana. Già nel 2007, papa Benedetto XVI aveva avvertito gli scienziati della Pontificia Università Lateranense che «la vita contemporanea privilegia un’intelligenza artificiale sempre più schiava delle tecniche sperimentali, dimenticando così che ogni scienza dovrebbe salvaguardare l’uomo e promuovere la sua tendenza al bene autentico». Quel richiamo sull’importanza della tecnologia a tutela dell’umanità e del bene comune è stato come una bussola, in grado di orientare, per quasi due decenni, tutti gli incontri e gli studi in Vaticano sulla tecnologia, dai big data all’IA. Dimostrando così, ancora una volta, l’intuizione della Chiesa nel camminare con l’umanità attraverso la sua cultura e i suoi cambiamenti storici: esattamente come era già avvenuto 500 anni fa, quando fu creata la prima tipografia vaticana, poco dopo la scoperta di Gutenberg o con la costruzione della Radio Vaticana da parte dell’inventore della radio, Guglielmo Marconi, nel 1931. E in tempi più recenti con la creazione del portale Vatican.va nel 1994, quando il web aveva appena iniziato ad apparire sui computer delle persone e anche allora la Chiesa cercava nuovi modi per evangelizzare e camminare con l’umanità.
Tornando alla rivoluzione dell’IA, già paragonata per l’impatto alla rivoluzione industriale di fine 800 e circoscrivendo molto l’enorme lavoro portato avanti negli ultimi decenni dalle Accademie pontificie, si possono individuare tre discorsi significativi pronunciati da papa Francesco che racchiudono tutti i temi legate all’IA. Si va dal messaggio per la giornata della pace del 2024, intitolato “Intelligenza e pace” alla riflessione per la giornata delle Comunicazioni sociali dello scorso anno - “Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: per una comunicazione pienamente umana”, con la domanda centrale che era e rimane: «Come possiamo rimanere pienamente umani e orientare verso il bene il cambiamento culturale in atto?». Terzo, e non meno importante, fu il discorso tenuto al G7 di Borgo Egnazia, dove per la prima volta fu invitato a partecipare un Pontefice. Il fil rouge dentro queste riflessioni è sicuramente la responsabilità di orientare nel suo sviluppo l’IA che laddove non perseguito con senso etico produce enormi rischi. Dalla “crescente crisi di verità nel dibattito pubblico” all’amplificazione delle disuguaglianze globali e al perpetuarsi della “cultura dello scarto”: l’IA non è una minaccia lontana come la minaccia delle armi nucleari, essa sta già trasformando attivamente la società. I Paesi del G7 a cui si è rivolto Francesco a Borgo Egnazia stanno già utilizzando soluzioni di IA che censurano, tracciano le identità e criminalizzano, e stanno già producendo armi che incorporano l’IA. Allo stesso modo, i sistemi di riconoscimento facciale attualmente utilizzati dalla polizia negli aeroporti e in molte frontiere hanno l’effetto di trasformare le persone in identità digitali, portando a falsi arresti e false identificazioni. Eppoi ci sono le allucinazioni – errori e false informazioni che i sistemi di IA presentano come vere – che continuano a persistere in tutte le soluzioni di IA generativa. E ancora, c’è l’enorme sfida dei deepfake, immagini e video generati che mostrano persone che fanno cose che non hanno fatto e che possono ledere la dignità umana. Come possono i leader mondiali iniziare a mitigare questi rischi? Di fronte alla sostituzione della creatività umana e al conseguente aumento di plagio, alla censura e alla disinformazione dobbiamo andare oltre il riconoscimento dell’ovvio, ossia del fatto che vorremmo evitare gli aspetti negativi dell’IA pur promuovendone quelli positivi. C’è sempre più bisogno di raccomandazioni concrete su come procedere verso questi obiettivi. Pur non potendo regolamentare le big tech, con la sua voce papa Francesco ci ha saputo offrire esempi di utilizzo responsabile della tecnologia e segnalato casi specifici di fallimento. Rivelandosi profetico nelle sue speranze concrete per un futuro tecnologico e spingendo al contempo per un’azione rapida e decisa. Ora dopo che sono state gettate queste basi teologiche, tantissimi studiosi e scienziati che lavorano nel campo dell’IA si aspettano che papa Leone XVI torni ad affrontare questi interrogativi in futuro, invitando governi e aziende ad agire concretamente. Così da confermare il ruolo profetico della Chiesa nelle sue visioni di speranza per il futuro, ma anche nel richiamare l’attenzione sui mali del presente.
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