Le voci degli italiani: essere buoni cristiani per migliorare la società
Parlano i ragazzi in piazza San Pietro per l'incontro degli italiani all'interno del Giubileo dei giovani. «Qui per riconnettermi con il Signore. La pace? Dobbiamo costruirla dal basso»

Quasi non se ne accorge. Lo fa istintivamente, tanta è la gioia. Mentre parla, Pietro continua a sventolare la bandiera di Modena, la sua diocesi. Intorno a lui, i giovani ballano, cantano a squarciagola e si guardano negli occhi. Forse come mai negli ultimi tempi. «Per me oggi è un giorno molto speciale - racconta provando a sovrastare con la voce quella dei 50mila italiani che hanno riempito piazza San Pietro per la Confessio fidei, arrivando con i loro vescovi -. Dopo un periodo molto difficile, qui finalmente mi posso riconnettere con il Signore. È molto catartico, mi sento libero, svuotato da ogni pesantezza». Negli ultimi mesi, dice, è stato travolto dal vortice dello studio, del lavoro e da relazioni sbagliate. La sua vita era nella più totale confusione. «Sentivo che niente aveva senso. Non sapevo che cosa fare, non riuscivo più a concentrarmi e nemmeno ad allenarmi. Oggi mi sembra di aver trovato il primo gradino di una rinascita possibile». Qual è la sua speranza? «Che tutto ciò non svanisca come una “magia” flebile. Vorrei testimoniare la mia fede e costruire la pace passo dopo passo nella vita di tutti i giorni». Per lui, significa «non essere scontrosi con il cliente che devi servire al lavoro, non rispondere male ai tuoi amici, ai tuoi fratelli, ai tuoi genitori, ed essere più caritatevoli e più rispettosi dell'ambiente». Vuol dire «guardare la vita con gratitudine».

Mentre finisce di parlare, i Neri per Caso cominciano a cantare Centro di gravità permanente. «Il mio è Cristo, senza alcun dubbio», sottolinea a gran voce Jacopo, quasi anticipando le parole del cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei e arcivescovo di Bologna. È arrivato a Roma da Biella con la sua diocesi. Vorrebbe poter descrivere le sue emozioni a chi non è potuto venire in piazza. Ha diciassette anni e fa il catechista. «Ho sempre frequentato la parrocchia. Per me è un luogo di crescita. Credo che sia una parte fondamentale della comunità educante. A noi giovani dà la possibilità di diventare delle persone migliori e dei buoni cristiani in un mondo che è sempre più difficile da vivere». A chi gli dice che le chiese si stanno svuotando risponde: «Nel nostro territorio, invece, ci sono tantissimi ragazzi che partecipano. Abbiamo bisogno di qualcosa in cui credere. La fede risponde alle nostre domande di senso, come non fa la scienza e la tecnologia». Quali sono le sue? «Sono le stesse di tutti – sottolinea -. Mi chiedo da dove veniamo, perché siamo qui, che cosa c'è dopo la morte. Secondo me, nel perdono della Chiesa tutto trova una spiegazione». Anche al centro del suo cuore, c’è la speranza della pace. «Come ha detto papa Leone, siamo il sale della terra che porterà la pace nel mondo. Ognuno deve impegnarsi nel proprio piccolo mettendosi in relazione con gli altri». E stasera, di amicizie, ne sono nate tante. Grazie a quella con il Signore, la più importante di tutte.
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