La teologa Albano: «Vi spiego perché invochiamo Maria e come ci protegge»

Giuliana Albano (Facoltà Teologica Italia Meridionale) sull'invito di Leone XIV: la donna del Magnificat mostra che la fede non è passività ma energia che trasforma. E che il bene è più forte del
August 21, 2025
La teologa Albano: «Vi spiego perché invochiamo Maria e come ci protegge»
Siciliani | La statua di Maria Regina della pace nella Basilica di Santa Maria Maggiore
«Invocare Maria come Regina della pace significa riconoscere che la vera pace inizia nel cuore umano, nella riconciliazione con Dio, e non nasce da equilibri instabili o strategie politiche». Così Giuliana Albano aiuta ad andare alla radice della proposta lanciata da Leone XIV al termine dell’udienza di mercoledì 20 agosto: «Vivere la giornata» di venerdì 22 agosto «in digiuno e in preghiera, supplicando il Signore che ci conceda pace e giustizia e che asciughi le lacrime di coloro che soffrono a causa dei conflitti armati in corso». Il 22 agosto, ha sottolineato il Pontefice, si celebra la memoria della Beata Vergine Maria Regina: da qui l’invito a chiedere la sua intercessione di «Regina della pace». Giuliana Albano, dottore in Teologia Dogmatica, è docente di Arte sacra e condirettrice della Scuola di Alta Formazione in Arte e Teologia presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale (dove ricopre anche il ruolo di segretario generale). Così, nelle riflessioni offerte ai lettori di Avvenire, teologia e arte si chiamano e intrecciano.
Professoressa Albano, che cosa significa – anzitutto – definire Maria quale “Regina”? Si tratta di un titolo forse lontano dalla sensibilità delle donne e degli uomini d’oggi...
«Il titolo di Regina attribuito a Maria non rimanda a un potere che domina o schiaccia, come spesso la nostra sensibilità contemporanea associa al termine, ma a una regalità di amore e di servizio. Maria è Regina perché ha accolto in pienezza la volontà di Dio, diventando Madre di Cristo, la sua regalità è inseparabile dalla maternità. Non è distanza, ma prossimità; non è dominio, ma cura. Dal punto di vista ecclesiologico, questo titolo esprime che Maria è icona della Chiesa: la comunità dei credenti è “regale” quando vive nell’obbedienza al Vangelo e nel dono di sé. Anche l’arte ha interpretato il titolo di Regina: pensiamo alle numerose Incoronazioni della Vergine dove la corona non segna il trionfo mondano, ma la trasfigurazione luminosa del volto materno. È immagine di una dignità che non esclude nessuno, ma indica la vocazione di ogni credente a essere trasfigurato dall’amore di Dio. Nell’arte questa regalità si esprime spesso con immagini che, pur dotate di corona, trasmettono dolcezza e protezione: un trono che diventa grembo, una corona che illumina, non separa».
E invocare Maria quale “Regina della pace”?
«Significa riconoscere che la vera pace inizia nel cuore umano, nella riconciliazione con Dio, e non nasce da equilibri instabili o strategie politiche. Come ha ricordato Leone XIV proponendo questa giornata di digiuno e preghiera, “Maria è madre dei credenti” ed “è invocata anche come Regina della pace”, alla cui intercessione affidarsi “perché i popoli trovino la via della pace”. Dandole il titolo di “Regina della pace”, la Chiesa afferma che la pace autentica è dono divino, unisce cielo e terra, trasforma i cuori. Nella catechesi pronunciata all’udienza generale, il Papa ha sottolineato che realizzare la pace è possibile anche attraverso il perdono, insegnando che “amare significa lasciare l’altro libero” e invitando a “fare tutto il possibile perché non sia il rancore a decidere il futuro”. Ecco che Maria diventa modello per la Chiesa: una comunità che promuove la pace quando è riconciliata, accogliente e perdonante. L’arte la rappresenta spesso come Regina non guerresca, ma materna: un trono che consola, una corona che è carezza, una regalità che disarma con la tenerezza».
Giuliana Albano, condirettrice della Scuola di Alta Formazione in Arte e Teologia presso la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale - .
Giuliana Albano, condirettrice della Scuola di Alta Formazione in Arte e Teologia presso la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale - .
C’è chi ritiene che pregare o digiunare per la pace e la giustizia sia inutile. O, peggio, che sia addirittura un alibi, un modo per mettersi la coscienza a posto di fronte alle tragedie e alle ingiustizie della storia. Ecco: come stanno davvero le cose, per un cristiano? E che cosa ci insegna Maria, la donna del Magnificat, il canto che pochi giorni fa – nella solennità dell’Assunzione – la liturgia ha offerto al nostro ascolto e alla nostra vita?
«Pregare e digiunare non è un alibi, ma un modo profondamente cristiano di entrare nella storia con la forza del Vangelo. La preghiera apre il cuore a Dio e cambia lo sguardo sugli altri; il digiuno libera da ciò che ci appesantisce e ci rende solidali con chi soffre. Sono gesti semplici ma veri, che rendono possibile la pace perché cominciano da noi. Maria, la donna del Magnificat, ci mostra che la fede non è passività ma energia che trasforma. Nel suo canto proclama che Dio rovescia i potenti e innalza gli umili: non rassegnazione, ma annuncio di giustizia, che nasce dalla fiducia in Dio e invita a non arrendersi al male. Ecco perché il Papa parla di una pace “disarmata e disarmante”: non costruita con le armi, ma con la forza più grande del perdono e della misericordia. È la pace di Maria, che, come Madre, ci custodisce sotto il suo manto, e ci ricorda che il bene è più forte del male. Un manto che protegge più delle armi».
Cosa suggerisce, infine, a quanti hanno sete di giustizia e di pace la Parola offerta dalla liturgia nella memoria della Beata Vergine Maria Regina?
«Un legame molto eloquente: la profezia di Isaia sul “Principe della pace” trova compimento nell’Annunciazione a Maria. La pace promessa dai profeti non è un’idea astratta, ma una persona viva che prende carne nel grembo di una donna. In Maria, la Parola diventa storia. Il suo “sì” fa nascere il Figlio che è la pace stessa di Dio donata al mondo. Per questo la pace cristiana non è semplice assenza di guerra, ma presenza di Cristo che riconcilia, perdona, guarisce le ferite. E ancora una volta l’arte ci aiuta a contemplare questo mistero: nelle tante Annunciazioni ad esempio del Beato Angelico, quello spazio silenzioso e luminoso tra l’angelo e Maria diventa simbolo del luogo interiore dove la pace scende e si fa carne. È il silenzio fecondo in cui la Parola prende dimora, ed è lì che comincia il mondo nuovo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA