La Bibbia, i giusti e i civili: se i leader di guerra attaccano il popolo
Il fuoco “sproporzionato” di Israele e Russia e i loro passi indietro nella Convenzione di Ginevra sulla protezione delle vittime
Le religioni, è andato ripetendo papa Francesco sulla scia dei suoi predecessori, non possono essere usate per giustificare la violenza e le guerre, a volte definite “sante” in modo blasfemo. Solo la pace è santa, Dio è amore, e Gesù ha insegnato a perdonare i nemici. La sopraffazione commessa in nome della fede costituisce un tradimento dei suoi autentici valori. Papa Leone ha parlato di «veemenza diabolica mai vista prima» che «sembra abbattersi sui territori dell’Oriente cristiano». Le religioni, quando autentiche, educano alla misericordia, alla fraternità e al rispetto dell’altro, non all’odio. Una visione che di certo accomuna ebraismo, cristianesimo e islam. Anche se numerosi tralignamenti hanno spesso macchiato la storia istituzionale di ciascuna di queste tradizioni.
Il punto è che gruppi di potere, ideologici o politici, spesso strumentalizzano i sistemi di credenze per i propri fini. È allora importante essere consapevoli di come le parole (la Parola) che risuonano nelle nostre chiese siano alla radice delle migliori intuizioni del diritto umanitario internazionale. Proprio domenica, il rito ambrosiano ha proposto la famosa pagina tratta da Genesi 18: «Disse allora il Signore: “Il grido contro Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!”. Quegli uomini partirono di lì e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo stava ancora davanti al Signore. Allora Abramo gli si avvicinò e gli disse: “Davvero sterminerai il giusto con l'empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Lungi da te il far morire il giusto con l'empio, così che il giusto sia trattato come l'empio; lungi da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?”. Rispose il Signore: “Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell'ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutta la città”».
Nel Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949 relativo alla protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali, approvato nel 1977, l’articolo 57 risuona della stessa assillata preoccupazione di Abramo per gli innocenti coinvolti nei conflitti. «Per quanto riguarda gli attacchi, saranno prese le seguenti precauzioni: (…) astenersi dal lanciare un attacco da cui ci si può attendere che provochi incidentalmente morti e feriti fra la popolazione civile, danni ai beni civili, o una combinazione di perdite umane e danni, che risulterebbero eccessivi rispetto al vantaggio militare concreto e diretto previsto».
Mentre ogni giorno vediamo strazianti immagini di donne, bambini, anziani che vengono uccisi nelle loro case, nelle file per il cibo, negli ospedali, nei mercati, ci interroghiamo ancora su quanti “giusti” servono perché un’azione militare non sia condotta contro le Sodoma contemporanee. La verità è che purtroppo non esiste una definizione condivisa e operativa di che cosa significhi un danno collaterale «eccessivo». Le risposte dei giuristi vanno da «scioccante per la coscienza dei» a «chiaramente irragionevole». Questa ambiguità cui sono esposti i leader e i comandanti sul campo minaccia la protezione dei non combattenti in guerra e ostacola valutazioni legali coerenti. Tuttavia, si sorvola di frequente sul fatto che Israele non ha firmato né ratificato il Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra e che la Russia, la quale ha ereditato l’adesione dall’Urss, ha approvato nel 2019 un decreto voluto da Vladimir Putin che disconosce l’articolo 90, laddove si prevede che una commissione indipendente d’inchiesta valuti le violazioni delle regole stabilite nel trattato, un pur limitato antesignano della Corte penale internazionale. Né si deve dimenticare, infine, che il diritto umanitario condanna anche l’uso dei civili come “scudi umani”, ovvero tutte le situazioni in cui si collocano armi o soldati tra la popolazione o in strutture che non sono coinvolte nel conflitto.
Mentre ogni giorno vediamo strazianti immagini di donne, bambini, anziani che vengono uccisi nelle loro case, nelle file per il cibo, negli ospedali, nei mercati, ci interroghiamo ancora su quanti “giusti” servono perché un’azione militare non sia condotta contro le Sodoma contemporanee. La verità è che purtroppo non esiste una definizione condivisa e operativa di che cosa significhi un danno collaterale «eccessivo». Le risposte dei giuristi vanno da «scioccante per la coscienza dei» a «chiaramente irragionevole». Questa ambiguità cui sono esposti i leader e i comandanti sul campo minaccia la protezione dei non combattenti in guerra e ostacola valutazioni legali coerenti. Tuttavia, si sorvola di frequente sul fatto che Israele non ha firmato né ratificato il Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra e che la Russia, la quale ha ereditato l’adesione dall’Urss, ha approvato nel 2019 un decreto voluto da Vladimir Putin che disconosce l’articolo 90, laddove si prevede che una commissione indipendente d’inchiesta valuti le violazioni delle regole stabilite nel trattato, un pur limitato antesignano della Corte penale internazionale. Né si deve dimenticare, infine, che il diritto umanitario condanna anche l’uso dei civili come “scudi umani”, ovvero tutte le situazioni in cui si collocano armi o soldati tra la popolazione o in strutture che non sono coinvolte nel conflitto.
L’implorazione di Abramo, che tocca i fondamenti della giustizia, ferma l’azione punitiva. Gli uomini, anche di fronte a norme che dovrebbero essere il segno del nostro progresso morale, continuano a ignorare l’insegnamento che dalla Bibbia grida ancora oggi nel dolore di tutti gli innocenti che finiscono sotto un fuoco “sproporzionato”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA






