La Bibbia ha ispirato i fumetti: c'è un altro “volto” dell’Annuncio
In una rapida rassegna, il teologo Brunetto Salvarani racconta come anche le storie pubblicate sui comics hanno tratto spunto dalla Bibbia: da Il Giornalino a il Vittorioso; dai Peanuts ai Simpson

Chi non conosce le strisce dei Peanuts? Perenni bambini, stanno peraltro veleggiando per i settantacinque anni (prima uscita, il 2 ottobre 1950): da tempo orfani del loro papà – Charles Schulz, geniale evangelico di taglio pentecostale, lay preacher della Chiesa di Dio – non sembrano risentire delle rughe, consuete a certe età. Anche perché ormai riconosciuti come classici, fino a meritare gustose riletture in chiave teologica, da Il Vangelo secondo Charlie Brown (era il ’65, si stava chiudendo il Vaticano II) a Le parabole secondo Snoopy e La Bibbia secondo Linus: dove si discute con competenza dell’umorismo quale strumento principe per una sana apologetica e dei comics come efficaci surrogati della predicazione.
Prendendo a riferimento per la nascita del fumetto il 1833 di Histoire de Monsieur Jabot dello svizzero Töpffer, l’uscita dei primi cartoons tratti dalla Scrittura è di un secolo dopo. Nel 1942, infatti, negli States vedono la luce le Picture Stories from the Bible, e tre anni più tardi compare in Belgio la biografia paolina Paul l’indomptable, senza balloons ma con didascalie per ogni vignetta. All’epoca, da noi, la chiesa cattolica è divisa: se in vari ambienti lo si ritiene diseducativo e fautore di stili di vita discutibili, c’è anche chi, al contrario, intuisce in quel nuovo mezzo una felice opportunità per avviare i ragazzi a valori spirituali. Si pensi a testate gloriose, dal Giornalino, fondato nel 1924 da don Alberione, al Vittorioso, nato dall’Azione Cattolica nel 1937.
Negli anni Cinquanta l’ostilità contro i fumetti rasenta toni da autentica crociata, fino a provocare interrogazioni parlamentari e disegni di legge per limitare la libertà creativa degli autori, in nome di una non meglio precisata etica pubblica. In molte chiese si espone un elenco di periodici per la gioventù corredato di giudizi morali: se rari sono quelli valutati raccomandabili, il Corriere dei Piccoli e Topolino, fra gli altri, sono da leggersi con riserva, ma in maggioranza sono gli esclusi.

Il clima del Vaticano II, aperto al dialogo con la cultura contemporanea, segnerà anche qui uno spartiacque, con un definitivo via libera al fumetto biblico e religioso. Qualche segnale. Nel Giornalino guidato da don Mastrandrea si leggono il racconto fantareligioso di Alfredo Brasioli XP l’uomo senza codice (1975) e uno straordinario Paulus (1987), ripresa fantascientifica delle vicende dell’Apostolo delle genti, per le matite di un ottimo Gianni De Luca. Sul Messaggero dei Ragazzi, è il 1982, appare una serie di storie bibliche, con i disegni di un gigante del fumetto europeo come Dino Battaglia. La trentennale collaborazione fra Il Giornalino e un altro fuoriclasse come Sergio Toppi produce, tra gli Ottanta e i Novanta, Falegname in Galilea, In quel giorno… e Un uomo chiamato Gesù. Da segnalare anche i non banali echi biblici che affiorano qui e là in testate della Bonelli come il Dylan Dog di Sclavi e il Martin Mystère di Castelli (il quale firmerà nel 2019 un’originale trasposizione a fumetti dell’Apocalisse giovannea, illustrato da Roi).
Tornando negli Stati Uniti, è doveroso citare una sit-com a cartoni universalmente nota e apprezzata da piccoli e adulti, sbarcata sul grande schermo e su carta: I Simpson, da decenni sulla breccia, che con la Bibbia fanno quotidianamente i conti, sia pure talvolta in maniera sgangherata… Si può rimanere perplessi, infatti, leggendo la sentenza fra il culinario e il sado-maso del capofamiglia Homer: “Se la Bibbia ci ha insegnato qualcosa, è che le femmine dovrebbero concentrarsi sugli sport femminili tipo la lotta libera nell’olio caldo, il ketchup eccetera eccetera!”. O l’invocazione accorata all’Altissimo del povero Ned Flanders, religiosissimo vicino dei Simpson, in preda a una crisi di sconforto mentre un uragano ne distrugge l’abitazione pur lasciando miracolosamente intatta ogni altra casa cittadina: “Perché proprio a me, Signore? Dove ho sbagliato? Sono sempre stato gentile col prossimo, non bevo, non ballo, non bestemmio! Non mangio neanche la carne di maiale per mettermi al sicuro! Ho fatto ogni cosa scritta nella Bibbia, anche tutte quelle cose che contraddicono le altre! Che altro posso fare di più?” (si noti l’allusione ai discorsi di Giobbe che protesta a Dio la propria innocenza dinanzi alle sofferenze patite).

Sia come sia, il frequente ricorso alla Scrittura da parte di Matt Groening, creatore della serie, è l’ennesima prova di come essa abbia plasmato nell’intimo la coscienza anglosassone, mentre da noi, purtroppo, resta in genere, malinconicamente, un libro assente nella formazione culturale. Alla fine, queste noterelle, certo non esaustive, dimostrano che la Bibbia non ha problemi a farsi attraversare da generi diversi, anche se – come qualcuno riteneva fino a pochi decenni fa, fino all’uscita di Apocalittici e integrati di Eco, nel ’64 – considerati minori e rivolti a un pubblico infantile. Fortunatamente, oggi non è più così. Ed è incontestabile che, sostiene un cultore come padre Stefano Gorla, già direttore del Giornalino, “come per ogni fumetto, per ogni storia narrata, anche per il fumetto biblico, ci sono lettori attenti che attendono qualcuno che narri loro una storia. Resta per tutti lo spazio bianco tra una vignetta e l’altra, spazio per pensare, per giocare la propria sensibilità, uno spazio aperto all’attribuzione di senso”.
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