«Io, padre agostiniano, vi racconto Leone XIV agostiniano, ma Papa di tutti»
di Redazione
La testimonianza di padre Pedicino che guida la Provincia agostiniana d'Italia. «Sereno e grato, ci pone di fronte all’urgenza di unità, pace, amore. E ci richiama all'importanza di annunciare Cristo»

Volto sereno e grato. Questo mi è sembrato papa Leone XIV nell’incontro che ho avuto con lui all’indomani della conclusione del Giubileo dei giovani. A poco più di cento giorni dall’inizio del suo pontificato, la serenità che si legge sul suo volto mi fa pensare a un uomo di Dio che non sta muovendo passo se non dopo averlo affidato alla Provvidenza divina. Lunedì 4 agosto era contento di come si è svolto il Giubileo dei giovani, della manifestazione di fede dei ragazzi e dell’affetto che hanno dimostrato verso la persona del Papa.
La gratitudine vince la stanchezza e questo ci mostra un Pontefice che nonostante la sua naturale riservatezza e timidezza si spinge verso tutti, cercando di avere un gesto, una parola, un saluto, uno sguardo, un sorriso per tutti. È un figlio di Agostino, ma è il Papa di tutti, e vuole essere il Papa di tutti. Ha parlato di una Chiesa che deve allargare le braccia, accogliere sempre e fino alla fine ed è proprio quello che con l’aiuto di Dio sta cercando di fare in prima persona. Ha affermato all’inizio del suo ministero che il Papa non è un condottiero solitario e questo è un tipico atteggiamento di chi, da vero agostiniano, è chiamato alla responsabilità di governare. La partecipazione, la sinodalità, la condivisione di responsabilità, chiaramente nel rispetto istituzionale, mi sembra siano lo stile che il Santo Padre vuole e sta adottando. Il suo magistero, in questi suoi primi passi, sembra ben espresso dalle parole di sant’Agostino: «è l’unità che ci compatta facendoci diventare membra di Cristo» (Commento al Vangelo di san Giovanni 27, 6). Il Papa, in ogni occasione, ci richiama all’importanza dell’unità che nasce dalla carità dei cuori. È ancora Agostino che scrive: «Ciascuno interroghi il suo cuore: se egli ama il fratello, lo Spirito di Dio rimane in lui. Esamini e metta alla prova se stesso davanti a Dio; veda se c’è in lui l’amore della pace e dell’unità, l’amore alla Chiesa diffusa in tutto il mondo. Non si limiti ad amare quel fratello che gli si trova vicino; ci sono molti nostri fratelli che non vediamo, eppure siamo a loro uniti nell’unità dello Spirito» (Commento alla Prima lettera di san Giovanni 6, 10).
Papa Leone XIV, nelle sue omelie e nei suoi messaggi, ci pone spesso di fronte a questa urgenza dell’unità, della pace, dell’amore e ci fa interrogare su quanto, come Chiesa e come singoli credenti, stiamo progredendo. Penso per esempio all’omelia in occasione della celebrazione di Pentecoste: «Lo Spirito di Dio ci fa scoprire un nuovo modo di vedere e vivere la vita: ci apre all’incontro con noi stessi oltre le maschere che indossiamo; ci conduce all’incontro con il Signore educandoci a fare esperienza della sua gioia; ci convince - secondo le stesse parole di Gesù - che solo se rimaniamo nell’amore riceviamo anche la forza di osservare la sua Parola e quindi di esserne trasformati. Apre le frontiere dentro di noi, perché la nostra vita diventi uno spazio ospitale». Sembrano ancora riecheggiare le parole del vescovo Agostino: «Amarono Dio nel fuoco della carità e da una moltitudine che erano vennero all’unità della bellezza» (Discorso 298, 4). Il Pontefice ci ha chiamato a riconoscere questo tempo come l’ora dell’amore, e citando tante volte il nostro santo padre Agostino, e molte altre volte senza farlo, ci fa capire costantemente che a parlare è un agostiniano, come nel discorso ai missionari digitali del 29 luglio 2025, quando rivolgendosi ai convenuti esclama: «Questa è la missione della Chiesa: annunciare al mondo la pace! La pace che viene dal Signore, che ha vinto la morte, che ci porta il perdono di Dio, che ci dona la vita del Padre, che ci indica la via dell’amore!». O ancora nell’udienza generale del 20 agosto, quando ha affermato: «Anche noi viviamo notti dolorose e faticose. Notti dell’anima, notti della delusione, notti in cui qualcuno ci ha ferito o tradito. In quei momenti, la tentazione è chiuderci, proteggerci, restituire il colpo. Ma il Signore ci mostra la speranza che esiste, esiste sempre un’altra via. Ci insegna che si può offrire un boccone anche a chi ci volta le spalle. Che si può rispondere con il silenzio della fiducia. E che si può andare avanti con dignità, senza rinunciare all’amore».
Questa teologia dell’amore, teologia che profuma di agostinianità e, soprattutto, di Vangelo, è il vero programma di papa Leone XIV! Certamente papa Prevost nel suo tratto umile, che lo contraddistingue, sta salendo sulle spalle di giganti come san Giovanni Paolo, come Benedetto XVI e Francesco, ma insieme ci regalerà il suo proprio, che è solo suo, che sarà solo di questo Papa, il dono ricevuto da Dio che oggi condivide con tutti.
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