«Io, cardinale ucraino, dico: basta guerra. Dal Papa ogni sforzo per la pace»

Mykola Bychok, berretta greco-cattolica in Australia e la più giovane porpora del mondo: «Leone XIV farà di tutto per far tacere le armi. Sono stato missionario in Siberia: la Russia ci perseg
August 17, 2025
«Io, cardinale ucraino, dico: basta guerra. Dal Papa ogni sforzo per la pace»
Catholicukes.au | Il cardinale Mykola Bychok durante una celebrazione con la bandiera dell'Ucraina, suo Paese d'origine
Oltre 12mila chilometri separano l’Ucraina dall’Australia. Eppure, nonostante il cardinale Mykola Bychok viva a Melbourne, ha il cuore che batte per il Paese sotto le bombe da oltre tre anni. Il suo Paese d’origine, dove è nato 45 anni fa nella città di Ternopil. La berretta più giovane del Collegio cardinalizio voluta da papa Francesco lo scorso dicembre. E del Conclave che ha eletto papa Leone. «Quando mi sono avvicinato per la prima volta a Leone XIV, mi sono presentato dicendo: “Sono il vescovo per gli ucraini in Australia. Le porto i saluti del Paese. E le assicuro le nostre preghiere”. Poi gli ho chiesto di ricordarsi l’Ucraina e di pregare per la fine della guerra», racconta ad Avvenire il vescovo greco-cattolico ucraino che guida l’eparchia dei Santi Pietro e Paolo di Melbourne. Pastore della diaspora. «Un ministero in terra straniera per coloro che hanno lasciato l’Ucraina molto tempo fa o non ci sono mai stati, e per coloro che sono arrivati qui di recente», aggiunge. E un ministero in cui la guerra è entrata con prepotenza. «Come ucraini il nostro più grande desiderio è che il conflitto si concluda al più presto e che la Russia cessi di terrorizzare il nostro popolo con missili, bombe e droni. Comprendiamo che non basta la sola aspirazione. Ognuno deve impegnarsi quotidianamente a costruire la pace. Come testimonia papa Leone». Una pausa. «Credo che il suo primo messaggio sia stato un segno potente. Ha detto: “La pace sia con tutti voi”. Siamo nell’anno del Giubileo della speranza. E il nuovo Pontefice non solo parla di speranza ma la vive. Una speranza che manifesta anche con il suo impegno per una pace giusta in Ucraina. E sono convinto che Leone XIV farà tutto il possibile per fermare le ostilità e aiutare il nostro Paese».
Leone XIV con il cardinale greco-cattolico ucraino Mykola Bychok - Catholicukes.au
Leone XIV con il cardinale greco-cattolico ucraino Mykola Bychok - Catholicukes.au
Passato e presente del porporato si intrecciano con l’“incubo” Russia: per le persecuzioni della Chiesa greco-cattolica di cui fa parte; per la nascita della sua vocazione; per la sua esperienza missionaria in Siberia; e ora per l’invasione dell’Ucraina. «Il “mondo russo” – afferma Bychok – è essenzialmente immutabile: sottomissione, distruzione, dissoluzione in esso. Questi sono i suoi obiettivi e metodi. La nostra Chiesa è sempre stata oggetto di tale distruzione, principalmente perché aveva un volto nazionale e dava al popolo un senso di dignità e la forza di resistere».
Eminenza, avverte una particolare prossimità di Leone XIV al popolo ucraino?
«Nelle ultime settimane ho avuto l’opportunità di incontrare in tre occasioni papa Leone: durante il primo incontro internazionale dei vescovi redentoristi; durante il Giubileo della Chiesa greco-cattolica ucraina a Roma; e in occasione di un’udienza con i vescovi della Chiesa greco-cattolica ucraina che partecipavano al Sinodo a Roma. Ogni volta il Pontefice ha accolto noi vescovi ucraini con calore. E la sua vicinanza alla nostra gente è cristallina. Durante l’incontro con i pellegrini ucraini nella Basilica di San Pietro, ha detto: “Condivido il vostro dolore per i prigionieri e le vittime di questa guerra insensata. Affido al Signore le vostre intenzioni, le vostre difficoltà e tragedie quotidiane e, soprattutto, il vostro desiderio di pace”. È chiaro che il Papa, come tutta la nostra nazione, voglia la pace. Fin dall’inizio dell’invasione la Santa Sede ha fatto – e continua a fare – molto per sostenere la popolazione. Questo include preghiere costanti, frequenti appelli, aiuti umanitari e molte altre azioni che rimangono sconosciute all’opinione pubblica. Papa Leone sta moltiplicando gli sforzi».
Nel suo primo messaggio dopo l’annuncio della berretta, ha ricordato che la Chiesa greco-cattolica ucraina è stata attaccata dall'Unione Sovietica.
«Sono nato e cresciuto nell’Ucraina occidentale che non era parte dell’Unione Sovietica fino al 1945. E la Chiesa greco-cattolica ucraina era la confessione prevalente. Nel 1946 le autorità sovietiche organizzarono lo “pseudo” Concilio di Leopoli e liquidarono la nostra Chiesa. Vescovi, sacerdoti e religiosi furono martirizzati con l’intento di cancellare la voce della Chiesa nella società. Al suo posto i cattolici vennero costretti a passare alla Chiesa ortodossa russa. Una Chiesa ristabilita da Stalin che era, e in larga misura è ancora, uno strumento di propaganda e controllo».
Il cardinale Mykola Bychok fra le macerie di un edificio bombardato in Ucraina durante una visita nel suo Paese d’origine - Catholicukes.au
Il cardinale Mykola Bychok fra le macerie di un edificio bombardato in Ucraina durante una visita nel suo Paese d’origine - Catholicukes.au
Lei è un redentorista. Come nasce la sua vocazione?
«Ho sentito la chiamata alla vita monastica a 15 anni mentre ero a scuola. La comunità dei redentoristi mi ha aiutato a riconoscerla. Il mio primo maestro spirituale, Mykhailo Shevchyshyn, mi ha parlato del ministero dei padri e dei fratelli nella Chiesa clandestina, della loro resilienza, del loro coraggio. E il mio secondo maestro spirituale, Volodymyr Vons, è diventato una testimonianza vivente che è possibile dedicare la propria giovane vita a Dio e al popolo.
È stato missionario in Siberia. Che cosa le ha lasciato questa sfida?
«Il periodo in Russia è stato speciale. Risale al 1947 la cosiddetta “Operazione Ovest” durante la quale molte persone, soprattutto dell’Ucraina occidentale, erano state reinsediate forzatamente in Siberia perché non erano d’accordo con il governo sovietico a causa della loro fede. Il primo sacerdote che si mise al loro servizio nel 1959 fu un redentorista: padre Vasyl Rudka. Nel 2004 ho avuto l’opportunità di svolgere il diaconato in Siberia organizzando anche campi per giovani e bambini. Nel 2005, dopo l’ordinazione sacerdotale a giugno, ho iniziato lì un’esperienza missionaria. Era necessario viaggiare costantemente per visitare la gente. I redentoristi sono stati costretti a concludere il loro impegno in Siberia nel 2014 con l’occupazione della Crimea, ossia dopo 55 anni di servizio agli ucraini. Uno dei padri che ha svolto lì il suo ministero è stato padre Bohdan Geleta, il sacerdote catturato dai russi nel novembre 2022 nella regione occupata di Zaporizhzhia che è rimasto prigioniero di Mosca più di un anno e mezzo».
Il cardinale Mykola Bychok in chiesa con la bandiera dell'Ucraina, suo Paese d'origine - Catholicukes.au
Il cardinale Mykola Bychok in chiesa con la bandiera dell'Ucraina, suo Paese d'origine - Catholicukes.au
Con padre Bohdan, è rimasto nei campi di detenzione russi anche padre Ivan Levitskyi. Redentoristi e preti della Chiesa greco-cattolica ucraina come lei. Li ha incontrati?
«Sì. Ricordo molto bene il 27 giugno 2024 quando sono stati liberati. Erano le undici di sera e abbiamo ricevuto la notizia. Da un lato, c’è stata una grande gioia perché il Signore aveva ascoltato le nostre preghiere. Dall’altra, non è mancata la preoccupazione per i troppi nostri prigionieri di guerra che ancora lottano per sopravvivere in terribili condizioni di carcerazione. Rivedendoli, ho trovato i loro volti sono diversi. Ora sorridono pochissimo ma la comunità redentorista si sta prendendo cura di entrambi».
Lei è tornato in Ucraina più volte anche durante la guerra. Il mondo sta dimenticando il dramma ucraino?
«È normale che si registri un certo oblio. Ma gli ucraini non hanno la possibilità di dimenticare il conflitto perché la Russia ce lo ricorda ogni giorno. Come pastore dico al mondo che il mio popolo continua a soffrire e che ha bisogno di sostegno da parte della comunità internazionale».
Un popolo che fa i conti con una grave crisi umanitaria.
«La Russia è in guerra non solo contro l’esercito ucraino, ma anche contro la nostra gente. E bombarda costantemente città e villaggi per causare il maggior numero di vittime civile. Oggi il nemico usa la tattica chiamata “carestia e freddo”. Dall’inizio della guerra i russi hanno esportato massicciamente grano dai territori occupati dell’Ucraina. E poi compie massicci attacchi contro le centrali elettriche che per il 90% sono distrutte. Dove i russi non sono riusciti a uccidere gli ucraini con le armi, lo stanno facendo in altri modi».
La Santa Sede fa dialogare Kiev e Mosca grazie alla diplomazia umanitaria che si concentra sullo scambio dei prigionieri di guerra e sul rimpatrio dei bambini ucraini.
«Più di 20mila ragazzini sono stati rapiti dalla Russia per essere rieducati e reinsediati. Oltre 14 milioni di persone, per lo più donne, bambini e anziani, sono state costrette a lasciare le loro case e le loro terre. Durante il Concistoro in cui sono stato creato cardinale lo scorso dicembre, ho detto a papa Francesco mentre ero inginocchiato davanti a lui: “Santo Padre, la prego di fare tutto il possibile, utilizzando tutti i mezzi di cui dispone la Santa Sede, per salvare i bambini ucraini rapiti e per farli tornare alle loro famiglie”. Papa Leone sta proseguendo questo impegno».
Il cardinale Mykola Bychok con la bandiera dell'Ucraina, suo Paese d'origine - Catholicukes.au
Il cardinale Mykola Bychok con la bandiera dell'Ucraina, suo Paese d'origine - Catholicukes.au
Lei ha denunciato che il Cremlino si serve della Chiesa ortodossa russa per scopi bellici.
«Esattamente. Il patriarca di Mosca, Kirill, ha benedetto la guerra consacrando un’icona e donandola a un generale dell’esercito russo. Guardando agli eventi attuali, possiamo affermare che prima c’è stata un'occupazione spirituale dell’Ucraina, e ora ce n’è una militare».
Si invoca una pace «giusta e duratura». Come la immagina?
«Una pace giusta non è pace a tutti i costi. Serve la verità: riconoscere chi è la vittima e chi è l’aggressore».
Nel suo motto episcopale e nel suo stemma c’è un richiamo alla Vergine. Si sente un vescovo “mariano”?
«Tutta la mia vita spirituale è segnata dalla devozione a Maria. Già la mia infanzia è stata marcata dalle apparizioni di Lourdes. Poi ci sono quelle di Fatima in cui la Vergine ha invitato a pregare per la conversione della Russia. Il suo richiamo alla preghiera del Rosario rimane attuale anche oggi. E il Rosario continua a essere un riferimento nella mia preghiera quotidiana».
Come racconterebbe la Chiesa in Australia?
«Gli immigrati costituiscono la spina dorsale della Chiesa cattolica in Australia che rappresenta un quinto della popolazione, con 5 milioni di fedeli su 25 milioni. Ci sono cinque Chiese di rito orientale: ucraina, siro-malabarese, melchita, maronita e caldea. E sono portatrici di una profonda cultura e spiritualità».
Che cosa significa essere una Chiesa della diaspora?
«In Australia o negli Stati Uniti la maggior parte delle persone viene in chiesa solo la domenica. E quindi il nostro ministero è per lo più missionario. Data la distanza tra le nostre parrocchie, dobbiamo viaggiare molto per incontrare tutti i fedeli. E cerchiamo di dare spazio ai giovani».
Nell’ultimo Sinodo è entrata anche la questione dei preti sposati. Nella Chiesa greco-cattolica ucraina i sacerdoti possono sposarsi. Il suo giudizio?
«Sebbene nella nostra Chiesa i sacerdoti possano avere una moglie, abbiamo anche sacerdoti non sposati. Ad esempio, io ho scelto di essere sacerdote nella congregazione dei redentoristi, quindi non sposato. Per ogni persona la via “buona” è diversa. Ciò che conta è un ministero che abbia al centro l’amore per Dio e per il prossimo».

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