Casa Italia: mille colori e servizi dal medico al wi-fi, al vero caffè
A Lisbona è a pieno regime il centro per i nostri connazionali

Un sole cocente ieri mattina ha accolto i pellegrini che, con il naso all’insù, guardavano ammirati gli striscioni colorati e scossi da un vento teso, appesi sulla facciata dell’istituto delle suore Dorotee, quartier generale degli italiani a Lisbona.
Primi a “bruciare il traguardo” a Casa Italia (domenica scorsa il taglio del nastro) i ragazzi di Caltagirone arrivati fin qui, in Rua de Artilharia al civico 97, a due passi dalla collina dell’incontro dove stasera si terrà la Messa d’apertura della Gmg. Hanno gustato un caffè rigorosamente italiano e scoperto che c’è la possibilità di trovare un pezzetto di casa.
L’edificio è stato “vestito” e allestito (tutti i giorni è una scuola elementare) dagli studenti dell’Accademia di arti grafiche del Patronato San Vincenzo di Bergamo, pensando proprio di esaltare al massimo la gioia dell’incontrarsi dopo gli anni bui della pandemia. Certo, gli studenti del professor Hebert Bussini non hanno risparmiato sui colori anche per creare nell’ampio giardino un percorso fatto di pannelli dove, chi vuole, può lasciare una frase o un pensiero per chi passerà nei prossimi giorni. «Le mie parole per la pace», «L’Italia che mi porto nel cuore», «Qui a casa Italia succede che…», «Un incontro speciale» sono solo alcuni degli spunti offerti dal Servizio nazionale di pastorale giovanile, ora tocca ai ragazzi lanciare il proprio personale “messaggio in bottiglia”.
«Un inizio col botto», sintetizza Sabino Paolo Sciusco, 23 anni, di Barletta, studente di ingegneria informatica e animatore a Casa Italia. «Sono alla mia prima Gmg. Mai partecipato né come pellegrino nè come volontario e devo dire che capisco quanto mi sia perso… Il clima nella squadra, composta da 15 ragazzi che hanno collaborato all’allestimento, è stato davvero bello. Nessuno si è tirato indietro davanti alla fatica».
Giovani, che sui social passano molto tempo, in questa occasione si ritrovano a ballare, cantare, suonare (sconvolgendo l’atmosfera ovattata dell’istituto), sudare e pregare, scambiandosi esperienze di fede. Su Instagram sono state postate lo loro foto mentre nei giorni scorsi si tenevano la scala a vicenda o issavano uno striscione.
Giovani, che sui social passano molto tempo, in questa occasione si ritrovano a ballare, cantare, suonare (sconvolgendo l’atmosfera ovattata dell’istituto), sudare e pregare, scambiandosi esperienze di fede. Su Instagram sono state postate lo loro foto mentre nei giorni scorsi si tenevano la scala a vicenda o issavano uno striscione.
Tra loro, in maglietta e scarpe da tennis, anche don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale di pastorale giovanile che non si è accontentato di sovrintendere ai lavori, ma da buon bergamasco, vi ha sempre preso parte.
Una “Casa” aperta dalle 9 alle 22, che è luogo dove trovare un caffè in cialde (10mila arrivate dall’Italia), la connessione Wifi gratuita, i totem dove poter leggere Avvenire e collegarsi con la Rete, un “angolo social” dove farsi un selfie con gli amici. Ma, servizi molto importanti che possono rassicurare i genitori in Italia, sono l’ufficio dell’ambasciata italiana aperto in loco per chi avesse smarrito i documenti (e in queste giornate accade) e un presidio medico coordinato dal dottor Riccardo Cazzuffi, pneumologo degli Ospedali riuniti di Padova. Un ambulatorio che può far fronte a piccole emergenze sanitarie, mentre per le cose più serie si deve ricorrere all’assistenza medica ospedaliera portoghese, basta la tessera sanitaria italiana.
Per incontri o catechesi ci sono inoltre alcune sale messe a disposizione dei gruppi e la cappella delle suore Dorotee può venire utilizzata per celebrare le Messe dei pellegrini.
Se è vero che non è mai esistita una Casa Italia uguale all’altra, l’idea di creare un luogo che fosse accogliente è nata molti anni fa. All’inizio si trattava di un centro servizi per addetti ai lavori, un po’ alla volta si è strutturata come una casa dove molte persone si incontravano.
Se è vero che non è mai esistita una Casa Italia uguale all’altra, l’idea di creare un luogo che fosse accogliente è nata molti anni fa. All’inizio si trattava di un centro servizi per addetti ai lavori, un po’ alla volta si è strutturata come una casa dove molte persone si incontravano.
Ma spesso i responsabili dei gruppi che avevano bisogno di qualche informazione o dovevano gestire un problema logistico portavano con sé i ragazzi che restavano fuori, a bivaccare sui marciapiedi. «Perché non aprirla come se fosse un cortile, un oratorio?» si sono chiesti i responsabili della pastorale giovanile nazionale. Un luogo dove fare anche una partitella a pallone, rinfrescarsi, scattarsi un selfie. Così che l’attesa non fosse un’inutile perdita di tempo, ma si traducesse in incontro.
(Ha collaborato Stefania Careddu)
(Ha collaborato Stefania Careddu)
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