L’imam di Torino è tornato libero (e al Governo la cosa non è affatto piaciuta)

di Andrea Zaghi, Torino
La Corte d’Appello ha disposto lo stop del trattenimento nel Cpr di Caltanissetta: la misura di Piantedosi arrivò dopo la frase giustificava il 7 ottobre in Israele
December 15, 2025
L’imam di Torino è tornato libero (e al Governo la cosa non è affatto piaciuta)
La comunità musulmana si riunisce dopo la notizia della scarcerazione dell'Imam della moschea di San Salvario Mohamed Shahin. Torino 15 dicembre 2025. ANSA/TINO ROMANO
Mohamed Shahin, l’imam della moschea di San Salvario a Torino, da ieri non è più trattenuto al Cpr di Caltanissetta ma potrebbe ancora essere costretto a lasciare l’Italia. Libero per i giudici, passibile di espulsione per il ministero dell’Interno. Il suo caso diventa così sempre di più politico oltre che giuridico. Shahin era stato colpito da un decreto di espulsione dopo aver dichiarato, in piazza a Torino il 9 ottobre scorso, che «personalmente sono d’accordo con quello che è successo il 7 ottobre. Noi non siamo qui per essere quella violenza, ma quello che è successo il 7 ottobre 2023 non è una violazione, non è una violenza». Il riferimento era all’attacco di Hamas avvenuto il 7 ottobre 2023 in cui morirono circa 1.200 persone e altre 250 furono rapite. L’imam, in Italia da 21 anni, aveva espresso pubblicamente l’opinione che quanto avvenuto era «una reazione» e non «una violenza». Un intervento che aveva condotto il Viminale, pochi giorni dopo, ad emettere un decreto di espulsione a suo carico per «motivi di sicurezza dello Stato e di prevenzione del terrorismo». Anzi di più, Shahin sarebbe «portatore di un’ideologia fondamentalista e di chiara matrice antisemita». Da qui, appunto la decisione di espellerlo dal Paese e di trattenerlo intanto, dal 24 novembre scorso, al Cpr di Caltanissetta.
Nei giorni immediatamente successivi al provvedimento, tuttavia, l’opinione pubblica, la politica, le associazioni si erano nettamente divise su due fronti. Per la condanna, oltre al centrodestra, si sono schierati per esempio, la Comunità ebraica torinese e il Coordinamento Interconfessionale del Piemonte. In difesa dell’imam, invece, erano scesi in piazza musulmani, movimenti cattolici e valdesi oltre che il vescovo di Pinerolo, Derio Olivero (con un video in cui Shahin viene indicato come “uomo di dialogo”), ma anche il Sermig, i garanti dei detenuti, la Rete del Dialogo cristiano-islamico e altre associazioni laiche e religiose. Poi il ricorso presentato dagli avvocati e la decisione della corte d’Appello di Torino che ha precisato come siano emerse «nuove informazioni che possano mettere in discussione la legittimità del trattenimento». Piuttosto articolate le motivazioni della decisione. La Corte, per esempio, ha sottolineato che le frasi dette dall’imam sono una «espressione di pensiero che non integra gli estremi di reato e che, quindi, sono da ritenersi pienamente lecite». Cosa diversa, occorre sottolinearlo, dall’essere d’accordo con il contenuto delle stesse. Oltre a questo, Mohamed Shahin ha sempre dimostrato «un concreto e attivo impegno» per la difesa dei valori «su cui si fonda» lo Stato italiano, «circostanza che si pone in netto contrasto con il giudizio di pericolosità». Circa i contatti ipotizzati dal ministero dell’Interno con indagati per terrorismo, i giudici torinesi hanno derubricato gli stessi ad episodi «isolati e decisamente datati».
Motivazioni che non hanno convinto per nulla il Viminale e nemmeno chi vorrebbe Mohamed Shahin fuori dall’Italia. Il ministero, quindi, ha già annunciato ricorso in Cassazione contro il provvedimento di liberazione e per ottenere comunque il rimpatrio in Egitto. In attesa dei prossimi passi della giustizia si è riaccesa la polemica politica. Per il centrodestra parla per tutti la presidente Giorgia Meloni che, a proposito della decisione del tribunale di Torino, si chiede: «Qualcuno mi può spiegare come facciamo a difendere la sicurezza degli italiani se ogni iniziativa che va in questo senso viene sistematicamente annullata da alcuni giudici?». Ancora Meloni commenta: «Parliamo di una persona che ha definito l’attacco del 7 ottobre un atto di “resistenza”, negandone la violenza. Che, dalle mie parti, significa giustificare, se non istigare, il terrorismo». Dichiarazioni ovviamente anche dal lato opposto. «Profonda gioia per la sua liberazione» ha espresso la Cgil di Torino, che ha aggiunto come la decisione sia «una vittoria per la comunità torinese e per lo stato di diritto». Ieri sera, intanto, la notizia della liberazione di Mohamed Shahin è stata accolta a Torino con una festa nel quartiere in cui è presente la moschea.

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