venerdì 20 giugno 2025
Troppi misteri sul femminicidio di Anastasia e di sua figlia Andromeda. Rexal Ford, presunto assassino e compagno della donna, aveva tre identità. Ma spuntano anche "ombre russe": 3 domande per capire
Il passaporto di Rexal Ford

Il passaporto di Rexal Ford - Ansa

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Se fosse una fiction, il giallo di Villa Pamphili si potrebbe definire intrigante. Ma il cadaverino di Andromeda Ford e di sua mamma Anastasia Trofimova sono reali e reclamano giustizia, dunque più che appassionarsi è meglio tentare di capire cosa sia accaduto nel celebre parco romano nei giorni precedenti il 7 giugno, giorno del doppio tragico ritrovamento.
Anche stavolta la cronaca, come spesso accade, ha superato la fantasia. Forse nemmeno Rexal Ford, sedicente regista e presunto assassino (su di lui grava l'accusa di duplice omicidio aggravato) avrebbe saputo scrivere una trama più complessa di quella che lo vede protagonista. Mentre lo ricercavano per tutta la capitale, dopo aver superato senza patemi ben tre controlli di polizia (un'inchiesta ministeriale sta cercando di capire come e perché), lui era già approdato in Grecia, nell’isola sperduta di Skiatos, mimetizzato tra i primi turisti. Quando la polizia locale l’ha arrestato, il mistero si è infittito, perché Ford non è chi dice di essere. Intanto vanno avanti gli accertamenti per capire come è morta la 29enne: potrebbe essere stata soffocata con un cuscino. La piccola invece è stata strangolata senza la minima pietà. Tutti i sospetti puntano sull'uomo, compagno di Anastasia e probabile padre (la certezza si avrà solo dopo la comparazione dei due dna, se e quando sarà estradato in Italia) di Andromeda.
Ma troppe cose non tornano.


Chi è davvero Rexal Ford?
Nessuno lo sa. La polizia gli ha trovato in tasca un passaporto americano. Autentico, ma con generalità fasulle. Dettaglio più unico che raro. Rexal si chiama in realtà Francis Kaufmann, ha 46 anni (non 35) e in patria ha messo in fila denunce e arresti per comportamenti violenti. La prima impressione che filtra da media (e forze dell’ordine) è scontata: uno sbandato, un ubriacone manesco che stavolta l’ha fatta grossa. Invece, con il passare delle ore, viene fuori un altro profilo. Anche in senso social, visto che su Facebook spunta “Matteo Capozzi”, la sua terza identità spesa a Malta, dove nel 2023 il nostro prende in affitto una casa da 1.100 euro al mese. Malta è un posto molto particolare: a metà tra Europa e Africa, crocevia di uomini, affari e traffici di vario tipo. Fa parte dell'Ue ma non della Nato. Un particolare non secondario, quest'ultimo, perché di fatto sull'isola le intelligence occidentali giocano in trasferta.
Poi nel marzo scorso parte all’improvviso per la Sicilia su un catamarano noleggiato. Entra in Italia inosservato, non si sa se portandosi dietro la (presunta) compagna Anastasia e la (presunta) figlia Andromeda, nata sull'isola, che avrebbe compiuto un anno a breve. Kaufmann/Ford spiega sui suoi profili di aver girato improbabili film, quindi viene bollato frettolosamente come millantatore. Poi però, colpo di scena, Open rivela che ha ricevuto 860 mila euro di finanziamento sotto forma di tax credit dal ministero dei Beni culturali nel 2020, governo Conte, ministro Dario Franceschini, per realizzare il film "Stelle della notte". Particolare inquietante, perché significa che l’americano godeva di credito, in tutti i sensi, nell’ambiente del cinema europeo. Godeva però anche di appoggi logistici, visto che nessuno ancora ha capito dove soggiornasse a Roma. In una tenda nel parco, che al mattino veniva scrupolosamente smontata, ma forse anche in appartamenti privati. Abbastanza evidente l'obiettivo di non lasciare alcuna traccia del suo passaggio, né riferimenti di alcun tipo.

I soldi di sicuro non gli mancavano: aveva tre carte di credito e dagli Usa riceveva ogni mese 6 mila euro. Glieli spediva “la mamma”, avrebbero appurato gli investigatori italiani affiancati con solerzia dall’Fbi, scesa in campo fin dall’inizio del giallo. Denaro che non esitava a spendere per pranzare in ristoranti di qualità insieme ad Anastasia. “Un profilo straordinario”, quello del cineasta giramondo Ford, riassume qualche ben informato. Anche contradditorio, certo, ma non necessariamente indole violenta e lucidità da professionista sono incompatibili. Ad esempio, “ci sono agenti super addestrati che di notte all’improvviso picchiano la moglie, magari per i traumi vissuti nelle forze speciali”. Impressioni in libertà, che però si adattano bene all’identikit del personaggio. Il quale, intanto, si è già opposto all’estradizione con questo motivo: “Gli italiani sono mafiosi”. Ma il mistero, se possibile, riguarda soprattutto Anastasia.


Chi è Anastasia?
Ventinove anni, per due settimane nessuno è riuscito a darle un nome. Ci è voluta una telefonata a Chi l’ha visto partita dalla Russia, con una donna che ha annunciato: “E’ mia figlia”. Nel frattempo ci erano arrivati anche gli inquirenti (che potrebbero decidere di sentire la signora tramite rogatoria), dopo febbrili giorni di analisi e incroci dei documenti sulla rotta Italia-Malta. Attenzione però, la chiamata non è partita da una città qualsiasi, ma da Omsk, in Siberia, sede di uno dei centri nevralgici dell’ex Kgb, ora Fsb. Quasi come dire Langley, sede della Cia in Virginia. Posti dove, in mezzo a tanta gente normale, vive e lavora una numerosa comunità di intelligence. Trofimova è il femminile di Trofimov, un cognome pesante in quegli ambienti. Nel 2005 Anatoly Trofimov, ex capo del dipartimento investigativo del Kgb, supervisore e maestro di Alexander Litvinenko (la spia dissidente avvelenata con il polonio a Londra nel 2006), fu ammazzato in piena Mosca a colpi di kalashnikov. Superfluo sottolineare che i killer sono rimasti ignoti. Difficile che Anastasia sia una sua parente, ma c’è un altro aspetto da considerare. Spesso i russi, quando scelgono identità di copertura, si richiamano a figure leggendarie del settore. Fino a prova contraria, però, Anastasia era andata a Malta a studiare inglese. Una lingua che parlava bene, forse fin troppo per una giovane russa qualsiasi. Un amico locale ha rivelato che se la cavava benissimo anche con i computer, e che operava per "una compagnia con interessi globali".

La distanza tra Villa Abamelek e la Fontana del Giglio

La distanza tra Villa Abamelek e la Fontana del Giglio - da Google Maps

La villa dei misteri
Infine, non si può tacere una coincidenza a dir poco sorprendente. I due cadaveri sono stati ritrovati vicino alla Fontana del Giglio, a meno di 1 km in linea d’aria da Villa Abamelek, storica e lussuosa residenza dell’ambasciatore russo: il parco è separato da quello di Villa Pamphili dalla via Aurelia Antica. Una magione diplomatica suggestiva e iperprotetta, su cui pesa però anche un passato opaco. Negli anni ’80 era sospettata di ospitare una centrale di ascolto delle comunicazioni politiche e militari italiane, tramite antenne collocate dal Kgb anche - altra coincidenza - in alcuni parchi romani. Una circostanza che rivelò a suo tempo Mario Scaramella, consulente della commissione Mithrokin: la storia, nota come Operazione Start, fu ricostruita nel 2016 da Domenico Quirico, firma illustre della Stampa. Ad ascoltare quel fiume di conversazioni i sovietici avevano piazzato delle giovani russe, in buona parte mogli o fidanzate del personale diplomatico. Erano note come “le ascoltatrici”.

Da allora molta acqua è passata sotto i ponti di Roma e di Mosca, ma resta quantomeno un dubbio. In una zona così sensibile della capitale, in un momento di rapporti tesi con il Cremlino, è possibile che sia passato inosservato il femminicidio di una cittadina russa e di sua figlia di un anno? Ed è davvero Ford il colpevole? Una foto ormai iconica di Chi l’ha visto ritrae i due seduti sul marciapiede, lui con il volto insanguinato, lei che lo osserva quasi compassionevole. Si era ferito barcollando, aveva spiegato alla polizia la sedicente signora Ford. Diceva il vero, in un comprensibile tentativo di scongiurare altre reazioni violente, oppure le cause erano altre? Lo potrà raccontare solo “l’americano”, se mai rimetterà piede in Italia.

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