sabato 31 agosto 2013
​Camilla Seibezzi, consigliera comunale, al primo giorno di mandato come delegata per il sindaco di Venezia ai diritti civili e alle politiche contro le discriminazioni, ha proposto di usare solo il termine "genitore" per i moduli di iscrizione agli asili. Ma il sindaco smorza la polemica.
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Le parole, specie su un atto pubblico, pesano e Camilla Seibezzi, consigliera comunale, al primo giorno di mandato come delegata per il sindaco di Venezia ai diritti civili e alle politiche contro le discriminazioni, si è trovata ieri in mezzo a una bufera scatenata dalla sua proposta di far sparire le definizioni "mamma" e "papà" dalle carte per le iscrizioni dei figli all'asilo per sostituirle con il termine "genitore". Fortunatamente il sindaco, Giorgio Orsoni, sembra intenzionato a chiudere in fretta la questione, incalzato dalla componente cattolica della sua Giunta (che comprende anche l'Udc, critica su questa iniziativa, così come lo sono ancuni consiglieri del Pd): "Proposta mai avanzata in Giunta - ha detto ieri -. Non se ne farà nulla"."Non mi sono svegliata una mattina - ha spiegato poi un po' maldestramente la delegata - con l'idea di fare la rivoluzione. Nei Paesi del Nord Europa, in Gran Bretagna, sui moduli pubblici c'è già l'indicazione genitore e non i termini mamma o papà. Sono le linee di mandato della Comunità Europea ai Paesi membri. È una questione di linguaggio. Si dà una definizione onnicomprensiva - aggiunge - che evita di dire se il bimbo ha un genitore solo o se sono entrambi dello stesso sesso. È una proposta in linea, ad esempio, con quanto avvenuto alcuni mesi fa a Padova dove a ginecologia il braccialetto al secondo genitore non riporta la dizione 'padre' ma 'partner' o nelle Università di Ca' Foscari e Padova dove è possibile il secondo libretto".Attorno alla proposta si è accesa, come era prevedibile, una polemica a livello locale. Un pollice verso è arrivato, ad esempio, da Antonio de Poli, senatore veneto dell'Udc. "Non è così che si tutelano i diritti delle minoranze. Le parole 'mamma' e 'papà' - dice - sono le più belle. Pensare che discriminino i gay offende non solo chi crede nella famiglia ma francamente chi, pur schierandosi dalla parte dei gay, ritiene la famiglia un valore fondamentale da tutelare. Anche con le parole". Non sono da escludere in futuro altri 'casi', visto che il mandato della delegata - che si definisce lei stessa un genitore "arcobaleno" -, si articolerà in altre azioni tese a decostruire quel che oggi vengono chiamati semplicisticamente "stereotipi di genere". Una riflessione, ad esempio, è in corso sull'assegnazione delle case popolari anche alle coppie non eterosessuali.Il Patriarcato di Venezia, dal canto suo, ha osservato come l'impegno per una vita buona, ispirata ai valori del Vangelo, non può prescindere dalla famiglia e dalla sua stabilità.
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