mercoledì 27 marzo 2024
Von der Leyen: «Le attività dell’account rimangono preoccupanti e deplorevoli». La presidente della Commissione Ue chiede di fare luce. Il ministro Nordio aveva indicato un nome “collegato” a Frontex
Un tweet del 2017 con cui il profilo @rgowans pubblicava una foto di personale libico addestrato in Italia

Un tweet del 2017 con cui il profilo @rgowans pubblicava una foto di personale libico addestrato in Italia - .

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«Le attività online dell’account rimangono preoccupanti e deplorevoli». Se Ursula von der Leyen arriva a usare parole come queste per un profilo twitter, il caso deve essere perfino più serio di quanto si potesse immaginare.

Il riferimento è a «@rgowans», un utente anonimo sulla piattaforma che oggi si chiama “X”, finito sotto inchiesta di almeno un paio di procure italiane e su cui non ha smesso di svolgere approfondimenti la procura di Modena, dopo una iniziale richiesta di archiviazione poi respinta dal giudice delle indagini preliminari che ha ordinato nuove investigazioni.

Perché la presidente della Commissione Ue arriva a preoccuparsi per una utenza virtuale? Negli anni, su Twitter prima e su “X” poi, il profilo ha pubblicato informazioni e documenti riservati delle autorità italiane ed europee impegnate in attività nel Mediterraneo centrale: foto dall’interno di aerei di sorveglianza, documenti del Comando delle Capitanerie di porto italiane, e soprattutto materiali di propaganda di alcune fazioni della cosiddetta guardia costiera libica. Nel mirino di @rgowans ci sono sempre le organizzazioni umanitarie, i giornalisti che realizzano inchieste, e soprattutto don Mattia Ferrari, il sacerdote della diocesi di Modena, cappellano di “Mediterranea Saving Humans”.

Uno dei post di @rgowans con cui pubblica immagini scattate da un velivolo militare di sorveglianza

Uno dei post di @rgowans con cui pubblica immagini scattate da un velivolo militare di sorveglianza - .

Ma chi è @rgowans? Sulla sua vera identità ci sono molte ipotesi, le più accreditate arrivano da alcune inchieste giornalistiche, come quella di “Jl Project”, il collettivo italiano che ha tracciato per anni le attività sui social network dell’utenza sospetta, fino a individuare un soggetto che è stato segnalato all’autorità giudiziaria. Informazioni che sembrano collimare con quanto gli investigatori vanno raccogliendo. A quanto risulta anche ad Avvenire, l’autore dei post sarebbe un dirigente di una multinazionale dell’informatica che ha ottenuto incarichi dalla vecchia gestione di Frontex, all’epoca del direttore Fabrice Leggeri, l’ex prefetto francese che ha lasciato tra polemiche e inchieste interne l’agenzia europea per la protezione dei confini e attualmente candidato alle europee con la destra di Marine Le Pen.


Un tweet del 2017 con cui il profilo @rgowans pubblicava una foto di personale libico addestrato in Italia

Un tweet del 2017 con cui il profilo @rgowans pubblicava una foto di personale libico addestrato in Italia - .

Il 23 giugno del 2023 il Guardasigilli Carlo Nordio, cui va riconosciuto d’essere stato l’unico tra i ministri degli ultimi cinque governi a parlare di «esponenti della mafia libica», riferendosi a uomini delle autorità tripoline sottoposti a sanzioni dal Consiglio di sicurezza Onu, rispondendo a un’interrogazione del segretario di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, aveva rivelato il nome di un sospettato: «Robert Brytan», scriveva il ministro. Potrebbe essere proprio lui la persona su cui gli investigatori puntano con una indagine che richiede la cooperazione internazionale. «Il profilo di identità “virtuale” Robert Brytan - spiegava Nordio - risulterebbe quello di un cittadino canadese poliglotta, con trascorsi giovanili nella guardia costiera della marina canadese, appassionato di tematiche legate alla migrazione per mare, che ha vissuto in una città della Germania orientale, che ha parenti in Polonia, che ha avuto un pregresso periodo di impiego quale assistente di un europarlamentare polacco e che attualmente lavorerebbe per una società polacca che sviluppa software».

Il 14 marzo 2024 l’eurodeputato del gruppo dei “Socialisti e democratici” Massimo Smeriglio ha depositato una nuova interrogazione alla Commissione europea, nella quale precisa che il nome indicato da Nordio risulta essere uguale a quello del direttore del data center di Asseco, società fornitrice della piattaforma software utilizzata da Frontex, come ha rivelato il consorzio di giornalismo investigativo “Occrp”, e che ha schedato centinaia di migliaia di migranti e profughi. I contratti con Frontex sono ancora attivi. Fino a questo momento l’azienda non ha risposto alle richieste di Avvenire.

La lettera con cui Ursula von der Leyen definisce 'preoccupanti e deplorevoli' le rivelazioni di documenti riservati da parta di un profilo anonimo

La lettera con cui Ursula von der Leyen definisce "preoccupanti e deplorevoli" le rivelazioni di documenti riservati da parta di un profilo anonimo - .

La presidente della Commissione Ue era intervenuta rispondendo alle richieste di un gruppo di 16 europarlamentari italiani, tra cui la vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picierno. Con una nota del 22 dicembre scorso, Von Der Leyen ribadiva che «le attività online dell’account rimangono preoccupanti e deplorevoli, quindi ho letto con soddisfazione nella vostra lettera che le autorità italiane stanno indagando sulla questione e ci aspettiamo che venga assicurato il necessario seguito». Von Der Leyen precisa anche che il profilo twitter indicato dagli interpellanti non risulta essere quello di un dipendente di Frontex. Circostanza confermata dalle diverse indagini, che tuttavia puntano su una figura collegata a Frontex ma non legata da un rapporto di impiego diretto.

Più volte, infatti, @rgowans oltre a farsi portavoce degli esponenti delle conserterie libiche che gli ispettori delle Nazioni Unite indicano come una sorta di mafia dedita al traffico di esseri umani, petrolio, droga e armi, ha interagito con Neville Gafà, ex capo dello staff dell’allora premier maltese Muscatt, indicato dalla commissione pubblica d’inchiesta di Malta come uno dei fautori della «propaganda denigratoria» che nel 2017 ha preceduto l’uccisione della giornalista maltese Daphne Caruana Galizia, che non a caso indagava sulle trame a base di idrocarburi e altri affari sporchi nel Mediterraneo centrale.



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