mercoledì 14 marzo 2018
L’arcivescovo Nosiglia ha scritto al parroco del quartiere di Cavoretto dove si vuole continuare a ospitare migranti. «Non avete dato solo un tetto»
«Torino, quel quartiere fa integrazione»
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L’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, interviene per esprimere solidarietà e vicinanza ai residenti dell’elegante quartiere di Cavoretto che hanno chiesto pubblicamente alle istituzioni di mantenere aperto il centro di accoglienza per profughi vicino alle loro case. La vicenda ha stupito non pochi per la sua originalità: il gruppo di 40 cittadini, volontari nella struttura, la scorsa settimana ha inviato una lettera al prefetto (e per conoscenza alla sindaca Chiara Appendino) per chiedere di sospendere la chiusura e di permettere che i 33 ragazzi provenienti dall’Africa e dal Pakistan possano «continuare i percorsi intrapresi, contando sul sostegno delle risorse del territorio».

L’arcivescovo, in una lettera indirizzata al parroco di Cavoretto don Maurizio De Angeli, ricorda di aver visitato il centro recentemente e ribadisce tutta la sua stima e tutto il suo apprezzamento «per come la popolazione di Cavoretto ha accolto e sta gestendo, insieme alle cooperative, la vita di questi nostri fratelli che necessitano di tante cose, ma soprattutto di amore e di relazioni ricche di umanità e di fraternità».

La scelta di chiudere il centro era stata comunicata soltanto pochi giorni dopo la visita pastorale e Nosiglia si associa alle richieste dei residenti, esortandoli a proseguire nella loro opera: «Quell’esperimento rappresenta un importante esempio di integrazione per tante altre situazioni di accoglienza presenti nella nostra città e nel territorio della diocesi. Non vi siete infatti limitati a dare a questi amici un tetto e quanto è necessario per vivere ogni giorno, ma avete promosso un percorso di efficace inclusione sociale, che ha coinvolto tanta parte della popolazione».

Il progetto di accoglienza è stato definito da molti «un modello» per il legame che si è a poco a poco creato fra ospiti e cittadini, in un processo di integrazione che ha consentito di mobilitare risorse e canali altrimenti impensabili, con una sorprendente ricaduta positiva sul quartiere stesso. Il centro è diventato un luogo di ritrovo per i residenti stessi; e spettacoli teatrali, proiezioni di film e feste sono l’appuntamento fisso del venerdì sera per tutta la comunità. Gli ospiti, a loro volta, hanno contribuito alla cura delle aree comuni e hanno seguito laboratori d’arte, di lettura, di cucina e di panificazione.

Entro fine mese tutto potrebbe concludersi: le due cooperative che gestiscono la struttura non hanno partecipato al bando prefettizio necessario per continuare l’attività e i ragazzi rischiano quindi di essere smistati negli altri centri piemontesi, ponendo fine a questa 'rinascita' del quartiere.

Una soluzione definitiva non è ancora stata trovata, ma inizia a esserci qualche speranza e si cerca un’altra cooperativa che possa operare nella stessa struttura, proseguendo il percorso di integrazione che ha dato fino ad oggi ottimi risultati. «Mi auguro e prego il Signore, difensore dei deboli e dei poveri, affinché il problema sia risolto – conclude Nosiglia – sia per il bene di questi fratelli e amici sia per quello della vostra comunità».

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