Giachetti (Iv): «Sulle carceri paralisi incomprensibile»

Il parlamentare insiste sulla sua proposta di liberazione anticipata speciale, sostenuta da La Russa ma ignorata dal centrodestra. «Dal Guardasigilli solo risposte irritanti»
July 4, 2025
Giachetti (Iv): «Sulle carceri paralisi incomprensibile»
. | Roberto Giachetti
«Come parlamentare, sono stato in visita nel penitenziario Mammagialla di Viterbo. Sa cosa ho visto? Non avendo più posto, hanno trasformato in celle alcuni uffici , che non hanno finestre e neppure il bagno. Con 40 gradi, i detenuti stanno lì dentro. E quando gli scappa di urinare, debbono farla dentro bottiglie di plastica, che poi danno alla polizia penitenziaria per farle svuotare. Ma ci rendiamo conto? Altro che attuare i precetti costituzionali, lì si sta violando la dignità umana». In un’estate rovente, forse basterebbe solo questo racconto a rendere vivido il dramma del sovraffollamento carcerario. Ma Roberto Giachetti, da 25 anni in Parlamento, membro di Italia Viva e del Partito Radicale Transnazionale, non si ferma qui. E prova per l’ennesima volta a dare una scossa alla politica che di quel dramma non riesce ancora a farsi davvero carico, nonostante la mole di retorica e di buone intenzioni.
Ormai i detenuti sono 62mila su 47mila posti effettivi, con un tasso di sovraffollamento medio oltre il 130%. Suicidi e atti di autolesionismo crescono. Perché Governo e Parlamento non intervengono?
Davvero, mi creda, non riesco a comprenderlo. Sono quasi trent’anni che frequento le carceri come visitatore. E un’emergenza così grave non si può ignorare.
Il capo dello Stato l’ha definita «insostenibile».
Le parole del presidente Mattarella non debbono lasciare nessuno indifferente, nelle istituzioni anzitutto. E una presa di posizione era arrivata pure dal presidente del Senato, Ignazio La Russa, col quale a maggio io e Rita Bernardini ci siano confrontati.
La Russa ha concordato con lei sull’urgenza di una misura anti sovraffollamento. Ma il suo appello non ha smosso molte coscienze.
Non finora, almeno. Capisco che il Governo di centrodestra viva in un paradosso: mentre le carceri scoppiano, continua a sfornare pseudo-decreti “sicurezza” che introducono nuovi reati e aggravano le pene, rischiando di affollarle ancor di più. Sul piano ideologico, la loro narrazione è questa. Tuttavia, qui non si dibatte d’indulto o di amnistia, alle quali io sarei favorevole ma di cui la maggioranza non vuole sentire parlare. Qui si discute di una proposta, la mia, nella scia della normativa Gozzini, in vigore da decenni, per consentire a chi dà prova di buona condotta di accorciare il tempo dietro le sbarre. Si chiama liberazione anticipata: per i detenuti che partecipano all’opera di rieducazione, uno sconto di pena di 45 giorni ogni sei mesi espiati. Io ho proposto di allungarlo a 75, con un calcolo di retroattività dal 2020. La Russa preferirebbe di meno, sui 60. Ma sarebbe in ogni caso uno sconto di pena aggiuntivo e temporaneo, da far scattare solo in questa fase di sovraffollamento eccessivo, non permanente.
Quanti detenuti uscirebbero?
Non è semplice ipotizzarlo, è un calcolo che dovrebbero fare i magistrati di sorveglianza. Ma se fossero alcune migliaia, potrebbero alleggerire la situazione. Nel 2013, quando la sentenza Torreggiani della Cedu sanzionò l’Italia, scattò la liberazione anticipata speciale, con una retroattività di 5 anni. Ora quelle condizioni degradanti si sono riproposte: detenuti ammassati come sardine, in dieci o in otto dentro celle da quattro. Cosa intende fare il Governo? Rivolte e gesti estremi sono quotidiani. Si vuole stare ad assistere finché la situazione non diverrà esplosiva?
Nonostante il muro di gomma, lei non si arrende. Quali saranno i suoi prossimi passi?
Abbiamo sollecitato più volte, con gli altri gruppi d’opposizione, un’informativa urgente del Guardasigilli in Parlamento sulle carceri e sulla rivolta a Marassi, dove le proteste erano scoppiate per le sevizie a un detenuto. Ma finora il ministro non si è palesato. Nell’attesa, io e la collega di Iv Maria Elena Boschi andremo in visita nel penitenziario ligure per verificare di persona.
L’ha colpita la lettera di Gianni Alemanno da Rebibbia?
Gli do atto di aver intrapreso una battaglia disinteressata, perorando la mia proposta di cui lui non potrebbe beneficiare.
Le Camere hanno approvato diversi ordini del giorno, compreso uno suo, che impegnano il Governo a intervenire. Vi è giunto un documento di risposta. Cosa dice?
Nulla di incisivo. Il piano per l’edilizia carceraria è in alto mare. E lo stesso Guardasigilli pare un disco rotto. La risposta che ha dato dopo l’appello del capo dello Stato la trovo ridicola e irritante...
Addirittura. Perché?
Parla di riforma della custodia cautelare, ma non c’è alcune proposta di legge in Parlamento. Insiste sui percorsi alternativi per detenuti tossicodipendenti, che però avrebbero bisogno di forti finanziamenti che non arrivano. E vagheggia di far scontare ai reclusi stranieri la pena nei propri Paesi. Quest’ultima suggestione la trovo una presa per i fondelli, visto che servirebbero accordi con quegli Stati, che non ci tengono affatto a riprendersi quei connazionali. Sono chiacchiere, che non risolvono nulla. La mia proposta, invece, aiuterebbe. E, non mi interessa neppure metterci il nome.
Cioè?
Se ritengono, i partiti di maggioranza e l’esecutivo possono farla loro, aggiustarla, modificarla. Basta che si sbrighino, perché ogni giorno che passa, il dramma oltre le sbarre peggiora. Ormai è un’emergenza nazionale, che non si può far finta di non vedere.
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