mercoledì 27 febbraio 2019
L’ambasciata italiana nega i permessi al 95% dei ragazzi di Togo e Ghana che vorrebbero venire da noi «Non siamo migranti, vogliamo solo studiare». La Farnesina: «Applicati criteri oggettivi»
Il Palazzo della Farnesina. Sulla vicenda dello stop ai visti, il ministero degli Esteri ha risposto spiegando di voler contrasta- re tentativi di elusione della normativa (Ansa)

Il Palazzo della Farnesina. Sulla vicenda dello stop ai visti, il ministero degli Esteri ha risposto spiegando di voler contrasta- re tentativi di elusione della normativa (Ansa)

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«L’ambasciata italiana in Ghana mi ha rifiutato il visto da studente due volte. La prima per ragioni 'finanziarie', sebbene fossi sicuro di aver soddisfatto tutte le nuove regole che richiedevano maggiori informazioni sul patrimonio dei miei genitori e di mia sorella. Per la seconda volta, invece, non mi hanno dato alcuna risposta».

Il sogno di Lawrence Kpegoh, togolese di 21 anni, è svanito lo scorso settembre. Da tempo desiderava studiare in Italia economia aziendale e aveva scelto Parma, dove risiede una cugina che lo aspettava per aiutarlo con le formalità e la ricerca di un alloggio. L’anno scorso, però, l’ambasciata d’Italia ad Accra, preoccupata di non dare visti ad aspiranti studenti africani poco meritevoli, ha imposto nuovi criteri di selezione. Da allora i cittadini ghanesi hanno registrato un radicale aumento dei visti rifiutati a chi aveva imparato la nostra lingua con la speranza di continuare gli studi nel 'bel' Paese.

«Su 1.275 richieste per studenti in Togo e Ghana (le do- mande ghanesi erano circa 800, ndr) nel 2018 – recita una nota della nostra ambasciata –, 1205 sono state negate »: il 95%. Una percentuale davvero consistente, tanto più rispetto alla media che dal 2013 al 2017 si assestava intorno al 40%. Tra le scuole di italiano maggiormente colpite dalla nuova politica di selezione c’è 'La Casa Italiana', fondata nel 2015 nella capitale togolese Lomé, a tutti gli studenti della quale per la prima volta è stato rifiutato il visto: «Il comportamento della diplomazia italiana è inaccettabile – commenta Roberta Girgenti, direttrice dell’istituto –. Il mio lavoro, come quello di altre scuole italiane, consiste nel promuovere la nostra cultura in Africa attraverso varie iniziative, tra cui l’insegnamento della lingua.

Ma l’anno scorso ci è stato impedito. Questi studenti non sono migranti pronti a partire con un barcone, ma cittadini africani che studiano per migliorare la loro vita e quella delle società in cui lavoreranno». Le nuove regole imposte dall’ambasciata lo scorso giugno sono sostanzialmente legate al patrimonio familiare. Gli studenti devono provare che loro e i membri della famiglia hanno introiti monetari regolari per mantenersi durante l’intero periodo scolastico in Italia. Inoltre la documentazione dev’essere presentata con un contributo di 50mila franchi Cfa, circa 75 euro.

«Ho dimostrato che mio padre aveva un conto corrente con 30mila euro e riceveva 300 euro al mese di pensione – spiega Lawrence –. Poi ho mostrato gli ottomila euro sul mio conto (duemila in più rispetto al minimo richiesto, ndr) e gli oltre ventimila dei conti di mia mamma e mia sorella ».

Nonostante ciò, Lawrence si è presentato due volte ad Accra per vedersi respinta la richiesta. Ma gran parte degli studenti de 'La Casa italiana' e di un’altra scuola d’italiano a Lomé, il Clirap, ha ricevuto un rifiuto con la motivazione «insufficienza di mezzi finanziari». Una fonte dell’ambasciata giustifica la politica selettiva con il radicale aumento delle domande di visto e le diverse irregolarità di cui sono stati responsabili in passato gli studenti: falsi conti bancari, borse di studio richieste solo all’arrivo in Italia, ricerca di lavoro anziché proseguimento degli studi, eccetera. I giovani africani hanno avuto invece l’impressione che le loro richieste non siano state neanche esaminate, ma «rifiutate per principio».

Per evitare le irregolarità, le scuole d’italiano in Togo hanno avanzato la proposta del 'credito rotativo': il denaro potrebbe essere bloccato in un conto italiano per tutto il soggiorno dello studente. Dopo un incontro tra Roberta Girgenti e l’ambasciatore italiano in Ghana, Giovanni Favilli, l’idea è stata però bocciata per ragioni legate ad alcune esperienze negative. Non è chiaro se la scelta di dissuadere dalle partenze sia opera della nostra ambasciata ad Accra, o della Farnesina, o faccia parte delle direttive del governo italiano. Peraltro il ministro dell’interno Matteo Salvini ha scelto proprio il Ghana per avviare una politica di 'contenimento della migrazione' che lo ha portato a visitare il Paese lo scorso novembre (ci tornerà il mese prossimo).

Avvenire ne ha chiesto conto alla Farnesina, che in una nota fa sapere che l’ambasciata d’Italia ad Accra «ha applicato oggettivi criteri di controllo volti a contrastare tentativi di elusione della normativa. Ovviamente l’azione dell’ambasciata si pone sempre in linea con l’obiettivo di favorire la mobilità internazionale giovanile e contribuire all’internazionalizzazione del sistema italiano di istruzione superiore ». Lawrence, come altri suoi coetanei, è comunque determinato: «Voglio riprovare a chiedere il visto anche quest’anno – afferma lo studente –. Un’esperienza di studio in Italia potrà essere molto utile allo sviluppo del mio Paese'.

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