sabato 31 agosto 2013
COMMENTA E CONDIVIDI
Comunque la si pensi, quella di Claudio Abbado - il direttore d’orchestra milanese, che lo scorso 26 giugno ha tagliato il traguardo degli ottant’anni - è indubbiamente anche una nomina per certi versi politica. Non ci sono dubbi che il musicista - nato e cresciuto a Milano in una famiglia di musicisti, ora vive a Bologna - abbia davvero, come dice la Costituzione, «illustrato la Patria per altissimi meriti»: direttore musicale del Teatro alla Scala dal 1968 al 1986, direttore artistico della Staatsoper di Vienna sino al 1991, guida dei Berliner philharmoniker dal 1989 al 2002, fondatore di orchestre come la Filarmonica della Scala, la Mahler chamber orchestra e la Lucerne festival orchestra (proprio in questi giorni Abbado è impegnato sul podio della cittadina svizzera).
Ma non si può negare che il maestro sia il nostro artista classico più politicamente schierato. Negli anni Settanta, con gli amici Maurizio Pollini e Luigi Nono, decise di «democratizzare la musica» portandola nelle fabbriche milanesi in mezzo agli operai, al tempo un gesto forte per dire che «la cultura non è solo per pochi». Da anni, invece, Abbado è impegnato nel Venezuela di Hugo Chavez, a disposizione dei ragazzi che il Sistema Abreu strappa dalla strada e da una vita sicuramente segnata dalla violenza offrendo loro una possibilità di riscatto attraverso la musica.
Nel 2003, in occasione di un premio ritirato a Tokyo, tuonò: «Arrivano al potere persone ignoranti, che ci raccontano cose alle quali finiamo per credere, come quella della guerra umanitaria». E non ebbe timore a dire la sua sul governo italiano di allora. Citò lo scrittore tedesco Peter Schneider: «È compatibile che nella parte più antica e nel cuore culturale del continente europeo ci sia un uomo che controlla l’80% per cento dei mezzi di informazione e che per di più quest’uomo sia il primo ministro?», disse riferendosi esplicitamente a Silvio Berlusconi e a un esecutivo dove, sempre parole di Abbado, «abbiamo ministri che non conoscono la ricchezza delle culture in Italia e fuori dall’Italia».
I tagli alla cultura sono stati da sempre un bersaglio di Abbado: «L’educazione e la formazione dei giovani sono valori da salvaguardare strenuamente». E, altro gesto politico, per dimostrare la sua vicinanza ai lavoratori del Maggio musicale sull’orlo del baratro, la scorsa primavera ha deciso di dirigere gratuitamente.
Suona paradossale che, proprio mentre Napolitano comunicava la nomina a senatore a vita di Abbado, l’Orchestra Mozart di Bologna, compagine fondata dal musicista milanese nel 2004, annunciava la cancellazione dei concerti già previsti sino a dicembre «per la mancanza di fondi dovuta alla crisi che colpisce l’economia in generale e con particolare durezza il settore culturale».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: