mercoledì 18 maggio 2022
Domenico Mantoan, direttore generale dell'organo tecnico-scientifico del Servizio sanitario nazionale, spiega cosa potrebbe cambiare nei prossimi anni
«Sanità territoriale, ecco come saranno usati i fondi del Pnrr»

Ansa

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Uno dei banchi di prova del Pnrr sarà la sanità territoriale, che sarà riorganizzata intorno agli ospedali di comunità, alle case delle comunità e alle centrali operative territoriali. I primi sono strutture in cui vengono seguiti i pazienti affetti da patologie cronico-degenerative, che non necessitano del ricovero ospedaliero per acuti ma non possono vedere risolti i loro problemi di salute in ambito domiciliare o presso una Rsa. Ne esistono già 3.300 e il Pnrr ne realizzerà altri 400. Le case della comunità sono invece strutture polivalenti che erogano in uno stesso spazio l’insieme delle prestazioni socio-sanitarie, favorendo l’integrazione dei livelli essenziali delle prestazioni sociosanitarie. All’interno della struttura trova collocazione una equipe multiprofessionale che comprende anche i medici di Medicina generale; è garantita la continuità assistenziale 7 giorni su 7 e per 24 ore. Con il Pnrr ne nasceranno 1.350, oltre alle 493 case della salute già attive. Le Cot sono invece delle strutture che coordinano i servizi sanitari del territorio, sociosanitari e ospedalieri, nonché la rete di emergenza e urgenza. Con il Pnrr nasceranno 600 nuove centrali.

L’Agenas è l’organo tecnico-scientifico del Servizio sanitario nazionale e il suo direttore generale, Domenico Mantoan, è uno dei massimi esperti di ciò che sta nascendo nella sanità territoriale, che assorbirà circa la metà degli investimenti previsti dal Pnrr per la salute: 15,63 miliardi, sette dei quali ricadranno appunto sui territori, mentre il resto sarà investito in innovazione del Ssn.

Avete appena effettuato un’analisi comparativa dei modelli organizzativi dell’assistenza primaria in sei Paesi europei. Cosa emerge?

L’importanza di un approccio basato su un’assistenza sanitaria di base ben strutturata è emersa in modo chiave durante la pandemia in corso, la quale ha ulteriormente dimostrato che la presenza di un’assistenza territoriale capillare costituisce il vero pun- to di forza dei sistemi sanitari dei Paesi occidentali. Dallo studio emerge come al fine di garantire un’adeguata presa in carico delle comunità di riferimento, sebbene con modalità non sempre sovrapponibili, i vari Paesi hanno sviluppato modelli organizzativi che si basano su equipe multidisciplinari, in cui operano più figure professionali sanitarie e sociosanitari (medico di medicina generale, specialisti, infermieri, assistenti sociali, ecc...), per garantire una capillare distribuzione dei servizi sul territorio di riferimento, condividendo informazioni tra tutti i professionisti coinvolti nell’assistenza nei diversi setting oltre che seguire il percorso di cura del-l’assistito, anche attraverso strumenti innovativi di telemonitoraggio e telemedicina.

Lei ha definito il Pnrr «un’opportunità fondamentale» e ha parlato in particolare delle Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale, affermando che «sono destinati a rafforzare i servizi sanitari territoriali, attraverso un approccio multidisciplinare e su più livelli, dalla creazione di strutture e presidi destinati alla definizione della rete territoriale, al rafforzamento dell’assistenza domiciliare, puntando anche su una più efficace integrazione tra servizi sanitari e sociosanitari...». Guardando alla debacle della sanità territoriale durante l’emergenza pandemica, non crede di essere troppo ottimista?

Direi realista più che ottimista. Dobbiamo fare tesoro dell’esperienza maturata in emergenza pandemica e adottare i correttivi necessari al fine di soddisfare i bisogni di cura dei cittadini in modo omogeneo su tutti il territorio nazionale. Il Pnrr ha messo a disposizione risorse importanti. Ora spetta a noi utilizzarle al meglio. Da questo punto di vista le Regioni hanno presentato dei piani di implementazione delle strutture e a breve saranno siglati con il ministero della Salute dei veri e propri contratti, chiamati contratti istituzionali di sviluppo, dove le parti in causa si impegnano a rispettare le milestone, i target e le ulteriori condizionalità stabiliti nell’ambito del Pnrr.

Alle spalle del Pnrr c’è una lunga stagione di tagli e standard, che hanno ispirato i Lea. Cosa sarà di tutto ciò che è stato?

Mi piace ricordare che il nostro Servizio sanitario nazionale era ed è uno dei migliori al mondo. Questo non significa che non ci siano aspetti critici sui quali lavorare, ma attenzione alle eccessive semplificazioni. L’Agenzia che dirigo si configura come organo tecnico-scientifico che svolge attività di ricerca e di supporto nei confronti del ministro della Salute, delle Regioni e delle Province Autonome di Trento e Bolzano. Lavoriamo tutti i giorni per espletare questo compito al fine di evidenziare le migliori esperienze e le buone pratiche da implementare poi nei vari territori. L’analisi comparativa sull’assistenza primaria ne è un esempio.

Gli investimenti del Piano appesantiranno la spesa corrente e in un Comune su due potrebbero mancare i soldi per far funzionare ciò che sarà costruito. Può succedere anche negli ospedali?

Direi proprio di no. Il Pnrr assegna risorse dedicate (1 miliardo) alla realizzazione degli ospedali di comunità. Ne sono previsti 400 distribuiti su tutto il territorio nazionale, ma le posso anticipare che più di una Regione ne ha previsti anche in numero superiore a quelli previsti. Aggiungo che sempre nel Pnrr sono previsti oltre 7 miliardi per l’ammodernamento tecnologico e digitale delle infrastrutture.

Il Pnrr sanitario ha fame di personale. Come pensa che si possa ovviare alla carenza di medici?

Intanto mi faccia dire che nella Legge di Bilancio per il 2022 il Parlamento si è operato per ampliare la capacità di spesa per il personale che sarà occupato all’interno delle strutture dell’assistenza territoriale previste nel Pnrr. Detto ciò, lo stesso provvedimento prevede l’adozione di una metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale degli enti del Ssn. E spetta proprio ad Agenas fare la proposta al ministero della Salute per la successiva condivisione con il ministero dell’Economia e delle Finanze e con la Conferenza Stato-Regioni. Se qualcuno pensa che si tratta solo di provvedimenti sulla carta, sappia che proprio in questi giorni è in corso di approvazione il documento di riforma con cui si definiscono i modelli e gli standard per lo sviluppo dell’Assistenza territoriale, che individuano i fabbisogni minimi di personale introducendo in modo strutturale nel servizio sanitario anche “nuove” figure professionali (infermiere di famiglia e di comunità).

Commentando l’utilizzo dei fondi che saranno investiti complessivamente nella sanità, l’ospedalità privata ha detto che il Pnrr può trasformarsi in «un’occasione perduta » senza una «programmazione di spesa e strategia complessiva». Sotto accusa ci sarebbe la mancanza di «finanziamenti per l’assunzione di nuovo personale e per la riorganizzazione del settore della prevenzione». Inoltre «non si tiene conto che la sanità privata, che sia con le case di cura post acuzie e di lungodegenza, sia con le Rsa, ben potrebbe contribuire a garantire il percorso del cittadino paziente dall’ospedale al domicilio ». Cosa ne pensa?

Penso che ci sia lo spazio per una collaborazione tra i vari enti erogatori di servizi. L’organizzazione dei servizi spetta ai singoli territori, ma in alcuni contesti ci sono reti di servizi che vedono già la collaborazione di soggetti pubblico/ privato dare buoni risultati. Non dobbiamo mai dimenticarci che la missione che ministero della Salute, Agenzia e Regioni hanno è quella di soddisfare i bisogni di salute della popolazione in modo omogeno su tutto il territorio nazionale.

Una volta realizzate, queste strutture avranno le risorse per funzionare?

In piena emergenza la Conferenza Stato-Regioni ha siglato l’Intesa per le indicazioni nazionali per le erogazioni di prestazioni in telemedicina. Dobbiamo mettere a fattor comune le opportunità che le nuove tecnologie mettono già oggi a disposizione non solo nell’ambito della presa in carico dei cittadini, ma anche in termini di allocazione efficace delle risorse.

Si parla molto di nuove tecnologie: qual è il ruolo dell’Agenzia?

Proprio recentemente il Parlamento ha adottato importanti provvedimenti in materia di governo della sanità digitale. In particolare oltre ai compiti già previsti, Agenas assume anche il ruolo di Agenzia per la sanità digitale, assicurando il potenziamento della digitalizzazione dei servizi e dei processi in sanità. A tutto ciò si aggiunga l’importante ruolo che l’Agenzia sta portando avanti, insieme al ministero della Salute e al ministro per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale, rispetto alla progettazione, realizzazione e gestione dei Servizi abilitanti della Piattaforma nazionale di telemedicina. Insomma, siamo impegnati per dare il nostro supporto a tutti gli operatori, che quotidianamente si prendono cura dei nostri cari. Sono certo che insieme potremo mettere a disposizione i servizi che i nostri cittadini/pazienti meritano.

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