venerdì 14 settembre 2018
Il Nord ricco vede crescere le disparità sociali Il Sud fragile è terra per le forze anti-sistema
(Fotogramma)

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Le Italie non sono più 3, ormai sono 5. Almeno così emerge da una ricerca dell’Iref presentata ieri a Trieste, in apertura del 51esimo incontro nazionale di studi delle Acli, che disegna le fratture socio-economiche che hanno portato alle scelte elettorali del 4 marzo. Il Paese si divide tra centro e periferie esistenziali. Centrosinistra e Forza Italia sono diventati i partiti della borghesia, delle élite urbane, laiche, liberali; che abitano il centro di Roma e Milano, simboli di politica e finanza. Nel Nord emergono tre aree: i 'Poli dinamici' (Milano, l’Emilia Romagna e Roma), 9 province caratterizzate da una continua espansione con crescita asimmetrica e allarme sicurezza, ma dove i migranti non confliggono con i nativi; le 13 province centro-settentrionali (Valle d’Aosta, Firenze, e Siena e il Nordest) dette 'Comunità prospere' trainate dall’export, nelle quali si riscontra un equilibrio sociale e, perciò, benessere diffuso e più volontariato. Ma dove l’Iref non riesce spiegare il successo della Lega sovranista e anti immigrati; i 40 'Territori industriosi', disseminati a macchia di leopardo nelle regioni del Nord dove resistono le attività manifatturiere tradizionali del made in Italy, piccole e medie imprese a elevata specializzazione collegate in un’unica filiera, ma con una crescita delle disuguaglianze sociali.

Poi le due Italie in piena crisi. Nelle 'Province depresse', convergono le aree sarde e lucane, Lecce e Ragusa, la totalità delle province molisane e abruzzesi, le province laziali di Latina, Rieti, Viterbo e Frosinone, oltre a due realtà isolate che si affacciano sull’alto Tirreno, Imperia e Massa Carrara, e a Terni in Umbria. Il filo rosso che unisce questi luoghi è il lento declino o una stasi nei principali parametri economici e sociali.

Più ampia la faglia che divide il quinto gruppo dalle altre aree del Paese. Il 'Sud fragile' identifica le province calabresi e campane, siciliane e pugliesi. È l’area depressa più grande d’Europa, da cui i cittadini (soprattutto giovani) emigrano al ritmo di circa 100mila unità l’anno. I circa 16 milioni di italiani che risiedono qui sono afflitti anche da furti (più del doppio rispetto alla media italiana) dall’azzardo e da problemi ambientali. La morsa della malavita opprime infine la stragrande maggioranza di persone oneste. «ll bipolarismo classico – commenta Iref – contiene la perdita dove c’è ricchezza economica, inclusione sociale e benessere, e a fronte di province benestanti in mano al centro-sinistra, vi sono province benestanti in mano al centro-destra. Laddo- ve invece più alta è la presenza dei fuori-sistema o di coloro che rischiano di uscirne, le dinamiche politiche si fanno più competitive nella direzione del successo dei partiti che meglio hanno saputo interpretare il malessere popolare, ovvero M5s e Lega: gli uni brandendo il vessillo del reddito di cittadinanza e delle politiche di inclusione; gli altri il tema dell’immigrazione». La presentazione del rapporto Iref di fatto ha segnato l’avvio della tre giorni aclista. Le Acli ripartono da Trieste per tante ragioni. Perché qui tra nemmeno due mesi si celebrerà il centenario della vittoria nella prima guerra mondiale. E qui si ricorda un pezzo del ’68 dei cattolici dato che vi nacque 100 anni fa il leader aclista Livio Labor, che volle rompere il collateralismo con la Dc dando vita all’Mpl. A portare le Acli a organizzare la tre giorni del 51esimo incontro nazionale di studi nazionale di studi in questo angolo d’Italia in fondo a destra della cartina è anche la suggestione della città multietnica con le sue sofferenze. A Trieste, che accolse i profughi istriani e dalmati, sono state sperimentate le leggi razziali fasciste contro gli sloveni già negli anni ’20. Questo porta il vicario della diocesi Ettore Malnati, molto attento ai problemi della disoccupazione in quanto cappellano di fabbrica e figlio di metalmeccanico, a dire un secco 'no' al raduno di Casapound previsto in città il prossimo 3 novembre, festa patronale di san Giusto e vigilia dell’anniversario della vittoria. «Trieste deve dire no al raduno dei fascisti, è un’offesa alla città». Il presidente Roberto Rossini colloca subito le Acli: «Nella lotta tra ponti e muri, noi stiamo sui ponti». Rossini, nell’Italia divisa dopo il voto tra un polo che vuole la chiusura verso migranti ed Europa e un polo di apertura, chiede alla politica di adottare una politica estera e scegliere se l’Italia deve giocare in serie A o in B. Oggi è atteso l’intervento del premier Giuseppe Conte, cui le Acli presenteranno proposte di riforma fiscale, previdenziale dei centri per l’impiego.

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