venerdì 20 dicembre 2024
Il tribunale di Palermo ha ritenuto il vicepremier innocente dall'accusa di aver impedito illegalmente di far sbarcare a Lampedusa, nel 2019, 147 migranti a bordo della nave della ong spagnola
Il ministro per le Infrastrutture, Matteo Salvini, arriva all'aula bunker dei Pagliarelli, a Palermo

Il ministro per le Infrastrutture, Matteo Salvini, arriva all'aula bunker dei Pagliarelli, a Palermo - FOTOGRAMMA

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La sentenza arriva alle 19.40, giusto in tempo per i titoli d’apertura dei tg di prima sera. «Assolto, perché il fatto non sussiste», scandisce il presidente della II sezione penale Roberto Murgia leggendo il dispositivo, «entro 90 giorni è previsto il termine per il deposito delle motivazioni». Poi, i giudici del Tribunale lasciano l’aula bunker del carcere di Pagliarelli senza rilasciare alcuna dichiarazione, così come fa il pool dei pubblici ministeri Marzia Sabella, Geri Ferrara e Giorgia Righi, capeggiati dal procuratore Maurizio de Lucia. Resta nell’aula Matteo Salvini, col pugno stretto in segno di vittoria. Accanto a lui, la fidanzata Francesca Verdini scoppia in un pianto liberatorio, finché lui la abbraccia a lungo. C’è tempo pure per i complimenti all’avvocato e senatrice leghista Giulia Bongiorno e ai suoi colleghi: «Siete stati tutti bravi». Poi, il vicepremier e segretario del Carroccio parla davanti alle telecamere: «Sono felice - commenta, euforico - dopo tre anni ha vinto la Lega, ha vinto l’Italia. Ha vinto il buonsenso, è un giorno meraviglioso... Difendere la Patria non è un reato, ma un diritto. Andrò avanti ancora più determinato di prima». Esulta anche chi l’ha difeso in aula durante le 24 udienze di un dibattimento estenuante: «Tra le formule assolutorie è stata scelta quella più piena, che afferma che non sussiste alcun reato», chiosa Bongiorno.

Un processo durato tre anni

Si chiude così il processo di primo grado, iniziato tre anni fa, con Salvini impegnato a fare la spola fra Roma e Palermo, per sedersi sul banco degli imputati con le accuse di sequestro di persona e rifiuto di atti di ufficio. Accuse per le quali i pm hanno chiesto la sua condanna a 6 anni di detenzione in carcere, mentre le parti civili (fra cui i difensori di alcuni migranti trattenuti a bordo) hanno presentato alla Corte la richiesta di condanna a un milione di euro come risarcimento dei danni patiti. Pene che però i giudici del tribunale palermitano hanno ritenuto, dopo sette ore di camera di consiglio, di non dover irrogare.

Una giornata di attesa

La pronuncia dei giudici arriva al termine di una giornata di attesa, durante la quale l’imputato Salvini e la sua compagna hanno provato a dissimulare la tensione, uscendo dall’aula, visitando le sale di Palazzo dei Normanni e consumando un rapido pasto in un bar di via Principe di Belmonte, il “salotto buono” del capoluogo siciliano. Il leader leghista era atterrato a Palermo giovedì sera, di rientro da Bruxelles e non si era unito ai suoi parlamentari siciliani (convocati per un direttivo simbolico e solidale), ma era andato dritto in albergo a Mondello. «Ha preferito stare da solo e concentrato», ha riferito il “colonnello” leghista sull’isola, il senatore Nino Germanà. Poi, al mattino, il ministro si è presentato nell’aula bunker prima dell’avvio dell’udienza, insieme ai suoi legali. «Entro in aula orgoglioso del mio lavoro. Non mollerò assolutamente. In caso di condanna, faremo ricorso», ha detto ai giornalisti prima di entrare, «sono assolutamente orgoglioso di quello che ho fatto. Qualunque sia la sentenza per me, rifarei e rifarò tutto quello che ho fatto. E anche in caso di condanna, non intendo dimettermi». Quindi, l’ultimo atto del dibattimento è andato in scena. E dopo le brevi repliche finali della procura e dei difensori, i giudici si sono ritirati in camera di consiglio. Dalla fine della mattina, e fino a sera, l’attenzione della politica e dell’opinione pubblica è rimasta puntata sull’aula bunker palermitana, fuori dalla quale sono rimasti in attesa con taccuini e telecamere decine di cronisti, convenuti da tutta Europa per raccontare l’esito di un’inchiesta partita nel 2019, quando l’allora procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio aprì un fascicolo dopo il prolungato divieto di sbarco deciso dal ministero dell’Interno, all’epoca guidato dal segretario leghista, nei confronti di 147 migranti salvati in mare dalla nave della ong spagnola Open Arms.

Entro tre mesi le motivazioni

Fin qui, la cronaca. Per conoscere quale sia stato il filo del ragionamento giuridico seguito dalla Corte per giungere al verdetto, bisognerà attendere la lettura delle motivazioni. E solo dopo averle soppesate, si può presumere che la procura valuterà se presentare o meno domanda di appello. Ieri mattina, nella sua controreplica finale, l’avvocato Bongiorno ha ribadito che quella salviniana fu una «difesa dei confini dello Stato». Poi ha evocato i «mosaici del Duomo di Monreale, dove se illuminiamo un solo dettaglio non si vede il resto». Cosi, ha detto, «la Procura illumina singoli dettagli, oscurando il senso generale». A settembre, invece, i pm avevano chiuso la requisitoria sostenendo che «non si può invocare la difesa dei confini, senza tenere conto della tutela della vita umana in mare» e precisando che «non è un processo politico, bensì basato sugli atti amministrativi». Tuttavia, e forse inevitabilmente visto il ruolo di governo dell’imputato, alla fine la politica non è riuscita a restarne fuori.

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