lunedì 5 maggio 2014
​L'intervento al Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura, che esamina oggi e domani a Ginevra il rapporto della Santa Sede sul rispetto della Convenzione del 1984.
Lombardi: «Tortura e abusi, non facciamo confusione» (3/5/2024)
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La Santa Sede è impegnata a combattere la tortura “con l’intenzione primaria di difendere i diritti inviolabili della persona umana”. È quanto ribadito da mons. Silvano Maria Tomasi, intervenuto questa mattina a Ginevra al 52.mo Comitato Onu sulla Convenzione contro la tortura (CAT). Il presule ha tenuto a sottolineare che la Convezione si applica allo Stato della Città del Vaticano ed ha ribadito che è, dunque, fuorviante pensare che la Santa Sede abbia giurisdizione su ogni membro della Chiesa Cattolica. Dunque “le persone che vivono in un particolare Paese sono sottoposte alla giurisdizione delle legittime autorità di quel Paese”. “Le autorità statali – ha proseguito mons. Tomasi – sono obbligate a proteggere e, quando necessario, perseguire le persone sotto la loro giurisdizione”. La Santa Sede, ha osservato, “esercita la stessa autorità su quanti vivono nella Città dello Stato Vaticano in accordo alle proprie leggi”. La Santa Sede – “rispettando i principi di autonomia e sovranità degli Stati” – insiste che l’autorità statale che “ha la legittima competenza agisce come soggetto responsabile della giustizia, riguardo ai crimini e agli abusi commessi da persone sotto la propria giurisdizione”. Ogni individuo, “a prescindere dall’affiliazione a una istituzione cattolica”, ha detto ancora, “è soggetto all’autorità particolare dello Stato”. La Santa Sede, ha aggiunto, auspica che “nell’applicazione della Convenzione a tutte le nuove appropriate situazioni”, queste rimangano “nell’ambito della specifica area” della medesima Convenzione. E questo, viene rilevato, perché “l’introduzione di altri temi di cui la Convenzione non tratta” riduce “l’obiettivo originale della Convenzione” e “mette a rischio le situazioni di coloro che sono abusati e torturati”. Di qui il pericolo, ha rilevato mons. Tomasi, che il lavoro del Comitato non solo sia “inefficace, ma perfino controproducente”. L’arcivescovo Tomasi non ha, quindi, mancato di rammentare le numerose prese di posizione, ai più alti livelli, da parte della Chiesa contro la tortura e in particolare attraverso il Magistero dei Pontefici nel Secondo dopoguerra. La Santa Sede, ha affermato, ha promosso e continuerà a promuovere a “livello globale i valori e i diritti umani” che sono “necessari per relazioni amichevoli tra i popoli e la pace nel mondo”. Quello introdotto da monsignor Tomasi è il primo rapporto della Santa Sede che ha aderito al Trattato il 22 giugno 2002 a nome della Città del Vaticano. I dieci esperti indipendenti del Comitato sono incaricati di valutare periodicamente il rispetto della Convenzione internazionale contro la tortura da parte di tutti i 155 Stati aderenti.   Associazioni delle vittime di atti di pedofilia da parte di preti nel mondo vogliono introdurre nell'esame del rapporto della Santa Sede anche il tema degli abusi sessuali, ma per il Vaticano si tratta di un'iniziativa "ideologica", "strumentale" e "forzata".Oltre a quello della Santa Sede, nel corso dell'attuale sessione (28 aprile- 23 maggio)  gli esperti esaminano i rapporti di Uruguay, Thailandia, Sierra Leone, Guinea, Montenegro, Cipro, e Lituania. Il Comitato pubblicherà le sue osservazioni conclusive il 23 maggio.
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