mercoledì 13 marzo 2024
Alla presidente della Commissione Ue si contesta di aver sbloccato i finanziamenti all'Ungheria solo per convincerla sui sostegni all'Ucraina, senza che Budapest avesse rispettato gli impegni
La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen

La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen - Ansa

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Nuovi problemi politici in vista per Ursula von derl Leyen. Il Parlamento Europeo farà causa alla Commissione Europea di fronte alla Corte di giustizia Ue. Si tratta di uno scontro legale tra istituzioni Ue senza precedenti, che vede al centro lo sblocco all’Ungheria di Viktor Orbán di 10 miliardi di fondi dell’Unione Europea (un terzo dei circa 30 bloccati per gravi violazioni dello Stato di diritto) che è stato deciso il 13 dicembre scorso dalla presidente della Commissione Europea, Von der Leyen.

È la decisione presa ieri dalla commissione Affari giuridici del Parlamento Europeo, con un’accusa grave: Von der Leyen avrebbe deciso lo sblocco parziale, pur in assenza del pieno adempimento degli impegni da parte di Budapest, solo per «convincere » il primo ministro ungherese a togliere il veto all’avvio del negoziato di adesione con l’Ucraina e al via libera al fondo da 50 miliardi, che sarebbe stato discusso poi al Consiglio Europeo di lì a pochi giorni. Il sì del premier magiaro sul primo punto è effettivamente arrivato a quel vertice, quello sul secondo al vertice straordinario di febbraio. Colpisce che gli unici a votare contro sono stati i gruppi politici degli euroscettici (che contano la Lega) e dei Conservatori (con Fratelli d’Italia).

Tutti gli altri hanno detto un sì compatto, dunque anche il Partito popolare cui appartiene Von der Leyen e che l’ha appena ricandidata alla guida della Commissione nella prossima legislatura. Altro segnale non troppo rassicurante per la presidente, dopo il modesto risultato ottenuto, al congresso del Ppe la scorsa settimana a Bucarest sulla sua candidatura al bis a Bruxelles, con oltre 200 voti (su 737 delegati) che le sono venuti a mancare. «Non possiamo permettere – tuona l’eurodeputato verde tedesco Sergey Lagodinsky – di continuare a dare a Orbán la possibilità di ricattare l’Ue e proseguire i suoi attacchi allo Stato di diritto, alla democrazia e ai diritti fondamentali nel suo Paese». «È la risposta a Von der Leyen», gli fa eco su X Daniel Freund, anche lui eurodeputato verde tedesco. Perché, ha poi aggiunto, «i 10 miliardi sono stati sbloccati senza le necessarie riforme. È un mercanteggio, soldi Ue in cambio della rimozione del veto, inammissibile nella Ue».

A dicembre, per giustificare lo sblocco, l’esecutivo di Von der Leyen affermò che Budapest aveva mantenuto gli impegni. «La Commissione – ha dichiarato ieri un portavoce – ritiene di aver agito in piena ottemperanza con il diritto e difenderà la sua decisione di fronte ai tribunali Ue». L’ultima parola sul ricorso tocca in realtà alla presidente dell’Europarlamento, Roberta Metsola, ma è consuetudine che in questi casi il leader dell’assemblea segua l’indicazione della commissione. Se i giudici comunitari dovessero dare ragione al Parlamento Europeo, Orbán dovrà restituire i 10 miliardi o, in alternativa, Bruxelles dovrà bloccare una somma equivalente tra i fondi spettanti a Budapest.

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