martedì 6 dicembre 2016
Identificate due gambe mummificate, appartennero alla moglie di Ramses II. La scoperta, pubblicata nella rivista scientifica Plos One, è di un gruppo di studiosi coordinati dall'Università di York
Nefertari, ritrovata la mummia della regina: era al Museo Egizio di Torino
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Nefertari "la Bella", la "Signora di grazia", "Colei per cui splende il sole", faraona d’Egitto 3.300 anni fa al fianco di Ramses il Grande, potrebbe abitare a Torino da oltre un secolo. Da quando cioè l’archeologo italiano Ernesto Schiaparelli nel 1904 scoprì la sua magnifica tomba affrescata nella Valle delle Regine, in Egitto, e inviò al Museo Egizio di Torino quanto si trovava al suo interno, comprese due gambe mummificate trovate nel sarcofago spezzato. Purtroppo la più sontuosa tra le tombe delle regine era stata saccheggiata molti secoli prima dai tombaroli, così del ricchissimo corredo non restava quasi nulla e anche il corpo della regina era stato spostato o trafugato... Perso per sempre, insomma. Tranne quelle due misteriose gambe, forse sue, forse non sue, ma certamente riposte nel sarcofago di granito rosa che portava scolpito il nome di Nefertari. Accanto a loro, un reperto commovente nella sua semplicità, un paio di sandali in fibra intrecciata perfettamente conservati, appartenuti alla amatissima moglie di Ramses II.


Un mistero durato millenni

Oggi però uno gruppo multidisciplinare di studiosi, coordinati dall’Università britannica di York, potrebbe aver svelato definitivamente il mistero di quelle gambe, individuando in esse gli unici resti di Nefertari la Bella, come riporta la rivista scientifica "Plos One" ("Public Library of Science"): per la prima volta – spiegano i ricercatori – sono state fatte analisi chimiche, antropologiche, genetiche e la datazione al Carbonio-14 su quei resti, e ben 14 caratteristiche su 16 portano a dire che ci troviamo davvero di fronte alla mummia della Gran Sposa Reale, una delle regine più potenti dell’antichità, così amata dal suo consorte da essere divinizzata già in vita.


Oggi la scienza dice "è Nefertari"

«Con tutte le cautele del caso – commenta l’egittologo Federico Poole dal Museo Egizio di Torino, il più importante al mondo dopo soltanto quello del Cairo – si tratta di un’indagine interessante, che ha visto all’opera ricercatori italiani dell’Università di Torino, svizzeri, inglesi e australiani. Due anni fa abbiamo consegnato loro molti reperti, perché procedessero con radiografie e altre analisi». Non solo, dunque, le due famose gambe, «che già chiamavamo "le ginocchia di Nefertari" pur senza averne alcuna certezza», ma anche ad esempio le viscere contenute nei vasi canopici, dove venivano riposte per poi procedere alla mummificazione dei corpi.


Quei calzari numero 39, di 3.300 anni fa...

I risultati della ricerca sono ritenuti «credibili, molto probabili, anche se non certi al 100%», perché mancano quei due tasselli su 16, solo due ma importanti: «Quelli legati al Dna, che purtroppo è deteriorato e inutilizzabile». Altrimenti sarebbe stato possibile provare a confrontarlo con quello di altre mummie, visto che Nefertari diede a Ramses almeno sei dei suoi innumerevoli figli... Resta comunque il fatto che – da oggi è certo – le due gambe sono femminili, appartennero a una donna di circa 40 anni (l’età in cui Nefertari morì, lasciando un inconsolabile Ramses), i materiali usati per l’imbalsamazione coincidono con la sua epoca (nacque verso il 1295), il Carbonio-14 conferma la datazione. E quei due sandali andrebbero a pennello con il piede di questa donna, che era alta 1 metro e 65. «Insomma – conclude Poole – il dato scientifico e quello archeologico collimano e nulla ci induce a contraddire le ipotesi del nuovo studio». Finora nemmeno il fatto che Schiaparelli avesse rinvenuto le gambe dentro il sarcofago di Nefertari ne attribuiva l’identità, perché nell’antico Egitto accadeva spesso che più mummie venissero nascoste frettolosamente nella tomba di un altro defunto e così sottratte alla violazione dei ladri.


Due gambe di tutto rispetto

Solitamente conservate in una teca del Museo di Torino alla vista del pubblico, in questi giorni le due gambe sono riposte nei sotterranei, perché il resto del corredo della regina è a Leiden, in Olanda, per l’importante mostra "Regine del Nilo", che poi da aprile passerà all’Hermitage di San Pietroburgo. Solo in seguito torneranno al loro posto e c'è da giurare che d’ora in poi saranno guardate con un rispetto tutto nuovo da parte dei visitatori: sono solo tibie e femori, ma della regina che Ramses consegnò all’eternità con la tomba più bella mai ritrovata. E lui, Ramses il Grande, riposa al Cairo, perfettamente conservato nonostante peripezie di ogni genere, più volte spostato dai sacerdoti egizi per difenderlo dai ladri e persino portato a Parigi nel 1974 per urgenti restauri. Era la prima volta che un faraone prendeva l’aereo e fu accolto con gli onori militari.
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