martedì 10 settembre 2019
L’esponente dell’estremismo di destra di Avanguardia nazionale trovò asilo politico nella Spagna di Franco e nel Cile di Pinochet. La sua latitanza finì nel 1987, quando fu catturato in Venezuela
Foto Ansa

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Ironia della sorte Stefano Delle Chiaie se n’è andato a 82 anni proprio nel giorno in cui sono stati oscurati su Facebook e Instagram i suoi “allievi” di Casapound e Forza nuova, ai quali è stato vicino fino all’ultimo. Proprio da “grande vecchio” dell’estremismo di destra, nel quale ha militato per più di 50 anni, fondando nel 1962 Avanguardia nazionale, uno dei gruppi neofascisti più attivi in Italia e all’estero, coinvolto in tantissime inchieste su eversione, terrorismo, stragi. Ma anche strumento di apparati dello Stato, con funzioni di infiltrazione e provocazione, nei confronti della sinistra e del mondo anarchico. Anche con campagne di disinformazione, le fake news di allora, come la famosa operazione dei “manifesti cinesi” che inneggiavano a Mao e criticavano il Pci, in realtà promosso dall’Ufficio Affari riservati del ministero dell’Interno, diretto da Federico Umberto D’Amato, con la collaborazione del direttore del periodico Il Borghese, Mario Tedeschi (poi senatore dell’Msi), e di Avanguardia nazionale.

«Delle Chiaie – scrisse la Commissione parlamentare sulle stragi e in terrorismo – era un “confidente e un infiltrato” di D’Amato. Una circostanza che induce a riflettere con gravità sulle collusioni istituzionali e dà buona parte della risposta sul perché i responsabili delle stragi siano in gran parte riusciti a sottrarsi alla giustizia». E così è stato per Delle Chiaie, sempre assolto per insufficienza di prove. Il leader neofascista, è la riflessione del giudice Guido Salvini, autore delle ultime inchieste sulla “strategia della tensione”, «ha attraversato la storia della destra più eversiva italiana, presente negli scenari del golpe Borghese, della rivolta di Reggio Calabria della quale fu un vero organizzatore, della strage di piazza Fontana e di quella di Bologna.

Quando la situazione in Italia divenne difficile, continuò quelle attività eversive prima nella Spagna di Franco che gli diede asilo, poi nel Cile di Pinochet, poi in Argentina, in Bolivia e infine in Venezuela dove venne catturato». Ovunque collaborò a quelle dittature. In Spagna con operazioni “sporche” contro i baschi. In Bolivia al fianco dell’ex comandante della Gestapo, Klaus Barbie, e all’epoca consigliere per la sicurezza.

L’1 marzo 1968 è in prima fila (le foto sono chiarissime) con altri di Avanguardia a Valle Giulia nei famosi scontri con la Polizia, primo atto del "Sessantotto", quello della famosa invettiva di Pasolini in difesa dei poliziotti, ma anche primo importante atto della strategia di infiltrazione e provocazione. Chi siano davvero lo dimostra il 16 aprile 1968 il viaggio "premio" nella Grecia dei colonnelli, organizzato dai nostri servizi segreti. Con Delle Chiaie e altri di An c’è un poco noto Franco Rocchetta, trenta anni dopo presidente della Lega Nord, e Mario Merlino, poi infiltrato nel gruppo anarchico XXII marzo di Pietro Valpreda e coinvolto nella strage di piazza Fontana.

Proprio per non testimoniare sul camerata, Delle Chiaie entra in latitanza nel 1970, terminata con la cattura nel 1987 in Venezuela. Nel 1976, intanto, Avanguardia è sciolta in base alla legge Scelba, ma resta in vita fino a oggi con nomi diversi. Delle Chiaie, detto "er caccola" (che a Roma vuol dire di bassa statura, ma è anche un mezzo insulto), non cambia idea, anche se i suoi riferimenti erano diventati soprattutto gruppi populisti e sovranisti, come confermano le inchieste sui suoi "allievi". Restano i misteri. Anche perché, nota il giudice Salvini, «è purtroppo mancata un’indagine unificante su Avanguardia nazionale».

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