sabato 25 marzo 2017
Regina Catrambone ribatte alle accuse: «I soldi? Costi divisi con gli enti a bordo»
Regina Catrambone

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Tempi duri per le ong schierate in prima linea nel salvataggio di migranti nel Mediterraneo. Nonostante le decine di migliaia di vite umane salvate, sono finite sul banco degli imputati con l’accusa di essere complici se non addirittura al soldo dei trafficanti. Prima attaccate da Frontex, poi citate in audizione alla Commissione Schengen dal procuratore di Catania Zuccaro, il quale non ha nascosto dubbi sul loro proliferare, lo spingersi fino alle coste libiche e i sospetti sui finanziamenti per tenere le navi in mare. Infine, oggetto di una indagine parlamentare annunciata dal senatore Nicola Latorre. Tra le organizzazioni nel mirino c’è Moas - fondata nel 2014 dai coniugi Catrambone, imprenditori italo americani con base a Malta - la prima a mettere in mare una nave privata salva migranti, la Phoenix. Regina Catrambone, nel 2015 nominata dal Capo dello Stato Ufficiale al merito della Repubblica per l’attività di localizzazione e soccorso in mare, non nasconde l’amarezza per gli attacchi di questi giorni a pochi giorni dal ritorno in missione della 'Phoenix' il prossimo primo aprile dopo tre mesi di stop e mentre cerca di aprire un canale umanitario con La Libia, che ritiene l’unica via per spezzare la catena dei viaggi della morte.

Sgombriamo subito il campo. Quanto costa tenere in mare una nave?

Non so perché il problema ritorni dopo tre anni. Le cifre sono chiaramente scritte sul nostro sito (www.moas.eu), circa 7.200 euro al giorno. Siamo una ong registrata a Malta, il cui governo controlla il nostro bilancio, certificato da Pricewaterhouse Coopers. Però i giornali si sono scordati di scrivere che noi siamo stati dei pionieri nel-l’affiancare a navi delle Marine militari europee una imbarcazione privata per salvare i migranti. E che i costi del 2014, quando nel Mediterraneo c’eravamo solo noi e Mare nostrum, se li è accollati la mia famiglia. Ci siamo fermati a ottobre, poi a maggio 2015 siamo ripartiti portando a bordo grandi organizzazioni con cui abbiamo diviso i costi come Medici senza frontiere, Croce Rossa italiana e internazionale, Cisom ed Emergency. La Caritas ci ha donato il kit per riscaldare i profughi salvati. Siamo stati anche nell’Egeo nel 2015, quando ci furono le stragi dei bambini. Nelle spese è compreso anche il noleggio dei droni prodotti in Austria.

A che servono?

Ad ampliare le operazioni di ricerca e soccorso. Le immagini vengono condivise con gli altri operatori in mare e spesso servono a chiarire situazioni dubbie.

Altra accusa: non portate le persone nel porto più vicino.

Ma noi li portiamo dove ci viene indicato dalla Guardia costiera che si coordina con il Viminale e che, in base al diritto marittimo internazionale, sceglie il porto più sicuro. Scusi, ma se la nostra nave è in acque internazionali e noi facciamo un salvataggio, perché dovremmo andare a Corigliano Calabro o a Brindisi? E poi nemmeno le navi militari hanno mai sbarcato i profughi in Tunisia né in altri porti più vicini.

Quindi collaborate con le autorità?

Fin dall’inizio e in ogni fase delle missioni che vengono coordinate. Informiamo con mail la Guardia costiera e la Marina Militare quando partiamo. Quando identifichiamo in mare un’imbarcazione in panne, diamo le coordinate, avvisiamo quando lasciamo la barca dopo il salvataggio perché può creare un incidente. E dopo lo sbarco in porto abbiamo sempre condiviso le informazioni con il personale della Guardia costiera e di Frontex. Il diritto alla vita è intoccabile, ma anche la sicurezza è per noi importante.

Perché questi attacchi?

Lo dico da cristiana, l’aiuto dell’altro è svalutato. Si guarda all’economia più che ai valori civili e morali. Siamo una piccola organizzazione per salvare la vita e la dignità dei fratelli. I nostri partner hanno condiviso questi valori, altri addirittura hanno messo in mare grandi navi.

Anche troppe diceva il procuratore di Catania...

Non mi permetto di sindacare sulle indagini. Se ci sono organizzazioni che hanno intralciato la giustizia, bene che vengano fermate, se ci sono zone d’ombra che siano illuminate. La chiarezza giova a chi lavora correttamente.

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