giovedì 1 ottobre 2020
Il giudice maltese ha riconosciuto la redazione di Avvenire e la Federazione Nazionale della Stampa Italiana come parte civile nel processo penale. All'uscita gli insulti al giornalista
Il maltese Neville Gafà ha ammesso di avere negoziato già tre anni fa con Tripoli un accordo segreto per il respingimento dei migranti

Il maltese Neville Gafà ha ammesso di avere negoziato già tre anni fa con Tripoli un accordo segreto per il respingimento dei migranti

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La Federazione nazionale dalla Stampa italiana e la redazione di Avvenire si sono costituiti parte civile nel processo penale che si è aperto oggi per le minacce che sono state rivolte al giornalista Nello Scavo sui social da Neville Gafà.

La sentenza è attesa per il 15 ottobre. Ma all'uscita dal Tribunale maltese ci sono stati attimi di tensione, alcune persone con in mano delle bandiere maltesi erano lì per protestare e il cronista di Avvenire, assieme al resto della compagine, è stato coperto di insulti da alcuni presenti. "Ci hanno chiamato per nome, ci hanno insultato con parole come 'stronzo' presumibilmente indirizzata a Scavo, e 'assassino' a me", ha spiegato il blogger e giornalista maltese Manuel Delia, aggiungendo che c'era anche "una notevole presenza di polizia".

La scena fuori dal Tribunale a La Valletta "non era quella di un Paese civile", ha sottolineato Scavo, "è inaccettabile che un giornalista venga minacciato e calunniato". Scavo ha dovuto affrontare minacce - da trafficanti di carburante e armi ed esseri umani - dall'ottobre 2019 e da allora ha beneficiato della protezione della polizia. Tuttavia, questa era la prima volta che riceveva minacce dirette, personali e in un luogo pubblico, peraltro in un paese dell'Ue che "ha sofferto e soffre ancora" per l'assassinio della giornalista Daphne Caruana Galizia.

Tornando al processo, Neville Gafà, per anni tra i più stretti collaboratori dell'ex premier maltese Joseph Muscat, è stato chiamato a rispondere delle sue parole intimidatorie dinanzi il Tribunale di Malta. La parte offesa è il cronista e inviato di Avvenire, Nello Scavo che ha scritto dettagliati reportage sui rapporti del faccendiere con la Libia, denunciando anche come Gafà dopo la fine del suo ruolo apicale nel governo maltese ha continuato a svolgere consulenze anche per l'attuale premier laburista Robert Abela.
Il 27 giugno, in risposta a un tweet di Scavo, Gafà aveva scritto: «Ferma i tuoi affari sporchi. Se no, vi fermeremo noi». Frase per la quale i giudici maltesi, al termine delle indagini condotte dalla polizia, hanno ritenuto necessario istruire un processo.





Erano passate poche settimane da un fatto molto importante, la strage dei migranti di Pasquetta dovuta a uno strano respingimento nel quale ebbe peso Neville Gafà cui si rivolse l’esecutivo di Malta per riportare in Libia un gruppo di migranti. Dodici naufraghi persero la vita in mare, mentre 51 vennero respinti in Libia tramite l’intervento di pescherecci privi di bandiera. Il resoconto giornalistico di questa storia è tra i motivi del tweet intimidatorio nei confronti di Nello Scavo.

Nel corso dell'udienza la polizia maltese ha esposto al giudice tutte le prove raccolte a carico di Gafà.

È stato inoltre ascoltato Nello Scavo, il quale ha puntualmente ricostruito la dinamica delle intimidazioni ricevute da Gafà ed ha raccontato la sua storia di giornalista costretto a vivere sotto costante protezione delle forze dell'ordine, a causa delle molteplici minacce subite.

Il giudice maltese ha riconosciuto per la prima volta la redazione di Avvenire e la Federazione Nazionale della Stampa Italiana come parte civile nel processo penale. "Il tribunale di Malta ha sancito, per la prima volta, un principio fondamentale nella giurisprudenza comunitaria", sottolineano con soddisfazione gli avvocati Giulio Vasaturo e Chris Busietta che assistono Nello Scavo e le altre parti civili. "Chi attenta alla libertà di stampa commette un reato che va ben oltre i confini nazionali", spiegano i legali, segnalando l'estrema importanza della pronuncia della Corte maltese.

Il processo è stato rinviato al 15 ottobre per la sentenza.


Dopo la deposizione in aula, il giornalista e l'avvocato erano attesi dai familiari di Daphne Caruana Galizia, uccisa con un'autobomba il 16 ottobre 2017, dai blogger che stanno proseguendo il lavoro della giornalista maltese e dalla presidente dell'Associazione della stampa maltese, Sylvana Debono, per un momento di raccoglimento al memoriale in ricordo della reporter maltese uccisa.


«Stare in quel processo per noi e per tutti i giornalisti italiani è molto importante – ha affermato il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti – in quanto vuole essere un messaggio chiaro in difesa della libertà di espressione della stampa in Italia. La minaccia specifica è tanto più grave in quanto proviene da un ex collaboratore di primo piano del governo di un Paese europeo. Il fatto poi che analoghe minacce erano arrivate a Daphne Caruana Galizia è motivo di ulteriore preoccupazione».



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