martedì 28 marzo 2023
Giorgia Linardi, portavoce di Sea Watch, racconta la difficoltà di operare in mare per salvare i migranti dalla morte della traversata: facciamo ciò che dice il diritto internazionale
Giorgia Linardi, portavoce della Ong Sea Watch

Giorgia Linardi, portavoce della Ong Sea Watch - Imagoeconomica

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“In questo momento siamo relegati al ruolo di testimoni scomodi». Le parole di Giorgia Linardi hanno un senso di amarezza. Da portavoce della Ong Sea Watch, Linardi racconta le attuali difficoltà in mare e in cielo per cercare di aiutare le migliaia di disperati che ogni giorno attraversano il Mediterraneo.

In questo momento siete fermi con soccorsi in mare?

Sì, purtroppo la Sea Watch 3 è ferma a Reggio Calabria per effetto di un fermo amministrativo contro il quale abbiamo fatto ricorso. La nave comunque verrà dismessa e presto metteremo in acqua quella nuova.

Intanto monitorate il mare dal cielo?

Con l’aereo di ricognizione Sea Bird controlliamo principalmente la rotta del Mediterraneo centrale, dalla Libia e dalla Tunisia verso l’Italia. Settimana scorsa, tra lunedì e venerdì abbiamo avvistato 24 imbarcazioni. Di queste ben 17 solo nella giornata di venerdì.

Cosa vedete?

Negli ultimi giorni abbiamo visto tantissime barche. Sabato abbiamo assistito a un episodio di violenza della guardia costiera libica nei confronti di un gommone carico di persone e anche dell’equipaggio della nave della Ocean Viking. L’imbarcazione avrebbe soccorso il gommone, purtroppo però l’operazione è andata diversamente perché la guardia costiera libica glielo ha impedito. Lo ha fatto utilizzando peraltro una motovedetta che apparteneva alla Guardia di Finanza italiana.

Cosa è successo?

Ci sono anche le immagini: si vede che la guardia costiera libica fa manovre pericolose intorno al gommone e spara ad altezza uomo. Noi dall’alto abbiamo visto i proiettili che si schiantavano sulla superficie dell’acqua. I primi spari al gommone e poi alla nave Ong. Abbiamo assistito a un altro caso di respingimento perché le persone sul gommone sono state riportate in Libia.

Quando vedete i barconi in pericolo cosa fate?

Facciamo quello che ci indica il diritto internazionale: informiamo le autorità competenti della presenza di queste persone in mare oltre che di eventuali altre barche presenti in zona. Come abbiamo fatto il week end del 12 marzo con le navi mercantili che si trovavano nelle vicinanze di un barcone che è poi naufragato. (In quel caso un mercantile tentò di soccorrere l’imbarcazione con 47 persone a bordo ma a causa delle onde alte durante le operazioni la barca si capovolse: solo 17 i sopravvissuti, ndr).

Chi informate?

Principalmente Libia, Malta e Italia ma mentre prima dell’accordo Italia-Libia la Guardia costiera italiana coordinava ogni soccorso delle Ong dal 2017 in poi tutto è cambiato per lasciare spazio ai respingimenti dei libici.

Quanto dura una missione di sorvolo?

Dipende dalle condizioni meteo e dalla situazione in mare: quando si avvista un barcone in difficoltà, lo si sorvola per cercare di acquisire più elementi possibili da comunicare. Quante persone ci sono a bordo e i punti approssimativi in cui ci troviamo, in modo da fornire indicazioni aggiornate per aiutare i soccorsi.

Un lavoro impegnativo..

Il lavoro delle Ong, per come viene raccontato, sembra politico ma è un lavoro estremamente tecnico. Quello che facciamo è essenziale anche per testimoniare quello che accade nel Mediterraneo: senza le Ong non avremmo mai saputo che i libici sparano ad altezza uomo, così come non sapremmo del naufragio del 12 marzo. L’ho detto, in questo momento siamo un testimone scomodo.

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