Ruspe al lavoro - Ansa
«La legge italiana prevede una sola soluzione di fronte a un abuso edilizio: abbattere. Noi diciamo: “Avete ragione”. Ma come possiamo abbattere migliaia e migliaia di case abusive in tutta Italia, se noi sindaci non abbiamo i soldi per farlo?». A parlare è Renato Natale, sindaco di Casal di Principe, in provincia di Caserta, che ha scritto alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ai ministri competenti per materia, Raffaele Fitto, Roberto Calderoli, Paolo Zangrillo, Matteo Piantedosi, Carlo Nordio, Matteo Salvini e ai leader dei principali partiti italiani per porre ancora una volta all’attenzione della politica il tema dell’abusivismo edilizio e riproporre la soluzione che il governo Draghi e la stragrande maggioranza degli stessi partiti a cui si è nuovamente rivolto avevano fatto propria nella scorsa legislatura, prima che questa finisse in anticipo rispetto al suo termine naturale.
Solo nel Comune amministrato da Natale, che conta 21mila abitanti, vi sono 1.300 case da abbattere. «Sono dieci anni che mi rivolgo a governi di ogni colore, ma il problema resta sempre lì. Eravamo finalmente arrivati a una proposta di legge equilibrata, capace di tenere insieme rispetto delle regole e uscire dall’ipocrisia in cui siamo, visto che è del tutto impossibile applicare la legge. Ma tutto è stato vanificato dalla caduta del precedente governo». Ora il sindaco di Casal di Principe ripropone la stessa soluzione all’attuale governo. Ciò consentirebbe ai Comuni di acquisire le case abusive, senza abbatterle, per poi destinarle, attraverso un bando, a tutte le famiglie che ne hanno bisogno.
L’emendamento in questione non faceva però sconti agli abusi presenti in territori a rischio idrogeologico e sismico o nei quali ci sono vincoli archeologici e paesaggistici. Il sindaco di Casal di Principe tiene a precisare, nella lettera inviata al governo e ai capi dei maggiori partiti, che non sta proponendo una «sanatoria». Le abitazioni acquisite dai Comuni non potrebbero infatti essere vendute, «evitando che in qualche modo possano ritornare nella proprietà di chi aveva commesso l’abuso». Il vicolo cieco in cui si trovano Natale e tanti altri sindaci italiani è ben spiegato nella sua missiva. Prendiamo proprio il caso di Casal di Principe: «Per demolire tutti gli immobili abusivi destinatari di un provvedimento di abbattimento, sarebbe necessario l’esborso a carico delle casse comunali di circa 200 milioni di euro. Le conseguenze degli abbattimenti avrebbero anche un forte impatto sociale, con oltre 6mila sfollati, e ambientale, vista la necessità di smaltire oltre 30mila metri cubi di materiale edile di risulta. È ovvio che tale situazione non è sostenibile». Anche se un Comune come Casal di Principe facesse tutti gli sforzi possibili tagliando le spese possibili, «con una media di spesa di circa 140mila euro per abbattimento, quante case si potrebbero demolire in un anno? Due? Tre? Cinque? – chiede Natale –. Se il Comune riuscisse, per assurdo, ad abbattere cinque immobili abusivi l’anno, ci vorranno circa due secoli e mezzo per completare tutta l’opera».
Si pensi poi alle migliaia e migliaia di abusi edilizi presenti sul territorio italiano, e si capirà che «abbattere tutto è semplicemente impossibile». Nel corso dei suoi dieci anni di mandato, il sindaco di Casale non si è limitato agli appelli: nel settembre del 2021 si dimise dalla sua carica, per poi ritirare dopo alcuni giorni le sue dimissioni, quando furono abbattute le case di due famiglie con quattro bambini che vivevano solo di reddito di cittadinanza. Una è riuscita in qualche modo a trovare una sistemazione, per l’altra l’amministrazione comunale ha speso 150mila euro per rendere un bene confiscato alla camorra idoneo ad accoglierla, pur di non lasciarla senza casa. Ma è chiaro che questo è un caso difficilmente replicabile in tutte le situazioni simili.
A pochi mesi dalla fine del suo mandato, il sindaco Renato Natale si lascia andare a una considerazione amara: «Sono anni che tutti si dicono favorevoli a trovare una soluzione a questo problema, però nessuno fa nulla di concreto».