
Il carcere di Bollate, alle porte di Milano - Imagoeconomica
I Garanti regionali per i diritti dei detenuti alzano la voce: il sovraffollamento ha da tempo superato i livelli di guardia, è ora di trovare soluzioni. I detenuti sono 62.132, a fronte di 46.910 posti disponibili, con un tasso di occupazione pari al 132,4 per cento. I dati, diffusi nell’ambito della mobilitazione nazionale indetta dalla conferenza nazionale dei Garanti, fotografano uno scenario di emergenza cronica. Le regioni dove si registra il maggiore sovraffollamento sono la Lombardia, la Puglia, il Veneto e il Molise. Il carcere più sovraffollato, con un tasso del 214%, è San Vittore a Milano, seguito dalla casa circondariale di Foggia e da quella di Brescia Canton Mombello. Il carcere romano di Regina Coeli ha un tasso del 185%. La mancanza di spazi adeguati esaspera la sofferenza, con conseguenze drammatiche. In Italia sono già deceduti nelle carceri 54 detenuti nel corso del 2025. Lo scorso anno furono 248. I suicidi accertati sono stati 13 nei primi due mesi del 2025, dal 2020 sono stati 361. Un trend che lascia sgomenti.
«Da anni si cercano vie d’uscita ma senza risultati. In Emilia-Romagna negli ultimi tre anni la popolazione carceraria è aumentata di 500 unità, come se fosse nato un nuovo carcere di cui non ci siamo accorti, un carcere virtuale, superando così le 3.800 presenze permanenti», ha spiegato il garante emiliano Roberto Cavalieri. Le condizioni dietro le sbarre sono sempre più difficili, tanto che «un detenuto su tre ha passato l’inverno senza riscaldamento e senza acqua calda». Ma si tratta di un mal comune a quasi tutti gli istituti italiani. Ieri, per sostenere la protesta e fare pressing sul governo, in diverse città sono scesi in piazza associazioni, legali e semplici cittadini.
L’emergenza è certificata da Irma Conti, del collegio del Garante nazionale dei detenuti: «Secondo i nostri dati circa 19mila detenuti hanno pene residue fino a tre anni e sulla base nella normativa potrebbero uscire dal carcere optando per misure alternative. La maggior parte delle volte però la burocrazia crea ostacoli». I limiti del sistema, insomma, non sono solo fisici: anche le scartoffie complicano parecchio le cose. Un rimedio, però, ci sarebbe. Forse futuristico, ma certamente pragmatico. «Per la semplificazione e la sburocratizzazione degli uffici dell’esecuzione penale, una soluzione potrebbe essere l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nella fase ricognitiva sulle istanze per le istruttorie finalizzate alle misure alternative e alla scarcerazione».
Ma c’è chi pensa a rimedi più radicali. «La prima cosa che servirebbe oggi alle carceri è un provvedimento deflattivo che riduca drasticamente la popolazione detenuta. So perfettamente che il governo non vuole sentire parlare di amnistia e indulto - ha detto il Garante dei detenuti del Lazio Stefano Anastasia -. Penso però che se il governo presta tanta attenzione alle esigenze del personale penitenziario è bene che sappia che è allo stremo».
Sotto accusa anche le ultime scelte normative del governo. «Il minorile di Casal del Marmo - ha evidenziato la garante dei detenuti di Roma Capitale Valentina Calderone - rispecchia la condizione attuale: più o meno tre anni fa i ragazzi e le ragazzi negli istituti penitenziari per minori erano intorno ai 300: siamo arrivati agli ultimi dati in cui in tutta Italia sono 610, un aumento di oltre il 100%, non giustificato dal fatto che siano diventati molto più criminali i ragazzi e le ragazze, ma è anche l'effetto di alcune leggi, come lo spaccio di lieve entità inserito dentro al Decreto Caivano».
Per Calderone «è una situazione che da mesi noi troviamo incastrata su se stessa e non si riesce a trovare il bandolo per risolverla. Questi ragazzi stanno chiusi dentro alle loro stanze per tutto il giorno senza fare niente e questo incrementa la spirale di aggressività e di frustrazione». La lista dei problemi insomma è lunga. Cercasi soluzioni, possibilmente in tempi brevi.