venerdì 31 maggio 2019
Castellucci critica l’utilizzo del rosone del Duomo nel logo della manifestazione e chiede ai promotori della “processione riparatoria” di «evitare di fomentare estremismi e polemiche»
Una veduta di Modena (Wikipedia commons)

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È necessario da parte di tutti maturare «uno stile capace di guardare l’altro non come nemico, ma come persona che porta in sé l’immagine e somiglianza di Dio, anche quando sostiene e pratica idee diverse e contrastanti rispetto a quelle in cui credo». Così l’arcivescovo di Modena-Nonantola, Erio Castellucci, risponde a quanti gli hanno chiesto di intervenire sul «Gay pride» in programma domani a Modena – il cui logo ripropone la forma del rosone del Duomo della città emiliana – e sulla «processione di riparazione per lo scandalo manifesto del Modena pride» promossa nella stessa giornata dal Comitato San Geminiano Vescovo e appoggiata dal ministro per la famiglia e le disabilità, Lorenzo Fontana.

«Confermo la mia adesione alla visione antropologica cattolica, espressa costantemente dal magistero del Concilio Vaticano II e condensata nel magistero dei pontefici – scrive il presule nel comunicato diffuso ieri –. Credo che il matrimonio sia una comunità di vita e di amore tra un uomo e una donna, connotata da complementarità, reciprocità e generatività, e come tale rientri nel progetto stabilito da Dio creatore e confermato da Cristo redentore». Seguendo sempre il magistero, aggiunge il vescovo, «credo che ogni persona vada accolta e accompagnata e quindi, per quanto mi è possibile, rifiuto gli atteggiamenti discriminatori verso coloro che non condividono l’antropologia cattolica e che, rimanendo entro la legalità, decidono di manifestare pubblicamente le proprie idee. La distinzione di san Giovanni XXIII tra “errante” ed “errore” resta uno dei capisaldi dello stile evangelico assunto dalla Chiesa, che cerca sempre la sintesi tra verità e carità».

Castellucci, esprimendo «dissenso dai contenuti e dal metodo che anima il Gay pride», auspica quindi «un confronto costruttivo tra persone civili che hanno differenti visioni della vita», dicendosi, anche a nome della comunità diocesana, «disponibile a questo tipo di dialogo: del resto – nota – è già avviato e portato avanti nelle comunità cristiane modenesi».

Il presule esprime agli organizzatori del Modena Pride il disaccordo «verso l’utilizzo del rosone del Duomo come logo della manifestazione. Si tratta di un simbolo caro ai modenesi, non solo cattolici, che sarebbe stato meglio evitare di inserire, perché finisce per costituire già di per sé una provocazione».

Con il Comitato San Geminiano – che non rappresenta ufficialmente la diocesi –, Castellucci fa sapere di aver concordato «di evitare manifestazioni che potessero fomentare gli estremismi e incentivare le polemiche». Essendo «libera espressione del diritto dei fedeli ad associarsi», inoltre, il Comitato «non necessita di alcuna autorizzazione», principio che vale anche per «l’organizzazione di manifestazioni o la pubblicazione di locandine». Poi l’auspicio che «la processione avvenga secondo gli intenti preannunciati dal Comitato: che sia un momento di preghiera per la conversione prima di tutto dei partecipanti (e anche del sottoscritto) e non una manifestazione “contro” qualcuno».

Chiedendo a tutti il rispetto per chi la pensa diversamente, Castellucci conclude augurandosi che venga sempre garantita a chiunque la possibilità di manifestare le proprie idee, «senza venire aggredito e insultato. Si chiama, cristianamente, “stile evangelico”».

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