Se vi piace la modella artificiale su “Vogue” la bellezza non esiste più

La celebre rivista di moda ha scelto una donna creata con l'IA per un servizio pubblicitario sul marchio “Guess”. Viso e corpo perfetti, peccato che non esistano: sono diventati un algoritmo
July 27, 2025
Se vi piace la modella artificiale su “Vogue” la bellezza non esiste più
L'immagine è tratta dal profilo Instagram dell'agenzia Seraphine Vallora | La celebre rivista “Vogue” e le due pagine in cui compare la modella generata con l'Intelligenza artificiale
Bionda, bellissima, quasi di plastica, di una plastica che ricorda il botox. I capelli biondi, lunghi, ondulati, tinti, spettinati al punto giusto: si presenta così la modella prodotta dall’intelligenza artificiale che la rivista Vogue ha deciso di pubblicare nel numero di agosto. È la prima volta che il mensile della Condè Nast decide di mandare in pensione le donne in carne ed ossa e chiedere all’informatica immagini femminili perfette per la moda e la pubblicità. Le fotografie (due) sono state commissionate dalla casa di moda “Guess” alle architette Valentina Gonzalez and Andreea Petrescu, titolari dell’agenzia Seraphinne Vallora, specializzata nella generazione di modelli AI, per un costo che avrebbe raggiunto una somma a sei cifre (in dollari).
Nella prima pubblicità la modella, formosa, statuaria, in piedi, indossa un vestito con le spalline, a strisce bianche e nere, stringendo, nella mano sinistra, una borsetta che richiama i colori e lo stile dell’abito. Nella seconda la donna è seduta a un tavolino, con una tazza vuota. Il suo abito è una tutina con motivi floreali e il braccio sinistro e il collo fanno pubblicità a una collana e un orologio di marca Guess, appunto.
La scelta della rivista ha scatenato un acceso dibattito online e sui social al centro del quale vi sono state due domande. Ha fatto un passo indietro l’industria della moda, per anni accusata di proporre standard di bellezza impossibili da raggiungere, soprattutto per quanto riguarda il peso delle sue modelle? E non esiste il rischio di una nuova deriva pericolosa, di una nuova, impensata, pressione sempre più forte verso un ideale che non si potrà mai realizzare, soprattutto tra le adolescenti, che trascorrono ore online, postando immagini di loro stesse, alla ricerca di una identità sociale costruita in modo solo virtuale e concentrata soltanto sull’aspetto fisico, estetico, esterno, della loro personalità?
Si sa che i social network e l’online più in generale sono grandi generatori di ansia e depressione perché tendono a concentrarsi sugli aspetti più positivi della vita, allontanandosi dal grigiore della realtà di tutti i giorni e proponendo famiglie e figli perfetti, vacanze indimenticabili, feste di compleanno divertentissime che non sempre sono alla portata di tutti. In questo contesto si colloca la corsa della nostra società verso un ideale di perfezione che trascura, ormai, gli aspetti morali e spirituali, per concentrarsi soltanto su quelli estetici. Un problema che ha messo in luce molto bene la docente di filosofia morale dell’università di Birmingham, Heather Widdows, nel suo volume Perfect me: Beauty as an ethical ideal (Un me perfetto: la bellezza come ideale etico), pubblicato dalla Princeton University Press, nel quale spiega come la nostra cultura virtuale e visiva ci faccia sempre di più identificare il nostro valore personale con un’immagine del nostro corpo non realistica, in continua trasformazione, tralasciando dimensioni morali e spirituali importanti. Mentre una volta, racconta l’autrice, i diari delle donne mettevano come propositi, per il nuovo anno, virtù morali, di miglioramento del carattere, oggi, al loro posto, vi sono cure dimagranti e sedute dall’estetista che alimentano un giro d’affari colossale.
Il primo piano della modella “base” che l'agenzia Seraphine Vallora lancia sul suo profilo Instagram: le case di moda o le riviste possono adattarla al tipo di campagna che vogliono lanciare, decidendo anche come modularne le misure, o il colore dei capelli, o degli occhi - .
Il primo piano della modella “base” che l'agenzia Seraphine Vallora lancia sul suo profilo Instagram: le case di moda o le riviste possono adattarla al tipo di campagna che vogliono lanciare, decidendo anche come modularne le misure, o il colore dei capelli, o degli occhi - .
Nessuna donna, ormai, per i canoni della nostra epoca, è bella abbastanza, magra abbastanza, con la pelle abbastanza levigata e i capelli in piega perfetta. E la rincorsa verso questo ideale impossibile da raggiungere miete tante vittime, ragazze colpite dall’anoressia, adolescenti che hanno problemi mentali perché vengono bullizzate online perché non ritenute belle abbastanza e, più in generale, una gioventù che, ormai, vive di social, dimenticando tante altre dimensioni importanti come lo sport, il volontariato e i rapporti di amicizia in carne ed ossa, per non parlare della lettura, della musica e dello studio. Ma finora, quanto meno, seppur ritoccata e falsificata in tutti i modi (il botox appunto, più spesso i numerosi filtri disponibili sulle stesse piattaforme social) quella bellezza aveva pur sempre una radice reale, esisteva.
In questa situazione l’intervento dell’intelligenza artificiale, invece, la bellezza (e il modello di bellezza, ciò che le riviste di moda da sempre veicolano) pretende di generarla. Ed è altrettanto preoccupante che Guess, la marca di vestiti ed accessori che ha deciso di ricorrere all’operazione per la propria pubblicità, abbia confinato a poche righe, in caratteri piccoli, la scritta liberatoria nella quale spiega che la modella non è una donna vera. L'ennesimo tentativo di nascondere la realtà, non rendendo esplicito che quelle immagini perfette sono frutto dell'algoritmo.
C'è di più: alla base della decisione ci sarebbe la necessità di risparmiare sui costi, una corsa al ribasso che potrebbe dilagare e contagiare altre riviste. Con danni enormi per tante modelle che perderebbero il lavoro e per un immaginario collettivo occupato, ancora una volta, da una realtà virtuale e ingannevole. «Quella di Vogue è stata una scelta pigra all’insegna del risparmio» ha commentato infatti la modella Felicity Hayward, che si è affermata nell’industria benché non sia per nulla magra. E ha sottolineato come, in questo modo, sia stata minata la tendenza che negli ultimi anni ha puntato a promuovere un’accettazione per il corpo profonda, che vada oltre i canoni stereotipati di bellezza. Come ha dimostrato il calendario Pirelli 2023, fotografando Ashley Graham, che aveva dichiarato che «nessuno nel mondo della moda parla di cellulite, dei chili di troppo attorno alla vita, parla con onestà vera del proprio corpo». Le ha fatto eco Vanessa Longley, amministratrice delegata dell’organizzazione benefica “Beat” per i disturbi alimentari, che ha dichiarato alla Bbc di essere preoccupata perché «esporre le persone a immagini di corpi irrealistici» è una strada verso i disturbi alimentari.
Forse c’è qualcos’altro che non è stato ancora detto, ovvero che il nostro corpo è la dimensione più privata e personale che abbiamo e che piacersi, piacere prima di tutto a noi stessi, è indispensabile per stare bene. Ma, perché questo avvenga, bisogna prima di tutto accettarsi e accettare che il nostro corpo cambia sempre ed è, per sua stessa natura, imperfetto. Chi può sfuggire a qualche macchia, a un po’ di strabismo, a un viso irregolare, a una pelle troppo bianca o troppo scura, a gambe corte e tozze o a una vita troppo larga? Per i vittoriani, nell’Inghilterra tra il 1800 e il 1900, una pelle bianchissima era sinonimo di bellezza perfetta ma sappiamo bene quanto l’abbronzatura venga valorizzata dai popoli latini che preferiscono vestiti eleganti e un trucco un po’ pesante a un corpo femminile tonificato dallo sport. E quei capelli biondi e lunghi, che l’intelligenza artificiale ha deciso di scegliere per la pubblicità su “Vogue”, sono molto popolari tra i popoli del nord ma esistono molte donne bellissime con capelli corti e neri. Insomma, viva la diversità della realtà.

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