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«La dottrina sociale della Chiesa è una cosa seria, esigente, da rendere concreta con la propria vita, non è un’etichetta di cui appropriarsi». Il cardinale Matteo Zuppi interviene al raduno bolognese di Immischiati! e, su sollecitazione del promotore di questa iniziativa, Gigi De Palo, non elude la domanda di attualità in un fine settimana in cui, nell’anniversario della fine dell’esperienza unitaria dei cattolici, il 18 gennaio 1994, si affollano diverse iniziative. «Non ci sarà più “il” partito dei cattolici», dice l’arcivescovo di Bologna. Cita il carteggio fra Giorgio La Pira e Amintore Fanfani, sul quale è stato da poco pubblicato un doppio volume, per ribadire che è stata una grande esperienza di uomini animati dalla fede, ma «quel partito lì è finito, non ci sarà più. Se poi qualcuno vuol rifare la Dc, io dico “auguri!”». Ora «quel che ci rende più liberi è proprio la dottrina sociale della Chiesa». Ma questo, precisa Zuppi, non preclude la possibilità di dar vita a qualcosa di nuovo: «Se si vuol fare la Cd... - dice invertendo la sigla, per esemplificare -, l’importante è che sia una cosa seria, non confessionale, laica, che lasci tutta la sua libertà alla Chiesa, che non sta da nessuna parte».
De Palo aveva rivelato che il Papa gli aveva sconsigliato di usare l’espressione “dottrina sociale”, perché rischia di apparire astratta. Zuppi è d’accordo e propone di non abusare nemmeno col concetto di “bene comune”, «da non usare come “prezzemolo”», raccomanda.
De Palo tocca anche un altro tema cruciale: quella che definisce «una navigazione a vista dei cattolici in politica», spezzettando l’insegnamento della Chiesa fra chi dà priorità all’etica e chi al sociale, mentre «la vita è degna nella pancia della mamma e nel migrante», dice De Palo. «La contrapposizione non regge - concorda Zuppi - , non ci si può occupare delle cose etiche o spirituali senza aiutare gli altri, o viceversa». Ci sono troppi «retaggi vecchi, toponomastiche di 50 anni fa». Occorre «una partecipazione che rimetta al centro la persona, in grado di leggere i segni dei tempi e di fare cultura, nel senso profondo della comprensione dei problemi. Purché non sia un’operazione tattica, tanto per portare a casa qualcosa». E il denominatore comune, senza bisogno nemmeno di parlare di dottrina sociale o bene comune, «lo troviamo nel Vangelo stesso, non possiamo farlo a pezzi». Quanto alle alleanze, «si fanno in concreto, per affrontare le situazioni. Ad esempio l’Europa. Non possiamo non pensarci europei. Siamo a 80 anni dalla fine della II Guerra mondiale. Abbiamo sprecato un patrimonio, inseguendo tante piccole felicità. La Costituzione - conclude Zuppi - nasceva da una grande cultura, molto cristiana, capace di coinvolgere altre culture in una grande visione che mette al centro la persona. Bisogna fare lo stesso con l’Europa».