venerdì 29 marzo 2024
Il dispositivo della Corte costituzionale conferma che chi gioca d’azzardo non può ricevere sussidi pubblici
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«Non è la povertà da ludopatia, ma è piuttosto la ludopatia stessa a rappresentare uno di quegli ostacoli di fatto che è compito della Repubblica rimuovere». È quanto si legge nella sentenza n.54 del 2024, depositata oggi, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate in riferimento agli articoli 3, secondo comma, e 25 della Costituzione sulle disposizioni del decreto-legge n. 4 del 2019, come convertito, che sanzionano penalmente l'omessa dichiarazione delle vincite lorde al fine di accedere al reddito di cittadinanza o di mantenerlo.

Il Rdc «risulta strutturato in modo da non poter venire in aiuto alle persone che, in forza delle vincite lorde da gioco conseguite nel periodo precedente alla richiesta, superino le soglie reddituali di accesso, anche se, a causa delle perdite subite, sono rimaste comunque povere»; non è però «irragionevole che il legislatore abbia escluso che sia compito della Repubblica quello di assegnare il Rdc a chi, poco prima, si è rovinato con il gioco». Le questioni, sollevate dal Tribunale di Foggia, riguardano una persona che aveva chiesto il Rdc pur omettendo di dichiarare precedenti vincite al gioco e che non aveva poi comunicato le ulteriori vincite conseguite nel periodo in cui ha percepito il Rdc.

Poiché la disciplina del Rdc vieta espressamente di utilizzarne gli introiti per il gioco, «il principio di eguaglianza sostanziale, alla cui attuazione il Rdc è peraltro riconducibile, non può certo essere invocato a sostegno di una questione di legittimità costituzionale nell’interesse di chi ha travolto le regole fondamentali dell’istituto, alterandone così la natura».

La sentenza ha poi precisato che «la giocata on line assume il carattere di una qualunque spesa, in questo caso voluttuaria, che la persona ha effettuato con un reddito di cui ha la disponibilità; non si può, quindi, pretendere che la solidarietà pubblica si faccia carico di una spesa di tal genere». Poiché la situazione di povertà «in cui la persona si sia venuta a trovare nonostante le vincite è, insomma, comunque quella di chi, avendo una disponibilità economica, l’ha dissipata giocando».

Secondo la Consulta, si rischierebbe «di alimentare la ludopatia in chi ancora ne soffre, ma anche di creare, in ogni caso, una rete di salvataggio che si risolverebbe in un deresponsabilizzante incentivo al gioco d’azzardo, i cui rischi risulterebbero comunque coperti dal beneficio statale del Rdc».

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