giovedì 1 giugno 2023
Padre Renato Salvatore, 68 anni, assolto con formula piena per non aver commesso il fatto. Dopo un calvario di dieci anni trascorsi tra aule di tribunali, carcere, arresti domiciliari
Padre Renato Salvatore

Padre Renato Salvatore - Fotogramma

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Assolto con formula piena per non aver commesso il fatto. Dopo un calvario di dieci anni trascorsi tra aule di tribunali, carcere, arresti domiciliari. Ma soprattutto con la spada di Damocle sulla testa di un’accusa grave e infamante. Specie per un religioso. Sequestro di persona, questo sostenevano gli inquirenti, di due confratelli, al fine di impedir loro di partecipare alla votazione in cui fu rieletto, proprio per due voti, superiore generale dei Camilliani.

Per padre Renato Salvatore, 68 anni, nativo di Ripa Teatina (Chieti), entrato all’inizio degli anni Settanta del secolo scorso nell’ordine fondato da San Camillo de Lellis e da sempre vicino agli ammalati, la sentenza dell'ultima Corte d'Appello che il 4 maggio scorso ha riconosciuto la sua completa estraneità ai fatti, è una specie di “resurrezione”. «Ha vissuto questa vicenda con tanta sofferenza - fa sapere una nota firmata da padre Emilio Blasi della Curia romana dei Camilliani -, ma anche con grande serenità interiore, consapevole della propria estraneità alle accuse mosse nei suoi confronti e certo della propria innocenza».

Ma la sua gioia, prosegue la dichiarazione, padre Salvatore «non la vive soltanto come un riscatto personale, ma anche come felicità per l'Ordine Camilliano e per la Chiesa, il cui buon nome a motivo di quella vicenda certamente era stato, in una certa misura, offuscato, ma che ora ha riacquistato piena credibilità». A dire il vero, a differenza di quanto avvenne al momento dell’arresto, dieci anni fa, la notizia dell’assoluzione è passata sotto completo silenzio. Come spesso accade in questi casi. Ma «padre Renato ha perdonato tutti», sottolinea la nota diffusa ieri. Anche coloro che, dopo l’incriminazione, si erano allontanati da lui, pur essendogli stati amici.

La vicenda dell’ex superiore generale dei Camilliani ebbe inizio il 5 novembre del 2013, quando il religioso fu arrestato per ordine della Procura di Roma con l'accusa di aver organizzato, il 13 maggio dello stesso anno, in concorso con altre persone, il sequestro di due confratelli per impedire loro di partecipare alle votazioni per la sua rielezione. Nel gennaio del 2014 gli vennero concessi i domiciliari, sino al 10 aprile successivo. Dopo di allora due sentenze di condanna: in primo grado nel 2016 e in appello nel 2020. Quindi il ricorso in Cassazione.

La Suprema Corte annulla le due sentenze di merito e rinvia gli atti ad un'altra sezione della Corte d'Appello di Roma, che riconsiderati i fatti e tutte le eccezioni sollevate nei precedenti procedimenti, giunge alla sentenza di assoluzione. Una vicenda dolorosa, ma fortunatamente a lieto fine, che non deve mancare però di indurre a qualche riflessione sia sull’operato dei giudici, sia sul diverso rilievo dato alle notizie. Massimo quando scoppia lo “scandalo”, minimo o inesistente quando invece un innocente viene riconosciuto tale.

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