venerdì 1 marzo 2024
Incontro dell'associazione I popolari allo Sturzo sulla democrazia digitale. Padre Benanti: «Dalle primavere arabe a Capitol hill è cambiato tutto». Ruffini: «L'uomo non è un calcolo probabilistico»
L'introduzione di Graziano Delrio al seminario dell'associazione "I Popolari" su "Umanesimo integrale e potere della tecnologia” all'istituto Sturzo

L'introduzione di Graziano Delrio al seminario dell'associazione "I Popolari" su "Umanesimo integrale e potere della tecnologia” all'istituto Sturzo - A. Picariello

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«Per non finire governati da algoritmi, la tecnologia non va lasciata in mano a modelli neo-liberisti», dice Graziano Delrio introducendo all’istituto Sturzo il seminario dell’associazione “I popolari”, presieduta da Pierluigi Castagnetti. Nell’austero salone in cui si respira la storia repubblicana lo sguardo è proiettato al futuro, si parla di “Umanesimo integrale e potere della tecnologia”, ossia l’impatto dell’intelligenza artificiale sui già logori meccanismi della democrazia moderna. In dieci anni «dalle primavere arabe all’assalto di Capitol hill», ricostruisce il “teologo digitale” padre Paolo Benanti, le nuove tecnologie sono passate dalla democrazia “computazionale” alla propaganda, da opportunità a insidia. E per non oscillare pericolosamente «fra innamoramento e terrore», di fronte a questa enorme opportunità «divenuta un enorme problema», occorre fare uso di «maggiore consapevolezza», auspica Nunzia Ciardi, vicedirettore generale dell’Agenzia per la cyber-sicurezza nazionale. Si tratta quindi di «regolare la tecnologia, conservare l’umano»: è il tema su cui si sono soffermati, nel panel successivo, i senatori Lorenzo Basso e Antonio Nicita, l’ex sottosegretaria alla Transizione digitale Assuntela Messina e l’ex senatore Lucio Romano del centro inter-universitario di ricerca bioetica. «È un tema che ci affascina e ci spaventa - ha concluso Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero Comunicazione della Santa Sede - e chiama in causa la passione per il bene comune dei cattolici, che debbono liberarlo dalla logica degli algoritmi. Perché il bello, il giusto, il vero, non possono finire in balìa di un calcolo probabilistico».

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