sabato 30 aprile 2016
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NAPOLI L’orco abitava dietro la porta accanto. Tutti lo conoscevano, tutti sapevano nel palazzone del Parco Verde a Caivano, periferia disagiata a nord di Napoli. I bambini, sue vittime, allontanati dalle famiglie, dal buio e dalle violenze, hanno infranto il muro di indifferenza, silenzi e colpevoli connivenze e hanno parlato e raccontato, come per liberarsi dalla paura e in un certo modo finalmente vendicare la morte di Fortuna Loffredo, 6 anni, morta nel giugno del 2014, quando precipitò dalla terrazza dell’ottavo piano dell’edificio dove abitava. A spingerla fu Raimondo Caputo dopo il rifiuto della bambina a sottostare all’ennesima violenza. L’autopsia confermò che aveva subito ripetuti abusi sessuali. Domenica Guardato, la mamma di Fortuna, ha puntato senza esitazione il dito contro le persone che abitano nell’edificio: «Il mostro è nel nostro palazzo, è impossibile che nessuno abbia visto. Chi sa parli», disse mesi dopo la morte della piccola. «Da una parte sono contenta perché ho avuto giustizia, dall’altro dico che quei due devono marcire in carcere perché hanno ammazzato mia figlia», afferma ora. Una vicenda complessa dove si intrecciano degrado, abbandono, omertà, parentele, inspiegabili complicità, forse la presenza di una rete di pedofili. Ma sull’ipotesi continua il lavoro degli inquirenti della Procura di Napoli Nord. Che ieri hanno ricostruito i fatti e il clima di desolazione nell’agglomerato sorto dopo il terremoto del 1980. Caputo, pluripregiudicato, già no- to alle forze dell’ordine per abuso e molestie nei confronti di bambini, è stato arrestato ieri per violenza sessuale su minore e omicidio, ma era già in carcere proprio per abusi su altri minori. Su un altro bimbo, Antonio, morto nel 2013 come Fortuna, precipitando dallo stesso palazzo - ma questa indagine è in corso - figlio della convivente Marianna Fabozzi e anche sulla figlia di tre anni avuta da questa, anch’essa arrestata e finita ai domiciliari per concorso in violenza sessuale su minore. La bambina era l’amica del cuore della piccola Fortuna e condivideva il medesimo orrore. Caputo avrebbe abusato della sorellina più piccola di Fortuna. Sono stati proprio le risposte e i disegni della bambina - allontanata dalla famiglia - a dare la svolta alle indagini. Disegni inequivocabili di violenze subite con la connivenza della madre. L’uomo ha sempre negato di aver ucciso Fortuna e di aver commesso abusi sessuali verso minori, descrivendosi agli inquirenti come 'bravo papà' per le figlie della compagna. Ma di fronte alla seconda ordinanza in carcere ricevuta in pochi mesi, stavolta con l’accusa di essere responsabile della morte della bimba di sei anni, Caputo ha vacillato «probabilmente non perché pentito, ma perché ha iniziato a comprendere che resterà in carcere molto a lungo», ha sottolineato il colonnello Rino Coppola, comandante dei carabinieri di Castello di Cisterna, che ha effettuato le indagini con la compagnia di Casoria. Intanto è scattata la rappresaglia. Un gruppo di persone, tra cui molte donne, ha incendiato una delle finestre della casa dove è ai domiciliari Marianna Fabozzi. © RIPRODUZIONE RISERVATA A sinistra, l’esterno dell’abitazione di Caivano (Napoli) dove sta scontando i domiciliari la compagna di Raimondo Caputo, l’uomo a cui i carabinieri hanno notificato un’ordinanza di arresto con l’accusa di avere violentato e ucciso la piccola Fortuna Loffredo. Nella foto sopra, la madre con la foto della piccola morta il 24 giugno 2014
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